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Cop29, grottesco che la transizione energetica sia percepita come una minaccia

Cop29, grottesco che la transizione energetica sia percepita come una minaccia

Il mondo brucia, ma noi chiudiamo gli occhi. Un incendio che si chiama emergenza climatica, e che assume col passare del tempo dimensioni sempre più colossali.

Mentre un candidato che abbraccia apertamente il negazionismo climatico viene eletto Presidente degli Stati Uniti d’America, è di pochi giorni fa la notizia che il 2024 sarà l’anno più caldo di sempre. Il primo ad aver sforato per dodici mesi consecutivi la soglia critica di +1.5 gradi di aumento delle temperature. Lo rileva Copernicus, l’agenzia europea per il monitoraggio climatico. È quasi ironico che a lanciare l’ennesimo allarme del disastro in corso, proprio nell’imminenza di una COP29 che vede la maggior parte degli Stati non rispettare gli impegni assunti nel corso delle precedenti conferenze, sia un ente che porta il nome di Nicolò Copernico.

Una figura storica fondamentale per aver dimostrato, a dispetto delle credenze e delle campagne avverse messe in atto dai potentati dell’epoca, che la terra ruota intorno al sole.

Esattamente come il sistema eliocentrico incontrò feroci contestazioni e addirittura condanne, viviamo un momento in cui la transizione energetica viene spesso percepita come una minaccia per il benessere delle persone e per le economie locali.

Siamo al grottesco: il mondo brucia davanti ai nostri occhi e sulla nostra pelle, è notizia quasi quotidiana la devastazione che colpisce ogni angolo del pianeta, dalla Florida alla Spagna, passando per la Sicilia. Eppure la soluzione all’incendio che mette a repentaglio le nostre vite incontra un livello di contestazione cui mai si era arrivati prima.

Verrebbe da pensare che una rivoluzione di tale portata minaccerebbe troppi interessi: quelli di multinazionali che generano miliardi di profitti ogni anno grazie ai combustibili fossili; oppure quelli delle forze politiche populiste e conservatrici, da tempo ormai in costante ascesa in Europa e negli Stati Uniti, che identificano nel negazionismo climatico una delle battaglie di bandiera, senza perdere mai occasione per divulgare falsità e alimentare pregiudizi.

Il settore dell’informazione si trova a dover fare una scelta: soffiare su venti che avvelenano gli animi e che ottengono crescenti proseliti, oppure proporre una narrazione più bilanciata, che lasci spazio agli esempi positivi offerti dalla transizione energetica.

Il primo caso descrive esattamente quanto sta accadendo in Toscana: mentre la protesta lanciata da alcuni comitati contro l’impianto eolico in fase di costruzione presso il Monte Giogo trova ampio spazio perfino sulle pagine delle testate di maggior rilievo, viene fatto passare in sordina il lancio di un grande coordinamento nato proprio per promuovere la transizione energetica locale, e che raggruppa numerose tra le più rappresentative organizzazioni del territorio: l’Alleanza per la Giustizia Ecologica, Sociale e Climatica. Una piattaforma estremamente larga, composta da oltre trenta tra storiche associazioni ambientaliste nazionali, enti di medici, gruppi per la mobilità sostenibile, laboratori territoriali, movimenti per il clima e tante altre realtà, e che ambisce a diventare voce autorevole nel dibattito pubblico. Un’Alleanza che potrebbe davvero rappresentare l’apripista per un nuovo fronte a favore della transizione energetica nella società civile italiana, e che per questo ha annunciato la propria nascita nella sede illustre di Palazzo Vecchio, a Firenze.

La soluzione a questa perpetua campagna contro le energie rinnovabili, partendo dal presupposto che la transizione è l’unica alternativa possibile al collasso climatico, richiede inevitabilmente di mettere in atto una duplice risposta.

Da un lato contrastare la narrazione di chi mira a tutelare interessi miliardari, continuando in ogni occasione a prenderci i nostri spazi e ad alzare le voce per la giustizia climatica e sociale.

Dall’altro parlare con quella parte di popolazione vittima dei pregiudizi, spiegare i benefici concreti offerti dalla transizione energetica in termini economici e sanitari.

Il vero nemico spesso non sono le energie rinnovabili e la diffusione dei relativi impianti: il vero nemico è la corruzione, la mancanza di informazioni, la cattiva gestione del territorio e l’assenza di pianificazione locale.

Ragione per cui è ancor più fondamentale favorire la partecipazione delle persone e delle comunità nei processi decisionali relativi all’evoluzione delle nostre economie, come d’altro canto la giurisdizione europea già prevede.

È arrivata l’ora di fare uno sforzo e abbandonare una volta per tutte il pensiero nimby (not in my backyard – non nel mio cortile), che porta a respingere a priori qualsiasi impianto rinnovabile costruito nelle vicinanze dei nostri Comuni, attuando però al contempo una pianificazione del territorio equilibrata, in grado di informare e coinvolgere le comunità nel dibattito pubblico.

Dobbiamo integrare ciò che ci indica la scienza da un lato, e la voce delle persone dall’altro, nelle decisioni su come soddisfare il fabbisogno energetico minimizzando l’impatto ambientale; non solo a casa nostra, ma tenendo conto del benessere di tutti i popoli e degli impegni presi dal nostro Paese, combinando efficienza energetica e transizione rinnovabile.

Quegli impianti eolici o fotovoltaici, spesso raccontati come mostri, sono l’estintore necessario per spegnere l’incendio che lambisce ormai le porte delle nostre case. Se i leader internazionali continuano a non dimostrarsi in grado di affrontare questa crisi, sta a noi assumere il ruolo di leader nelle città, per le strade, nei territori. Il mondo brucia, apriamo gli occhi!

17/11/2024

da il Fatto Quotidiano

Stephanie Brancaforte

Stephanie Brancaforte, direttrice di Rinascimento green, è stata direttrice di Change.org in Italia. Ha lavorato a Greenpeace, Amnesty International, per la Corte penale internazionale dell’Aia, l’Alto tribunale iracheno di Baghdad, Avaaz, Oxfam e a varie iniziative sulla costruzione della pace e sulla risoluzione dei conflitti in Medio Oriente e nell’Africa centrale e orientale. 

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