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Cosa sta accadendo in Siria? Scott Ritter: "Erdogan ha tradito ancora una volta la Russia"

Cosa sta accadendo in Siria? Scott Ritter: "Erdogan ha tradito ancora una volta la Russia"

La migliore sintesi di quello che sta accadendo in Siria è offerta dall'analista militare e geopolitico Scott Ritter con un post su X. Lo abbiamo tradotto in italiano.

di Scott Ritter


L'offensiva contro Aleppo avviata dagli islamisti di Hayat Tahir Al-Sham, alleati dei turchi (una riedizione di Al Qaeda che ha fatto causa comune con l'ISIS), e dall'Esercito nazionale siriano, alleato degli Stati Uniti, è la conseguenza di un piano strategico tra israeliani e turchi, sostenuto dagli Stati Uniti, per tagliare la via di rifornimento dall'Iran al Libano per Hezbollah e minacciare di destabilizzare/togliere il governo di Assad, costringendo la Russia a dirottare risorse dall'Ucraina per salvare la propria posizione in Siria. L'Ucraina ha fornito supporto ai militanti anti-Assad sulla guerra con i droni. Israele ha apparentemente esteso il suo schema di pager/radio esplosivi anche in Siria, interrompendo il comando e il controllo tattico siriano in un momento critico dei combattimenti.

La Siria si era ampiamente smobilitata e Hezbollah era per lo più tornato in Libano. Le milizie irachene sostenute dall'Iran sono mal preparate a contenere questo assalto.

È molto probabile che Aleppo cada in mano alle forze islamiste filo-turche. Molto probabilmente ci sarà uno sforzo concertato, guidato da Russia e Iran, per salvare la situazione in Siria.

Ci vorrà tempo.

Questa offensiva potrebbe minacciare il cessate il fuoco in Libano.

Il più grande perdente in tutto questo è la Turchia e il suo Presidente, Recep Erdogan.

Questa offensiva non avrebbe potuto essere portata avanti senza una stretta collaborazione e coordinamento con Israele e gli Stati Uniti.

Le parole critiche di Erdogan contro Israele sono state smascherate come vuota retorica.

Erdogan ha tradito ancora una volta la Russia.

E il suo sostegno alla Palestina si è rivelato fraudolento sotto ogni punto di vista.

Russia e Iran stabilizzeranno la Siria.

Ci vorranno mesi.

La Siria e i suoi alleati distruggeranno la roccaforte islamista di Idlib.

Ci vorranno anni.

La linea di rifornimento Iran-Hezbollah sarà ripristinata/mantenuta.

Israele sarà sconfitto.

Gli Stati Uniti si ritireranno dalla Siria, probabilmente a metà del 2025.

E la Turchia continuerà a tradire tutti quelli con cui fa affari, perché Erdogan rappresenta solo la Turchia.


Fonte:

https://x.com/RealScottRitter/status/1862538287014961388?t=xiZntUSjEjY6AsyRs3fJZA&s=09

Aleppo, in corso "un'operazione imperial-sionista"


Nemmeno un giorno dopo le minacce di Netanyahu[1] contro il presidente Assad, le milizie terroriste finanziate dall’Occidente da anni asseragliate a Idlib hanno attaccato in forze Aleppo, città già teatro di una violentissima battaglia terminata nel dicembre 2016 con la piena liberazione di essa da parte dell’Esercito Arabo Siriano. Le forze dei qaedisti di al-Nusra, del cosiddetto “Esercito Libero Siriano” e di Tahrir al-Sham, oltre a numerose milizie estremiste minori, hanno condotto un potente attacco a sorpresa contro le linee siriane, riuscendo, nonostante i grandi bombardamenti condotti dagli aerei militari di Mosca e Damasco, a giungere sino all’interno dei quartieri più occidentali della città. L’esercito siriano è stato preso alla sprovvista, e in attesa di rinforzi è stato costretto a cedere terreno. La situazione è tuttora confusa anche a causa del gran numero di notizie false diffuse in rete dai gruppi di miliziani filo-occidentali.

