«Inaccettabile qualsiasi accordo in cui i funzionari federali indicassero cosa insegniamo, cosa ricerchiamo o chi assumiamo». La Columbia University, seguendo l’esempio di Harvard, l’ateneo al centro delle proteste pro-Gaza della scorsa primavera si è impegnato a «non permettere al governo federale di chiedere che abbandoniamo la nostra indipendenza e la nostra autonomia».
‘Regime autoritario ’
Solo 12 ore dopo la presa di posizione di Harvard a non piegarsi alle richieste dell’amministrazione, con la ritorsione da parte di Washington di bloccare 2,2 miliardi di dollari in fondi di ricerca, la presidente della altrettanto prestigiosa Columbia ha annunciato che l’università di New York «respingerà un’ingerenza pesante da parte del governo che potrebbe danneggiare la nostra istituzione e minare riforme utili». La presidente, una ex giornalista della Cnn, ha affermato che qualsiasi accordo in cui «funzionari federali dettassero cosa insegniamo, cosa ricerchiamo o chi assumiamo sarebbe inaccettabile».
Il rifiuto di Harvard squarcia il silenzio e Trump si vendica
I nuovi attacchi di Donald Trump al mondo accademico, dei media e ai programmi di scambio con l’estero chiarificano ulteriormente e con forza le priorità della sua Amministrazione e la sua determinazione a ignorare gli ordini della magistratura. Ieri il presidente Usa ha alzato il tiro contro Harvard, la più antica e prestigiosa università americana alla quale ha già congelato 2,2 miliardi di fondi federali per essersi rifiutata di accettare le regole imposte dalla Casa Bianca. La nuova minaccia è di toglierle anche le esenzioni fiscali. «Dovrebbe essere tassata come entità politica se continua a sostenere posizioni nauseanti a sostegno dei terroristi», ha detto il tycoon, riferendosi al rifiuto dell’ateneo di punire gli studenti che protestano a sostegno di Gaza e di chiudere i programmi a sostegno di diversità e inclusione.
Deriva autoritaria senza ritegno
Ma il gesto di Harvard e ora anche della Columbia, ha raccolto consensi anche altrove. I vertici della Stanford University hanno infatti espresso il loro sostegno della battaglia dei colleghi dell’Ivy League. «Le obiezioni di Harvard sono radicate nella tradizione americana di libertà, una tradizione essenziale per le università del nostro Paese e che vale la pena difendere – si legge in una dichiarazione – una forza costruita sugli investimenti pubblici, non sul controllo governativo». Anche Barack Obama ha lodato l’università dove ha conseguito la laurea in legge: «Harvard ha segnato un esempio, rifiutando un illegale e pericoloso tentativo di soffocare la libertà accademica», ha affermato, auspicando che altre istituzioni seguano il suo esempio.
‘America First’ contro il mondo
Intanto l’Amministrazione repubblicana, continuando la sua campagna di tagli del budget federale all’insegna del motto ‘America First’, parla di dimezzare i fondi per il dipartimento di Stato. L’eliminazione di diversi programmi per promuovere la democrazia e sostenere gli scambi culturali, e anche 30 tra ambasciate e consolati americani in tutto il mondo potrebbero chiudere, secondo indiscrezioni, il consolato Usa a Firenze tra questi. In guerra aperta contro i ‘media mainstream’, da lui definiti «nemici del popolo», inoltre, Trump ha chiesto al Congresso di tagliare oltre 1 miliardo di dollari destinati al servizio pubblico radiotelevisivo negli Stati Uniti: una mossa che potrebbe eliminare quasi completamente il sostegno federale alle reti Npr e Pbs.
Offesa continua
Il miliardario presidente ha anche confermato che diserterà la cena dei corrispondenti della Casa Bianca del 26 aprile, come ha fatto anche durante il suo primo mandato. Questa volta però ha lanciato l’idea di organizzare un evento rivale la stessa sera della cena, potenzialmente per celebrare il compleanno della first lady Melania. Intanto il presidente Usa continua a negare l’ingresso alla Casa Bianca ai giornalisti della Associated Press, nonostante una sentenza di un giudice che aveva annullato il bando deciso da Trump.
