Uno degli effetti collaterali più pesanti della guerra di Israele su Gaza finora trascurato. I ribelli Houthi dello Yemen, le milizie sciite sostenute dall’Iran che controllano gran parte della costa, minacciano la navigazione nel Mar Rosso. Bersaglio Israele e complici occidentali. E le compagnie marittime che gestiscono il trasporto mondiale di materie prime e semilavorati, stanno sospendendo le spedizioni per paura di sequestri e affondamenti. Da subito il boom dei costi assicurativi, e se continua, la circumnavigazione dell’Africa, sola rotta alternativa al canale di Suez. E costi finali alle stelle.
Gaza, effetti collaterali: più degli Hezbollah gli Houthi dallo Yemen
Ormai non vengono prese di mira solo le navi legate a Israele. Sono ormai diverse decine le navi cargo internazionali bersaglio della milizia ribelle nel mar Rosso. E se la tendenza dovesse continuare, oltre al rifiuto di carichi su quella rotta già attuata da parte di alcune delle più importanti compagnie di trasporto merci, la necessità futura di ricorrere ad una rotta che escluda il Canale di Suez. Il ritorno al periplo dell’Africa di antica navigazione, con tempi di moltiplicati e costi sempre più alti.
Contro Israele e l’Occidente
La situazione è precipitata per il drastico irrigidimento anti-israeliano degli Houthi, dopo i due mesi di bombardamenti sulla popolazione palestinese di Gaza. La loro è una presa di posizione ufficiale, non solo contro Israele, ma anche contro i Paesi occidentali che lo sostengono. Gli Houthi non scherzano e hanno già attaccato una decina di navi da trasporto che, superato lo stretto di Bab-el-Mandeb, facevano rotta verso Suez.
La guerra dei sauditi nello Yemen
Ed ecco esplodere l’attenzione ad una guerra che il mondo aveva cercato di cancellare ignorandola. La guerra dei Sauditi e petromonarchie sunnite contro gli indipendentisti sciiti Houthi dello Yemen, sostenuti ed armati dall’Iran. I ribelli sciiti possiedono un arsenale di missili e droni, capaci di colpire a lunga distanza, sino a tentare di colpire bersagli israeliani lontani un migliaio di chilometri. Non solo. La temerarietà Houthi, è arrivata fino ad attaccare anche una nave da guerra americana. Quasi sfidando Biden a organizzare qualche forma di reazione armata dalla flotta Usa già presente in quelle acque, forse per spingerlo a impantanarsi in un’altra crisi senza sbocchi, a logorare ulteriormente i difficili equilibri geopolitici degli Stati Uniti.
Dalla preoccupazione al panico
Adesso, la sistematicità degli attacchi sta trasformando le preoccupazioni in vero e proprio panico. Così, come informa con grande evidenza il Financial Times, le società di navigazione battono in ritirata. Una di queste, la Moller-Maersk, che gestisce la seconda flotta di spedizioni di container più grande del mondo, ha dato ordine a tutte le sue unità di «sospendere il transito nel Mar Rosso fino a nuovo avviso». Anche ‘Trafigura’, gigante specializzato negli spostamenti di materie prime, si appresta a prendere misure difensive che potrebbero arrivare al blocco della navigazione tra Aden e Bab-el-Mandeb. La società tedesca Hapag-Lloyd ha annunciato una prima breve sospensione del trasporto container, in attesa di ulteriori valutazioni.
A rischio anche la rotta del petrolio
«Gli attacchi rischiano di interrompere le catene di approvvigionamento globali che attraversano il Mar Rosso e il Canale di Suez- avverte il Financial Times. Quest’ultima è la via navigabile che rappresenta il 30% di tutto il traffico delle navi portacontainer ed è uno sbocco indispensabile per le spedizioni di petrolio greggio». Particolarmente in crisi gli armatori che si occupano del settore energetico, dal petrolio al gas liquefatto. Le navi che trasportano greggio o gas liquido sono molto vulnerabili, anche agli attacchi portati da semplici droni. Per questo motivo, la Maersk Tankers ha già avvisato i suoi clienti, che sta prendendo in considerazione la possibilità della rotta atlantica, cioè quella che evita Suez ed è costretta a fare il periplo dell’Africa.
Emergenza Canali, da Suez a Panama
Dal ‘collo di bottiglia del Mar Rosso’, l’emergenza quasi gemella del Canale di Panama. In questo caso è la siccità che sta minacciando il collasso al sistema dei trasporti tra l’Atlantico e il Pacifico. Per aggirare i dislivelli del terreno lungo il canale che taglia le due Americhe, viene utilizzato un sistema di chiuse che, per l’assenza di piogge, funziona a rilento. Sommando le due crisi, si capisce immediatamente come a soffrirne sia, in modo chiaro, la catena globale di approvvigionamento, con l’aumento dei costi dei trasporti e la dilatazione dei tempi di consegna delle merci.
Mar Rosso verso il peggio
Nel caso del Mar Rosso, però, la crisi rischia di peggiorare. E per questo, prima o dopo gli Stati Uniti, loro malgrado, saranno costretti a intervenire. Quella dello Yemen è una crisi di cui l’America di Biden avrebbe fatto volentieri a meno, ma, viste le premesse, sembra che il destino di questa Amministrazione Usa sembra proprio quello di rimanere invischiata in tutti i guai del mondo. Venerdì scorso, il portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale, John Kirby, ha annunciato «misure da prendere con una serie di partner». Rischio di nuova in guerra sempre in compagnia di alleati, che condividano le gioie (poche) e i dolori (molti di più).
Flotta internazionale a guida Usa
Per affrontare la crisi, gli Stati Uniti hanno chiesto agli alleati un maggior contributo alla flotta internazionale per la libertà di navigazione nel Mar Rosso, che esiste già dal 2022. Francia e Gran Bretagna hanno fregate nell’area e avrebbero già aderito all’iniziativa. La richiesta degli Usa è stata rivolta anche all’Italia, ed è in attesa di risposta. Ma l’obiettivo principale della Casa Bianca è la presenza di nazioni arabe, in particolare dell’Egitto, perché l’operazione non appaia come l’ennesima espressione delle potenze occidentali.
19/12/2023
da Remocontro