L'Ue non ha strategia sui dazi ma si è già piegata a Trump, mentre l'Italia è favorevole a tariffe al 10% che affosserebbero le imprese.
Le certezze sono due: da una parte gli effetti disastrosi che i dazi potrebbero avere sull’economia europea e soprattutto su quella italiana e dall’altra il completo cedimento di Bruxelles nei confronti di Donald Trump. La trattativa tra Ue e Usa entrerà nel vivo oggi, con l’incontro tra il commissario Ue al Commercio, Maros Sefcovic, e il rappresentante degli Stati Uniti in materia, Jemieson Greer. Un confronto senza alcun accordo già trovato. Ma, come detto, con una certezza: finora l’Ue ha solo concesso. Accettando tutti i diktat di Trump: l’aumento delle spese militari (con il 5% del Pil stabilito dalla Nato), il maggior acquisto di gas naturale liquefatto dagli Stati Uniti e anche l’esenzione per le compagnie Usa della Global minimum tax.
Tre fattori che, secondo il buon senso, potrebbero mettere Bruxelles in una posizione di vantaggio sul tavolo contrattuale. Ma non sembra andare così. Tanto che anche la richiesta di alcune capitali europee alla Commissione di seguire una linea più dura nelle trattative e chiedere dazi zero, sembra tramontare. Anche perché il primo no di Trump è già arrivato: non ci sarà alcuna deroga al termine del 9 luglio.
Sui dazi l’Ue senza strategia
I tempi, quindi, stringono. E l’Ue sembra ancora senza strategia, come sottolinea l’europarlamentare M5S Gaetano Pedullà: “La strategia di Ursula von der Leyen, sussurrata all’orecchio da Giorgia Meloni, di provare ad addomesticare le bizze di Trump accettando tutto quello che propone è fallimentare. I dazi al 10% non sono un compromesso, ma una resa per il Made in Italy e l’economia europea”. Qualche speranza viene dall’accordo siglato tra Usa e Vietnam (con tariffe al 20%), che ha anche rilanciato le Borse statunitensi ed europee. Intanto, però, i dazi pesano anche sui rating sovrani globali: Moody’s ha rivisto l’outlook da stabile a negativo proprio per la guerra commerciale. Riducendo anche le stime di crescita per “tutte le regioni”: meno per l’Europa occidentale, più per il Nord America.
Nessuna reazione dall’Italia
Il governo italiano, intanto, tace. O, al massimo, definisce positivo un compromesso che lascerebbe dazi al 10%. In sostanza accontentando ancora una volta Trump. Come fatto su riarmo, Gnl e Global minimum tax. Se a Giorgia Meloni il 10% può sembrare un buon risultato, ben diversa è la posizione degli industriali. Molto critico Emanuele Orsini, presidente di Confindustria: “Si parla solo di dazi al 10%, ma con la svalutazione del dollaro che vale il 13,5% arriviamo al 23,5%”. Un numero che “preoccupa” e che ha un impatto “per la nostra industria” che “può valere circa 20 miliardi coinvolgendo 118mila occupati”.
Ci pensa la segretaria del Pd, Elly Schlein, a sottolineare l’immobilismo del governo: “Giorgia Meloni pur di non infastidire Trump sta minimizzando l’impatto dei dazi, addirittura sostiene che al 10% non sarebbero impattanti per l’Italia. Invece l’Italia rischia di perdere decine di miliardi di esportazioni e oltre 100mila posti di lavoro”. Secondo Schlein, “Meloni per non scontentare Trump danneggia l’interesse nazionale”.
M5s, Pd, Avs e Iv hanno anche chiesto un’informativa urgente della presidente del Consiglio in Parlamento in vista della scadenza del 9 luglio. Riccardo Ricciardi, capogruppo pentastellato alla Camera, ricorda questa data e sottolinea come ancora non si sappia nulla: “Sappiamo solo che abbiamo promesso miliardi di dollari a Trump per l’acquisto di armi e che i soldi delle bollette degli italiani andranno nel gas che gli Stati Uniti ci venderanno a caro prezzo. Ma non sappiamo cosa abbiamo ottenuto in cambio. Meloni ci venga a dire se Trump si riferiva anche a noi quando parlava di Paesi pronti a baciargli il sedere. Noi qualche sospetto lo abbiamo”.
03/07/2025
da La Notizia