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Dazi, bilancio, welfare. Monta la protesta contro Von der Leyen

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EUROPA

03/09/2025

da Il Manifesto

Andrea Valdambrini

Turbolenze. La presidente dei Socialisti e democratici a Strasburgo, García Pérez, contro l’accordo con Trump. Cresce la tentazione di non votarlo

Il barometro della maggioranza Von der Leyen segna perturbazione, quasi tempesta. La capogruppo dei socialisti e democratici (S&D) al Parlamento europeo, Iratxe García Pérez, con un’intervista alla testata Politico.eu mette nero su bianco la sofferenza dei progressisti, annunciando: «Ci opporremo fermamente all’accordo sui dazi». Si riferisce naturalmente alla stretta di mano faticosamente raggiunta all’inizio di agosto in Scozia dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen.

Nel mirino c’è l’atteggiamento a dir poco timido, se non pavido, di Bruxelles, rispetto alle minacce del presidente Usa. Solo pochi giorni fa, Trump ha preannunciato ritorsioni verso quei paesi che faranno rispettare le regole ai giganti del digitale, tutti made in Usa. E dato che l’Ue non ha ancora deciso se usare il cosiddetto strumento anti-coercizione, García Pérez mette in guardia: «Trump sfrutterà qualsiasi segno di debolezza per intensificare la guerra commerciale». Beninteso, a proprio vantaggio.

L’accordo verbale tra Bruxelles e Washington è una cosa, metterlo in atto è un’altra. E qui entra in campo l’Eurocamera, che è il luogo dove le parole dovranno poi trasformarsi in atti legislativi. «Il Parlamento può cambiare la proposta della Commissione, e non deve avere paura di farlo», spiega l’eurodeputato dem Brando Benifei, relatore sul dossier dazi.

LE PAROLE DELLA SOCIALISTA García Pérez arrivano alla vigilia di una importante scadenza: il discorso sullo Stato dell’Unione, il programma di governo annuale che la presidente della Commissione presenterà davanti agli europarlamentari tra una settimana esatta, mercoledì 10 settembre. La bocciatura dell’accordo sui dazi segue una lunghissima fase di malessere dei socialisti europei nei confronti della presidente della Commissione. Pesa la maggioranza alternativa con le destre con cui il Ppe vota sui temi valoriali e smonta il Green deal. Pesa la procedura d’urgenza richiesta dalla Commissione per approvare il piano di riarmo, contro cui l’Eurocamera fa ricorso alla Corte di Giustizia. Pesano infine i piani di bilancio pluriennale presentati da Von der Leyen, che aumentano il budget per la difesa a svantaggio delle politiche sociali.

SEGNO DI INSOFFERENZA sempre meno trattenuta sono le parole del capodelegazione Pd Nicola Zingaretti (i dem sono componente numericamente maggioritaria all’interno del gruppo socialista, anche se la presidenza è espressa dagli spagnoli). L’ex governatore del Lazio chiede a Von der Leyen un cambio di rotta per bilanciare in Parlamento l’egemonia della destra, maggioritaria in Consiglio. «Se sarà in grado bene, altrimenti dovremo tutti trarne le conseguenze».

In queste ore i socialisti europei sono in una girandola di incontri per capire il da farsi e stamattina terranno la riunione di gruppo in vista del discorso programmatico di Von der Leyen. Gli italiani sono i più agguerriti, così come francesi e belgi, anche perché – si ragiona negli ambienti parlamentari – hanno mani libere sul fronte istituzionale. I socialisti spagnoli esprimono la numero 2 dell’esecutivo europeo, la commissaria Teresa Ribera, quindi, al di là dei proclami, sono attenti nell’evitare rotture definitive, mentre la delegazione tedesca è preoccupata che un’eventuale escalation sui dazi possa danneggiare l’industria dell’auto e i posti di lavoro nel settore.
Ma le critiche all’accordo sui dazi non fanno da detonatore solo al malcontento dei socialisti.

UNA MINACCIA ARRIVA anche dalla componente liberale di Renew, con l’eurodeputato belga Yvan Verougstraete che parla apertamente di «posizione a rischio» per la presidente della Commissione, la fiducia verso la quale «è venuta meno dopo molte delusioni». Il belga fa parte della dirigenza del gruppo e la sua posizione è comunque la spia di un malessere che anche la componente macroniana (maggioritaria in Renew) ha manifestato. Si mobilita poi la Sinistra europea (Left), annunciando una mozione di sfiducia che, se raggiunge le firme necessarie tra gli eurodeputati, dovrebbe arrivare in Aula entro fine ottobre. Tante le ragioni per la sfiducia, da sinistra: non solo dazi e Green deal, ma anche l’inerzia europea rispetto al massacro israeliano nella Striscia.

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