L’attacco avviene a seguito di un incremento dei bombardamenti russo-siriani sulla provincia di Idlib, occupata dai terroristi, ma soprattutto in un momento di crisi per Israele e per il potere statunitense nel Levante. L’insuccesso militare sionista sul fronte libanese ha evidentemente obbligato Tel Aviv ha cambiare strategia, passando dall’aggressione terroristica diretta del Libano a manovre indirette volte a mettere pressione sulle linee di comunicazione che collegano l’Iran a Hezbollah, passando per Iraq e Siria. A questo scopo i consueti bombardamenti israeliani sugli aeroporti siriani non sono più stati ritenuti sufficienti. L’aggressione in corso contro Aleppo ha verosimilmente richiesto mesi di preparazione, ed è stata quindi probabilmente ideata proprio mentre infuriava il fallimentare tentativo sionista di invasione del Libano.

I rapporti tra la cosiddetta “opposizione” siriana e il regime sionista sono un fatto incontrovertibilmente assodato da anni, non si può quindi scomporre quanto sta avvenendo ad Aleppo dal più generale scontro che attraversa tutto il Levante, e che vede contrapposte le forze dell’Asse della Resistenza, di cui la Siria è sempre stata parte fondamentale, a quelle dell’imperialismo statunitense e dei suoi servi locali. L’offensiva lanciata contro Aleppo dai terroristi di al-Nusra, HTS e dell’FSA non è altro che  un “contrattacco” dei sionisti contro l’Asse della Resistenza. Inchiodati sulle macerie di Gaza, costretti ad abbandonare il Libano, essi hanno tentato un’operazione diversiva, attaccando in un settore del fronte che, fino a pochi giorni fa, poteva vantare anni di relativa calma.

Ma, volendo, si può ampliare ulteriormente la visuale. Come confermano i numerosi video diffusi sul Web dai terroristi e l’esame dei cadaveri dei nemici abbattuti dall’esercito siriano, sono presenti in maniera più massiccia che in passato mercenari stranieri tra le fila degli aggressori, in particolare uzbeki, uiguri e ceceni. Essi godono di nuovi armamenti, come droni suicidi ucraini[2], artiglieria turca ed equipaggiamento per fanteria di fabbricazione statunitense. Mostrano anche di operare in maniera differente, anche identificandosi tramite fasce di colore blu o azzurro, identiche a quelle utilizzate dai miliziani del regime di Kiev. Stando a fonti siriane, ciò sarebbe dovuto alla presenza di consiglieri militari ucraini, che avrebbero supervisionato l’organizzazione dell’operazione coordinandosi direttamente con le formazioni salafite[3], qualcosa che non deve sorprendere vista l’intensa attività condotta dal regime di Kiev nel Sahel, dove esso sostiene al-Qaeda e altre formazioni estremiste contro la Wagner e gli eserciti di Mali, Niger e Burkina Faso.

Volendo aggiungere un altro particolare inquietante, si deve segnalare come numerose radio e cercapersone utilizzati dai soldati siriani sarebbero oggi esplosi a seguito di un attacco molto simile a quello già condotto da Israele contro Hezbollah alcune settimane fa[4].

Appare chiaro come ciò che sta accadendo ad Aleppo debba essere visto non solo alla luce delle operazioni sioniste, ma dal conflitto in corso tra le forze dell’unipolarismo statunitense e i promotori di un ordine multipolare e democratico nella sua globalità. Vi è un’unica guerra che parte dal Donbass e tocca il Caucaso, per attraversare tutto il Levante e il Sahel, arrivando nel Pacifico e da lì in Sud America. Una guerra che assume un volto diverso a seconda della regione ma che, almeno per ora, non vede gli Stati Uniti impegnati in uno scontro diretto a difesa della loro egemonia. Mentre un’escalation forse irreversibile attraversa il confine orientale della NATO, il fronte dell’Asia occidentale continua ad infiammarsi. Ciò è frutto di una crescente disperazione delle forze dell’imperialismo, che hanno ormai palesemente scelto la strada del continuo rialzo della tensione sperando in questo modo di costringere i propri nemici a desistere.

Come ha testimoniato la battaglia di Aleppo del 2016, vera e propria Stalingrado dei nostri giorni, è ormai passato il tempo dell’alta marea del potere imperiale statunitense. Le trasformazioni in corso sono oggettive e irreversibili, e qualsiasi successo ottenuto dall’asse Washington-Bruxelles non può che essere fondamentalmente effimero. I titoli dei giornali occidentali potranno annunciare trionfalmente l’ennesima grande “offensiva vittoriosa” dei loro beniamini, ma, come già accaduto a più riprese nel Donbass, i fatti inevitabilmente smentiranno la propaganda dell’impero.

30/11/2024

da L'Antidiplomatico

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