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Corsa al riarmo, Von der Leyen a pranzo con i padroni della guerra

Corsa al riarmo, Von der Leyen a pranzo con i padroni della guerra

Von der Leyen a pranzo con l’élite industriale tedesca: riarmo e sussidi nel menù. Patuanelli (M5S): "Da Ursula uso fazioso della carica"

Martedì 2 luglio Ursula von der Leyen ha ospitato a Bruxelles un pranzo di lavoro che definire strategico è riduttivo: al tavolo, con lei, siedevano Hendrik Wüst, ministro-presidente della Renania Settentrionale-Vestfalia, e dodici amministratori delegati delle maggiori industrie tedesche. La lista dei commensali include E.ON, DHL, Lufthansa, Covestro, Henkel, Lanxess, Thyssenkrupp e soprattutto Rheinmetall, la multinazionale bellica il cui valore in borsa è cresciuto del +1.800% dal febbraio 2022. Una compagnia che non fabbrica sogni ma artiglieria.

La notizia è rimbalzata in Italia solo grazie a un post social di Stefano Patuanelli (M5S), che ha denunciato “l’uso spudoratamente fazioso della carica europea” da parte della presidente della Commissione. Per Patuanelli, quel pranzo riflette una regia politica e industriale che mette la Commissione al servizio degli interessi tedeschi. Precisamente, degli interessi del Cdu, il partito di von der Leyen e Wüst.

Un pranzo su invito, un’agenda ben servita

Le critiche sono tutt’altro che infondate. L’incontro è stato confermato dalla Cancelleria del Land tedesco già il 27 giugno. Si trattava di un summit riservato tra la Commissione e il gotha dell’industria tedesca, convocato ufficialmente per “discutere le sfide della competitività europea”. Sul tavolo: energia, dazi Usa, riorientamento produttivo. Ma l’agenda reale era ben più chiara. Wüst, governatore dello Stato industriale più potente della Germania, ha “fatto entrare il gruppo dalla porta della Commissione”, scrive Politico. E von der Leyen, nel mezzo della sua campagna per la riconferma, ha aperto volentieri.

Rheinmetall è il simbolo di questo nuovo asse politico-industriale. L’azienda di Düsseldorf è il più grande produttore di armi tedesco, oggi anche uno dei maggiori beneficiari dei fondi europei per il riarmo. Solo tra il 2022 e il 2025 ha incassato miliardi in commesse pubbliche, mentre il valore delle sue azioni è salito da 95 a oltre 1.700 euro. Il suo Ceo Armin Papperger è ormai descritto come il “commissario alla difesa de facto” dell’Ue. Il suo posto a tavola era garantito.

Ma non era solo un pranzo d’armi. C’erano anche Thyssenkrupp, con i suoi sottomarini militari e 2 miliardi di sussidi Ue per l’acciaio verde, e Lufthansa, che nel 2020 ricevette 6 miliardi di aiuti approvati da Bruxelles e ora ha appena completato l’acquisizione di Ita Airways. Ogni azienda presente è un nodo strategico della nuova politica industriale tedesca: espansiva, bellica, costruita sul debito. Quella che Berlino ha chiamato Zeitenwende.

Il nuovo asse europeo parla tedesco

Perché qui sta il punto: la Germania ha abbandonato il dogma dell’austerità che per anni ha imposto al resto d’Europa. Oggi finanzia il proprio rilancio industriale a colpi di miliardi di spesa pubblica, mentre l’Italia – ancora prigioniera dei vincoli di bilancio – assiste al consolidarsi di un asse tedesco che detta l’agenda dell’Unione. “Fate come dico, non come faccio”, sintetizza Patuanelli.

A rendere più netta la critica è l’adozione, al vertice Nato di giugno, del nuovo obiettivo del 5% del Pil da destinare alla difesa entro il 2035. Un salto epocale rispetto al vecchio 2%. Per la Germania, che ha appena raggiunto il 2,4%, è l’alibi perfetto per investire ancora e trasformare Rheinmetall in un colosso strategico europeo. Per i Paesi mediterranei è una condanna alla marginalità.

Von der Leyen, che si presenta come garante della neutralità europea, ha accettato che le stanze della Commissione diventino terreno privilegiato di lobbying per un Land tedesco. È un messaggio chiaro: le decisioni sul futuro industriale dell’Europa si prendono tra Düsseldorf e Bruxelles, e chi non ha posto a quel tavolo farà meglio a digerirlo in silenzio.

03/07/2025

da La Notizia

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