Il Golfo delle mattane
Questa settimana l’Ap è stata nuovamente esclusa dalla copertura di alcuni impegni di Trump, dopo che la scorsa settimana il giudice federale di Washington Trevor McFadden ha revocato l’esclusione, in vigore dall’11 febbraio, imposta dall’Amministrazione in virtù del rifiuto dell’agenzia di piegarsi ai suoi dettami e usare il nome ‘Golfo d’America’ invece che ‘Golfo del Messico’. L’Amministrazione non ha presentato appello, ma si è semplicemente rifiutata di far partecipare i giornalisti dell’Ap a qualsiasi evento legato a Trump, negando loro l’accesso allo Studio Ovale.
Diritti costituzionali
«Né Harvard né nessun’altra università privata può permettersi di essere sottomessa dal governo federale». Dichiarazione che sarebbe sembrata scontata un paio di mesi fa. Oggi, l’ateneo più prestigioso d’America, deve respingere l’intimazione della Casa bianca a cessare ogni iniziativa di pari opportunità, con l’eliminazione di facoltà e programmi di studi dettata dalla Casa bianca, pena la perdita dei finanziamenti pubblici. Per non parlare dell’espulsione d’ufficio di centinaia di studenti stranieri per reati d’opinione (di solito opposizione al massacro di Gaza qualificato come «apologia di antisemitismo»). Ad oggi più di 600 visti sono stati revocati senza appello direttamente dal ministro Rubio. «In alcuni casi i ‘colpevoli’ sono stati prelevati a casa o per strada da squadre di incappucciati e fatti sparire nel gulag dei penitenziari federali o in lager offshore», denuncia Luca Celada sul manifesto.
Assordante silenzio contro la spirale autoritaria
Il panorama ideologico Maga, la «sacrosanta crociata contro il politically correct», quella dal più diretto retaggio razzista, rivalsa promessa da Trump ai suoi sostenitori bianchi che avrebbero dovuto subire il «sopruso del riequilibrio dell’accesso vinto a suo tempo dal movimento per i diritti civili». Oltre i già citati commenti di Barack Obama, il parlamentare del Maryland (e altro ‘alumnus’ della Harvard Law School) Jamie Raskin: «Ogni college e università dovrebbe unirsi in coalizione contro le oltraggiose tattiche mafiose (godfather offers) ed i ricatti della Casa bianca».
Razzismo di Stato
Chris Rufo, uno degli architetti del Project 2025 ha dichiarato al New York Times che «l’obiettivo dovrà essere quello di usare i finanziamenti pubblici per indurre negli amministratori universitari un terrore tale da comprendere che se non cambieranno atteggiamento non quadreranno il bilancio». D’accordo col programma è in corso una sistematica smobilitazione, su pretesti ideologici, del finanziamento e delle borse che sostengono il lavoro di centinaia di migliaia di ricercatori, docenti, studenti e dottorandi che oggi versano nel caos e nel panico. Le università fronte dell’assalto trumpista all’ordine costituzionale
Stile ‘Il padrino’, tra mafiosità e fascismo
In un briefing alla Casa bianca la portavoce Karoline Leavitt ha contrattaccato con uno sproloquio a base di «efferati criminali stranieri», «indottrinamento da parte di campus elitari» e una difesa ad oltranza delle trasgressioni più clamorose allo stato diritto, come le ‘rendition extralegali’ di studenti come Mahmoud Khalil e Rumeysa Ozturk ed il rifiuto a rispettare la sentenza della Corte suprema che ha ordinato il rimpatrio di Kilmar Abrego Garcia. Il padre di famiglia spedito nel lager salvadoregno non è uno studente ma il suo caso – e in particolare lo sprezzo plateale della sentenza costituzionale che lo riguarda costituisce un avvertimento – questo si “in stile padrino” – a chiunque osi sfidare il regime.
16/04/2025
da Remocontro