Tra le critiche più severe alle riforme che il centrodestra sta conducendo in porto quella che forse fa più male, per chi come Giorgia Meloni, detta Giorgia, si professava appena cinque anni fa “donna, madre, italiana e cristiana”, è quella che arriva dai vescovi. Giovedì la Cei aveva espresso preoccupazione per il premierato e aveva annunciato per la giornata successiva un documento sull’Autonomia differenziata.
Ebbene, il documento è arrivato e boccia senz’appello la riforma del governo, targata Lega. “Da sempre – dicono i vescovi – ci sta a cuore il benessere di ogni persona, delle comunità, dell’intero Paese, mentre ci preoccupa qualsiasi tentativo di accentuare gli squilibri già esistenti tra territori, tra aree metropolitane e interne, tra centri e periferie. In questo senso, il progetto di legge con cui vengono precisate le condizioni per l’attivazione dell’autonomia differenziata rischia di minare le basi di quel vincolo di solidarietà tra le diverse Regioni, che è presidio al principio di unità della Repubblica”.
La verità è che il premierato dall’alto e l’Autonomia dal basso stravolgono la Costituzione e l’unità del Paese, svuotano il Parlamento, a cui sottraggono il potere legislativo che di fatto passa in capo al premier-monarca e ai presidenti di Regione – che possono legiferare su materie come sanità, energia, infrastrutture, trasporti, istruzione e ambiente – umiliano il Colle, mettono in discussione i principi di uguaglianza, solidarietà e libertà dei cittadini. Alla faccia di chi si professava “italiana e cristiana”.
25/05/2024
da La Notizia