Il 50° anniversario della fine della guerra del Vietnam. Il 30 aprile 1975 la caduta di Saigon capitale Sud vietnamita in mano americana, la fuga degli occupanti e la fine della guerra. Il primo maggio il Vietnam unificato inizia la sua avventura sotto la guida comunista di Ho Chi min e oggi commercia con gli Stati Uniti, salvo dazi di Trump.
‘Ho Chi min’, il nuovo nome della capitale, e il Vietnam si celebra
A Ho Chi Minh (già Saigon) sono iniziate le commemorazioni del 50° anniversario della fine della guerra del Vietnam, definita dal presidente To Lam come una «vittoria della fede e di giustizia sulla tirannia». L’evento celebra la conquista di Saigon, la capitale del Sud appoggiato militarmente dagli Stati Uniti. Per l’occasione, il segretario generale del Partito comunista ha citato uno dei motti del rivoluzionario patriota Ho Chi Minh: «Il Vietnam è uno, il popolo vietnamita è uno. I fiumi possono prosciugarsi, le montagne possono erodersi, ma questa verità non cambierà mai».
La caduta di Saigon segnò la fine di un conflitto ventennale che portò alla morte circa 3 milioni di vietnamiti e quasi 60 mila americani. Alla parata militare ha partecipato per la prima volta anche l’Esercito di liberazione popolare della Cina continentale, grande rivale degli Stati Uniti per il XXI secolo.
La rinascita
Per il popolo vietnamita, la guerra fu una lunga lotta per l’indipendenza e la riunificazione. Per gli americani, alleati del Vietnam del Sud, una lezione amara sui limiti della loro potenza militare. La guerra del Vietnam per l’Occidente non fu soltanto uno scontro armato tra Nord e Sud, ma una tragedia globale. Una guerra civile alimentata da potenze straniere: da un lato il Nord Vietnam sostenuto da Cina e Unione Sovietica, dall’altro il Sud appoggiato dagli Stati Uniti e dai suoi alleati. In gioco non c’era solo il destino di un paese, ma l’equilibrio dell’intero ordine mondiale della Guerra Fredda. Milioni di morti, città distrutte, campagne avvelenate dall’«agente arancio», mine da ordigni inesplosi
Ex nemici alleati commerciali, salvo dazi
Oggi, il Vietnam è una nazione in crescita, grazie anche alle strette relazioni economiche con Washington, malgrado qualche recente passo indietro, per la guerra dei dazi dichiarata da Trump al mondo che vende agli Stati Uniti. Se il Vietnam marca il 50esimo anniversario della riunificazione con grandi festeggiamenti e parate sfarzose, secondo il New York Times, l’amministrazione Trump avrebbe chiesto ai suoi diplomatici di evitare eventi per l’anniversario della fine del conflitto, visto che coincide con i primi 100 giorni del ritorno al potere di Donald Trump. Un cambio di rotta con l’amaro in bocca.
Solo nel 1995, relazioni diplomatiche
Strada lunga, segnata dal peso del passato. Nel 2016, l’allora presidente Barack Obama visitò il Vietnam, revocando un embargo sulle armi che durava da decenni. Nel 2023, il presidente Joe Biden compì uno storico viaggio ad Hanoi elevando i rapporti a «partnership strategica globale con un commercio bilaterale che nel frattempo ha superato i 140 miliardi di dollari». Al di là delle strette di mano e degli accordi, con l’aiuto di veterani di entrambi i campi, si è spesso voluto porre l’accento sul rispetto e sul riconoscimento reciproco del passato.
La nuova America di Trump
I recenti dazi al 46% imposti da Washington sulle esportazioni vietnamite verso gli Stati Uniti, prima della temporanea sospensione, assieme al congelamento degli aiuti internazionali di USAID, gettano incertezza sulla relazione e sul boom economico del Vietnam, ma la sua forza va oltre la guerra e gli scambi con gli Stati Uniti. Con un’età media di 32 anni, le nuove generazioni guardano avanti. Ma senza dimenticare.
01/05/2025
da Remocontro