31/10/2025
da La Notizia
L’Italia è ferma: Pil a zero nel terzo trimestre. Giù il fatturato dell’industria, cresce la disoccupazione. Nel terzo trimestre si ferma la crescita. Il Pil segna lo zero. Intanto cala il fatturato dell'industria e aumenta la disoccupazione
Mentre il governo si appresta all’esame di una Manovra che avrà impatto nullo sulla crescita, arriva dall’Istat una gragnola di dati che sgonfiano la propaganda del governo. Anche se la grancassa delle destre continua a selezionare i dati in maniera compiacente alla sua narrazione sulle sorti magnifiche e progressive del Paese.
Dopo la doccia gelata sulle retribuzioni reali in calo di quasi nove punti rispetto al 2021, ieri l’Istituto nazionale di statistica ha comunicato il calo del fatturato dell’industria, i dati – luci e ombre – sul lavoro con l’impennata della disoccupazione giovanile e soprattutto la conferma che l’economia si è fermata. Nel terzo trimestre il Pil ha registrato uno zero dopo il -0,1% registrato nel secondo e il +0,3% dei primi tre mesi dell’anno.
Italia fanalino di coda in Europa per Pil
Un risultato che ci fa scivolare agli ultimi posti in Europa e che ci colloca sullo stesso piano della Germania, attanagliata in una serie che dura da tempo di crescita asfittica. Meglio di noi fanno Francia con +0,5% e la Spagna +0,6%. In generale il Pil destagionalizzato è aumentato dello 0,2% nell’area dell’euro e dello 0,3% nell’Ue secondo una stima preliminare pubblicata da Eurostat.
Giù ad agosto il fatturato dell’industria
Ad agosto tornano a diminuire, su base mensile, sia l’indice destagionalizzato del fatturato dell’industria che quello dei servizi, in valore ed in volume. Per l’industria, la dinamica congiunturale negativa è stata più marcata per la componente estera, mentre per i servizi le flessioni più ampie hanno interessato il comparto del commercio all’ingrosso.
Anche in termini tendenziali e al netto degli effetti di calendario prevalgono i segnali negativi, con l’eccezione dei servizi in valore, in lieve crescita. Anche in questo caso la performance peggiore riguarda la componente estera per l’industria e il commercio all’ingrosso per i servizi.
Non è un Paese per giovani
Infine arriviamo ai dati sull’occupazione. Che continua a crescere ma, come abbiamo visto, con salari da fame. A settembre gli occupati sono aumentati (+67mila unità in un mese e +176mila in un anno) e il tasso di occupazione è salito al 62,7%. Ma è salito anche il tasso di disoccupazione (al 6,1%), con quello giovanile che si attesta al 20,6% (+0,9%). Che i giovani soffrano a entrare nel mercato del lavoro ce lo dice anche un altro dato. L’aumento degli occupati nel mese scorso ha riguarda soprattutto chi ha almeno 50 anni, a fronte della diminuzione nelle altre classi d’età.
La Uil avverte: il dato “nasconde fragilità e disuguaglianze”. “Rispetto a un anno fa, l’aumento degli occupati riguarda esclusivamente la fascia over 50. L’Italia continua a essere un Paese che fatica a offrire futuro ai suoi giovani, alimentando precarietà e scoraggiamento. Persiste, poi, anche il divario di genere: 42 donne su 100 restano inattive, con un gap di genere occupazionale del 17%. È evidente – ha spiegato Ivana Veronese della Uil – che dietro i numeri si celano lavori poveri, discontinui e sottopagati. Occorre, quindi, un piano straordinario per l’occupazione giovanile, che investa su formazione, competenze digitali e transizione verde, e che rafforzi l’apprendistato come strumento di ingresso qualificato nel mondo del lavoro”.


