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Dazi record sulla pasta, dagli Usa altra tegola sull’agroalimentare italiano. Cosa (e chi) c’è dietro l’indagine

Dazi record sulla pasta, dagli Usa altra tegola sull’agroalimentare italiano. Cosa (e chi) c’è dietro l’indagine

Economia

08/10/2025

da Il Fatto Quotidiano

Luisiana Gaita

L’Italia deposita una memoria a sostegno delle aziende accusate di dumping dal dipartimento al Commercio dopo un esposto presentato da 8th Avenue Food & Provisions, Inc. e dal colosso americano Winland Foods. I rischi delle tariffe al 107%? Crollo dell'export, delocalizzazione (per chi può) e boom delle imitazioni

È caos dopo l’annuncio della stangata in arrivo per la pasta italiana esportata in Usa. Sono in corso interlocuzioni con gli Stati Uniti nella speranza di un dietrofront sulla decisione del Dipartimento del Commercio Usa di aggiungere alla tariffa del 15% già in vigore un nuovo dazio antidumping del 91,74%, facendo salire l’imposizione complessiva a quasi il 107%. L’ennesima tegola sul Governo Meloni, che interessa una serie di ministeri strategici, da quello dell’Agricoltura a quello del Made in Italy, fino a quello degli Esteri. Dopo il disastro europeo sulla Politica agricola Comune e il flop della Cannabis light, la nuova minaccia arriva dagli Stati Uniti ed è mascherata da lotta a una presunta concorrenza sleale.

L’indagine ha preso in esame, in particolare, due dei marchi che si erano resi disponibili, La Molisana e Garofalo. Il dumping, in questo caso, è la vendita all’estero a un prezzo inferiore a quello praticato sul mercato interno o al costo di produzione. Washington sostiene che entrambe le aziende avrebbero applicato prezzi troppo bassi tra luglio 2023 e giugno 2024, penalizzanti per il mercato americano. Ma le associazioni di categoria e le stesse istituzioni italiane manifestano molte perplessità sui calcoli delle autorità Usa. Come spiega a ilfattoquotidiano.it il segretario di Pastai Unione Italiana FoodCristiano Laurenza, “non ci sono riscontri nella realtà. Sappiamo tutti che la pasta italiana costa molto di più negli Stati Uniti”. E ricorda che “l’indagine è stata avviata su richiesta di aziende concorrenti”.

L’amara sorpresa per Lollobrigida – Doppio choc per il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare, Francesco Lollobrigida, che si trovava proprio negli Usa – a ribadire il legame con la Casa Bianca – quando nei giorni scorsi è stata diffusa la notizia. Parlare di imbarazzo sarebbe riduttivo. Di fatto, lo stesso Lollobrigida ha dovuto ammettere che si tratta di un “meccanismo iper protezionista, senza alcuna giustificazione”. O forse la giustificazione è nei numeri, dal momento che nel 2024, secondo Coldiretti, l’export di pasta Made in Italy negli Stati Uniti ha raggiunto un valore di 671 milioni di euro. “Gli Stati Uniti rappresentano circa il 10 per cento del totale delle esportazioni – spiega Laurenza – e si tratta del secondo mercato dopo la Germania”.

Chi c’è dietro – L’indagine è partita dopo un esposto presentato, a novembre 2024, da 8th Avenue Food & Provisions, Inc. e dal colosso americano Winland Foods (controllato dal fondo europeo Investindustrial) che, solo poche settimane fa, insieme all’azienda campana La Doria (leader europee nella produzione di conserve vegetali) ha dato vita a Windoria, controllata da LDW Investment Top Holding di Investindustrial, con 4 miliardi di dollari di fatturato e 28 stabilimenti che operano nel Nord America. Nel frattempo ha preso posizione la Commissione Ue che, ha spiegato il portavoce Olof Gill “in stretto coordinamento con il governo italiano, sta collaborando con gli Stati Uniti in questa indagine e interverrà se necessario”. La questione è stata anche al centro della sesta riunione della task force sui dazi statunitensi che si è tenuta al ministero degli Esteri. L’Italia ha depositato una memoria formale a sostegno delle aziende ed è stata sensibilizzata la Commissione Europea (intervenuta a sua volta con una memoria dal contenuto analogo), avviando contatti con le autorità statunitensi.

