ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

Cop30, il ritorno di Lula è il segnale che si può chiudere

Cop30, il ritorno di Lula è il segnale che si può chiudere

Ambiente

20/11/2025

da Avvenire

di Lucia Capuzzi, inviata a Belém

Il Brasile è al centro del negoziato sul clima. Parla il climatologo carioca Carlos Nobre, che vuole rilanciare a Belém lo spirito di Parigi, anche senza gli Usa. «La sfida sul riscaldamento globale adesso è stare dentro un aumento di 1,7 gradi e non più 1,5. A patto di tagliare ogni anno le emissioni del 5 per cento»

Quando, all’inizio della Cop30, il presidente André Corrêa do Lago aveva deciso di occuparsi personalmente delle questioni conflittuali, tanti l’avevano considerata una scelta “al ribasso” per cominciare subito i lavori. I punti critici sembravano destinati a finire in qualche testo a margine. Soprattutto il tema più spinoso: come allineare i tagli alle emissioni ancora sufficienti dei singoli Paesi con l’urgenza di contenere il riscaldamento globale. In 10 giorni, il veterano della diplomazia brasiliana ha ribaltato la situazione. Le questioni extra agenda si sono trasformate nel cuore della Cop: un “pacchetto” di decisioni politiche che include la transizione dai combustibili fossili. Opzione sostenuta da 82 Paesi ma non dall’Italia. Non solo. Con una mossa inedita Corrêa do Lago punta ad approvarlo tra oggi e domani, addirittura prima della conclusione. Non si vedeva dai primi tre vertici climatici, quando ancora non c’era niente di sostanzioso da trattare. La scommessa è ardua. Forse troppo. Il ritorno a Belém di Luiz Inácio Lula da Silva e Antônio Guterres danno qualche chance. Se il Brasile dovesse riuscire, sarebbe la dimostrazione che “197-1” davvero non fa zero. L’uscita Usa dagli Accordi di Parigi non significa la fine della politica climatica. Solo che altri – in questo caso il Sud del mondo – prendono le redini.

La cattiva notizia è che la “soglia” sarà oltrepassata. Non c’è modo di evitare quello che gli scienziati chiamano “overshooting”. Nel giro di cinque, massimo dieci anni, la temperatura del pianeta si collocherà stabilmente di 1,5 gradi oltre la media dell’era pre-industriale. Quella buona, però, è che abbiamo la possibilità di riportare il termometro globale “nei ranghi” in meno di cinquant’anni. «Almeno per ora. Per questo, il summit di Belém deve essere una nuova Parigi. Oppure…». Carlos Nobre non è un allarmista. Il climatologo brasiliano di fama internazionale, tra gli autori del rapporto Nobel dell’Intergovernamental panel on climate change del 2007, crede fermamente nella capacità umana di affrontare le emergenze. E andare avanti.

«A patto, però, di accettare la realtà e agire di conseguenza», dice lo studioso, co-presidente del Panel scientifico per l’Amazzonia, in una breve pausa delle attività di Planetary science che dirige insieme a Johan Rockström, dell’Istituto Postdam per la ricerca sull’impatto climatico: il primo padiglione interamente dedicato alla scienza allestito nel cuore del centro negoziale di una Cop. Da qui è partito lo «squillo di tromba», l’hanno chiamato così, appena suonato, metaforicamente, dagli scienziati alla Cop30 per chiedere alle parti uno scatto vitale. Sintetizzato in un manifesto-roadmap, il documento è stato consegnato al presidente del vertice, Andrés Corrêa do Lago, alla ministra dell’Ambiente brasiliana, Marina Silva, e al vice Geraldo Alckim i quali, a giudicare dall’accelerazione, hanno colto il messaggio.

Qual è la realtà da cui partire professore?

Il 2025 sarà il secondo anno più caldo della storia, dopo il record del 2024: rispettivamente +1,5 e +1,55. La questione non è, dunque, più, evitare l’overshooting bensì ritornare indietro verso la soglia di equilibrio. Questo è possibile fino a quando riusciamo a contenere gli aumenti entro 1,7 gradi.

La sfida, dunque, non è più stare entro l’1,5 gradi ma entro l’1,7?

Sì, temporaneamente. Perché questo ci consente di rendere il “superamento” reversibile.

Come riuscire a non oltrepassare anche 1,7 gradi?

Con un taglio annuale delle emissioni del 5 per cento. Il che significherebbe dimezzare la quantità di gas serra nell’atmosfera nel 2035, per azzerarla dopo altri dieci anni. Di questo passo, il pianeta potrebbe tornare a un surriscaldamento di 1,5 gradi già nel 2070. Purtroppo, invece, la CO2 continua a crescere: +1,1 per cento nel 2025.

Come riuscire a realizzare una sforbiciata così importante?

Riducendo drasticamente – una quantità compresa tra un quarto e la metà rispetto al 2024 - la produzione e l’impiego di combustibili fossili nel prossimo decennio. Al contempo si deve moltiplicare per cinque o per sei la quota di energie rinnovabili, sempre rispetto al livello dello scorso anno.

La transizione energetica è la chiave?

Una delle chiavi. L’altra è la riforestazione di cinque o sei milioni di chilometri quadrati di foreste. In Amazzonia innanzitutto. E nel resto del pianeta. Il Brasile può guidare questo sforzo restaurandone un milione di chilometri quadrati. Le foreste tropicali – e i boschi delle altre latitudini, ma più lentamente – sono enormi “aspiratori” di gas carbonici: ogni anno rimuovono un terzo delle emissioni prodotte. Se continuiamo a distruggere rischiamo una o due pandemie al decennio. Ma non è troppo tardi. Possiamo agire. Scegliamo di farlo.

share