ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

Ecco i numeri che spiegano perché la casa in Italia è un problema

Ecco i numeri che spiegano perché la casa in Italia è un problema

Attualità 

14/11/2025

da Avvenire

Diego Motta

Secondo i dati dell'Anci diffusi a Bologna, ci sono 9,6 milioni di abitazioni non occupate a fronte di quasi 4 milioni di famiglie in condizioni di bisogno. Ogni giorno si eseguono 134 sfratti. Le richieste dei sindaci: un piano subito, con risorse certe. Il governo: gli affitti brevi non sono il problema.

La casa è un’emergenza per i sindaci. Senza se e senza ma. Dall’assemblea dell’Anci di Bologna si è levato un messaggio chiaro in direzione del governo. «I cittadini ci fermano per strada, perché la questione abitativa è una questione di equità», ha esemplificato il primo cittadino di Parma, Michele Guerra. Voci che si sono moltiplicate, da Nord a Sud, dai piccoli centri fino ovviamente alle grandi città. C’è chi chiede un tetto, chi non riesce a pagare l’affitto, chi avrebbe diritto a un’abitazione ma è fermo in graduatoria. Poi ci sono i due grandi paradossi: quello del mercato e quello della politica.

Il paradosso del mercato si spiega con i numeri e con la presenza, finora poco incisiva, dello Stato. Il presidente dell’Anci, Gaetano Manfredi, nel suo intervento d’apertura mercoledì, ha ricordato che in Italia ci sono circa 9,6 milioni di abitazioni non occupate, mentre quasi 4 milioni di italiani vivono in condizioni di povertà abitativa. Non solo: il patrimonio immobiliare dei Comuni annovera anche 122mila unità non utilizzabili perché in manutenzione, a fronte di 187mila famiglie in graduatoria, in attesa cioè di una casa. Basterebbe incrociare questi dati per uscire dal grande labirinto di un sistema, quello immobiliare, che non riesce a fare incontrare domanda e offerta, semplificando innanzitutto le procedure. È questa la ragione che sta alla base della richiesta di un vero Piano casa.

Qui entra in gioco il secondo paradosso, quello dell’incomunicabilità, apparsa abbastanza evidente in questi giorni sul tema, tra Stato centrale ed enti locali. Più di un sindaco ha fatto notare la promessa di un intervento forte sulla casa, negli annunci della presidente del Consiglio al Meeting di Rimini. «A oggi non si riscontrano tracce, soprattutto in Legge di Bilancio» ha detto il sindaco di Cesena, Enzo Lattuca. Più esplicita è stata Sara Funaro, sindaca di Firenze. «Sono aumentati i bisogni, le risposte non sono andate di pari passo. Solo il 2,5% del patrimonio abitativo pubblico è stato costruito dopo il 2010. Il piano casa oggi non mette risorse, le prevede solo dal 2028, ma noi sindaci dobbiamo trovare soluzioni oggi. Lo stesso vale sull’edilizia popolare per le fasce più fragili, sul fondo per la morosità incolpevole, sui contributi per chi è in affitto, sulla riqualificazione degli immobili e sul recupero attraverso il social housing».

Il governo ha risposto con le parole della ministra del Turismo, Daniela Santanché, a partire dal dibattito sulla riforma degli affitti brevi. «Non è questo il problema, sgombriamo subito il campo dagli equivoci. Se non ci fossero affitti brevi, siete consapevoli che non avreste turisti perché negli stessi territori non esistono alberghi?», ha detto. Occorre poi mappare le diverse situazioni, «deve essere facile sapere dove sono le strutture con affitti brevi». C’è infine, secondo l’esecutivo, un problema di sostegno ai piccoli Comuni, che vanno aiutati nella partecipazione ai bandi perché mancano di personale e competenze.

Una messa a punto che non è bastata però ai primi cittadini. Ogni città, ovviamente, fa storia a sé. A Milano, ad esempio, «stanno arrivando tanti ricchi e ricchissimi attratti dalle agevolazioni fiscali… questo porta a un prezzo delle case che cresce, ma la politica deve governare questi fenomeni», ha detto il sindaco Giuseppe Sala, che ha anche fatto cenno agli effetti che sta avendo l’inchiesta sull’urbanistica nel capoluogo lombardo. «È chiaro che ci sta a cuore il futuro di chi è rimasto senza casa, oppure ha una casa ma ne ha pagata un'altra», ha detto riferendosi al caso di migliaia di famiglie rimaste nel limbo.

A Parma, invece, «con il progetto “Fa’ la casa giusta” – ha spiegato il sindaco Guerra – abbiamo provato a individuare risposte per chi non è in condizione di permettersi una casa, recuperando 600 alloggi, con un piano da 175 milioni complessivi che ha coinvolto tutte le istituzioni cittadine, a partire dalla Fondazione Cariparma». Recuperare spazi vuoti, indirizzare chi è in difficoltà verso gli sportelli giusti per fare domande sono azioni prioritarie. Dal punto di vista sociale, ciò che più colpisce nei racconti dei Comuni è che esiste ormai una “classe grigia”, il ceto medio impoverito si sarebbe detto una volta, che ha un reddito troppo alto per accedere all’edilizia residenziale pubblica e insieme un reddito troppo basso per affrontare il libero mercato.

Secondo Anci Ifel, il 5,1% della popolazione sostiene spese abitative superiori al 40% del proprio reddito. Tecnicamente, è in una situazione di sovraccarico, con un andamento dei salari non adeguato nel far fronte alla crescita dei costi per la casa. Il resto avviene a cascata: cresce la domanda di affitto, aumentano le difficoltà per le famiglie numerose, le coppie con figli minori e i giovani, con il caso da non sottovalutare degli studenti fuori sede: solo in un caso su nove trovano una soluzione grazie agli studentati universitari. L’ultima fermata del disagio abitativo riguarda ovviamente il capitolo sfratti: ce ne sono 134 al giorno, in aumento del 14% rispetto al periodo pre-pandemico.

share