Cosa è davvero successo – Va detto che il Dipartimento del Commercio ha avviato già nel 1995 indagini dumping e anti sussidio sulle importazioni di alcuni tipi di pasta provenienti dall’Italia. Entrambe si sono concluse con l’imposizione di dazi compensativi sulle esportazioni dall’Italia nel 1996, tuttora in vigore ma rivisti di anno in anno. “Tra l’altro le nostre aziende non vengono sovvenzionate. Magari nel momento in cui viene acquistata e impiantata una linea di produzione per favorire l’indotto locale – racconta Laurenza – vengono applicate delle detrazioni fiscali e quelle, per il governo americano, vengono considerate sovvenzioni. Ma magari non paghiamo il doppio delle tasse e, anche se ne detraggono una parte, siamo comunque svantaggiati”. Per quanto riguarda i dazi antidumping, è attualmente in corso la revisione amministrativa. Come avviene? Le aziende si rendono disponibili a partecipare e, questa volta, si sono fatte avanti La MolisanaGarofalo e altre 11 aziende. Ci sono BarillaRummoAgritaliaAldinoAntiche Tradizioni di GragnanoGruppo MilloPastificio artigiano Cav. Giuseppe CoccoPastificio ChiavennaPastificio LiguoriPastificio Sgambaro e Pastificio Tamma. Tra queste, Barilla è la più venduta negli Usa, anche perché è l’unica ad avere stabilimenti negli States, dove si produce pasta a cui si aggiunge quella proveniente dagli stabilimenti italiani (questa quindi soggetta a dazi) che, però, rappresenta una fetta minore rispetto al totale. A questo punto si scelgono poche aziende campione (in questo caso sono state selezionate La Molisana e Garofalo) e si confrontano i listini. “A seguito di questo esame, stabiliamo preliminarmente margini di dumping medi ponderati per il periodo dal 1° luglio 2023 al 30 giugno 2024” si legge nel documento divulgato dal dipartimento americano, secondo cui le due aziende avrebbero praticato un margine di dumping medio pari al 91,74% e, sempre secondo il dipartimento Usa, sarebbero state poco collaborative nel corso dell’indagine. Se confermato, in base alla normativa di riferimento, questo margine verrebbe applicato anche alle altre 11 aziende italiane che hanno chiesto di partecipare alla revisione amministrativa annuale.

La Molisana: “False le accuse di scarsa collaborazione” – Da subito è arrivata la risposta dell’amministratore delegato di La Molisana, Giuseppe Ferro. “Non c’è dumping e questo era già emerso nelle due precedenti procedure analoghe alle quali siamo stati sottoposti negli anni passati dallo stesso Dipartimento del Commercio Usa” ha spiegato. Al termine della prima era stato stabilito un dumping pari a zero, la seconda si era chiusa con l’1,6%. “Ora ci accusano del 91,74%, ma da parte nostra non è cambiato nulla: abbiamo sempre agito nello stesso modo, in modo corretto e trasparente” ha commentato. Non solo. L’azienda molisana ha fatto sapere di aver presentato oltre 600 pagine di documentazione a supporto della propria posizione. “Abbiamo prodotto un lavoro colossale – ha aggiunto l’ad – perché la procedura è complicatissima e molto costosa. Abbiamo anche chiesto che venissero in azienda per verificare direttamente i dati, ma non si è visto nessuno: sono arrivati alle loro conclusioni senza entrare nel merito”.

Cosa c’è dietro la stangata e quali sono i rischi – La Molisana, ribadisce che le procedure antidumping “nascono su istanza di produttori locali americani”, ma sono un meccanismo che “rischia di trasformarsi in uno strumento di protezionismo commerciale a scapito delle imprese italiane corrette e competitive”. Perché il rischio è che, chi può, decida di delocalizzare. Ma chi può? “Sono pochissime le aziende che eventualmente potrebbero farlo, ma per la stragrande maggioranza il rischio è altissimo”, spiega il segretario generale di Pastai di Unione italiana food. Perché il dazio prospettato rischia di raddoppiare il costo della pasta negli Usa. Renderebbe impossibile esportare, spianando anche la strada alla concorrenza o, peggio ancora, all’italian sounding, le imitazioni dei prodotti made in Italy. Per l’ad di Filiera ItaliaLuigi Scordamaglia, si tratta di una forzatura intervenuta “in un momento particolarmente delicato” e che “avvantaggerà chi produce pasta negli Stati Uniti, danneggiando tutti quelli che esportano invece la pasta dall’Italia verso gli Usa”. Il Dipartimento del Commercio renderà noti gli esiti finali dell’indagine insieme alla decisione che conferma o riformula i dazi antidumping da applicare entro la fine dell’anno. Nel caso in cui i dazi dovessero entrare in vigore a gennaio, l’impatto sarebbe, in effetti, gravissimo. Sul piede di guerra anche altri pastai, come Cosimo Rummo, presidente e amministratore delegato dell’omonimo pastificio. “Ci siano rivolti agli avvocati di Washington e stiamo facendo opposizione, speriamo che ci sia una risposta entro dicembre” ha raccontato a La Presse.

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