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Estate, ferie e infortuni sul lavoro

Estate, ferie e infortuni sul lavoro

Politica Italiana

26/08/2025

da Left

Cesare Damiano è presidente di Lavoro&Welfare,

Nunzio Leone è giuslavorista e formatore in Salute e Sicurezza sul Lavoro

Da Marcinelle alle nuove morti sul lavoro di oggi, la strage non si ferma. Chi dovrebbe, non la ferma

Il mese di agosto svolge una funzione essenziale nella gestione del rapporto di lavoro: è il tempo dedicato alle vacanze per recuperare le energie profuse durante un anno di lavoro.

La nostra Carta costituzionale, all’articolo 36, quello che si riferisce alla retribuzione, riconosce che “il lavoratore ha diritto….a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”.
E il Ferragosto ci rimanda all’espressione latina Feriae Augusti (“riposo di Augusto”) che sta ad indicare la festività istituita dall’imperatore Augusto nel 18 a.C., da celebrarsi il  primo giorno di agosto.

Era un tempo di riposo e di festeggiamenti che celebravano la fine dei lavori agricoli.
Ma in Italia, l’8 agosto, è il giorno del ricordo della tragedia di Marcinelle in Belgio, la miniera di carbone Bois du Cazier in cui, la mattina dell’8 agosto 1956, persero la vita 262 minatori, tra i quali 136 italiani, vittime di un drammatico incidente sul lavoro.
E si ricordano con commozione i tanti lavoratori italiani che sono “deceduti in luoghi lontani dall’Italia, prevalentemente per stato di necessità, lavoratori che seppero contribuire con impegno, onestà e dedizione alla prosperità dei Paesi che li accolsero”, come ha ricordato il presidente Mattarella.

E, dal 2001, la data dell’8 agosto è riconosciuta come la Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo e questa occasione ci interroga sul come svolgere una equilibrata riflessione in tema di flussi migratori non volontari, fattori sui quali si innestano aspre contese politiche identitarie.
Marcinelle è un evento che, ponendo l’accento sulla storia dell’emigrazione, ci impone il dovere, se non l’obbligo, di promuovere la tutela dei lavoratori e la dignità del lavoro in tutte le sue manifestazioni, con l’evidente obiettivo di impedire il ripetersi in futuro di simili sciagure.
Ma anche quest’estate, che volge al termine, in tema di infortuni sul lavoro dobbiamo registrare, con dolore, alcuni eventi che ci consegnano alcune nuove e deprecabili perdite di vite umane.

Dal Nord al Sud si sono verificati infortuni che hanno evidenziato insopportabili errori nell’organizzazione del lavoro e hanno posto l’accento sulle corrette modalità di svolgimento della prestazione, sulla prevenzione e sulla protezione dei rischi professionali.
A Napoli, il 25 Luglio, un montacarichi si ribalta e 3 operai, che erano sul tetto per realizzare interventi di coibentazione di un palazzo di 6 piani, sono precipitati nel vuoto per circa 20 metri e sono morti sul colpo. Erano tre operai edili: Ciro Pierro, Vincenzo Del Grosso e Luigi Romano, rispettivamente di 62, 54 e 67 anni, residenti tra Napoli, Calvizzano e Arzano. Erano su un cestello che, scorrendo sul binario, li aveva portati sul tetto: cestello che si è ribaltato e per i tre non c’è stato scampo e, sulla base delle prime ricostruzioni, i lavoratori non disponevano di imbracature idonee a garantire l’ancoraggio a un punto fermo in modo da frenare la caduta.
Il montacarichi era stato noleggiato dall’impresa edile che disponeva del patentino per effettuare il montaggio e un perno del binario sul quale scorreva il cestello ha ceduto, provocando una sua repentina perdita di quota e il successivo ribaltamento. Due di questi lavoratori erano al nero. E nel Veneto, a Santa Maria di Sala, nella città metropolitana di Venezia, il 4 agosto due lavoratori di origine egiziana, Ziad Saad Abdou Mustafa, 21 anni, e Sayed Abdelwahab Hamad Mahmoud, 39 anni, che stavano eseguendo operazioni di bonifica nella vasca di una fossa biologica, hanno perso la vita a causa delle esalazioni.
Un bilancio drammatico in quest’infortunio su cui stanno indagando gli operatori dello Spisal, il servizio sanitario di sicurezza sui luoghi di lavoro, arrivati sul posto assieme ai carabinieri e ai vigili del fuoco.

Dalle prime informazioni si è appreso che gli operai al lavoro la mattina erano tre, intervenuti su incarico di una ditta con il compito di verificare il funzionamento corretto delle fosse biologiche a servizio di una abitazione. La vasca era aperta e uno degli operai é sceso per eseguire un’ispezione, senza più riemergere; a quel punto si sarebbe calato anche il secondo operaio, con l’intenzione di aiutare il collega, e anche lui non è più risalito. C’è da verificare quindi se le emissioni di sostanze abbiano causato il decesso dei lavoratori, o se siano rimasti incastrati.

Una volta lanciato l’allarme sono stati i pompieri a recuperare i due corpi senza vita. Il nucleo Nbcr (rischi nucleari, biologici, chimici e radiologici) ha operato per la messa in sicurezza dell’area. “Ennesima tragedia di una strage continua. Non capiamo cosa possa essere successo in una residenza privata” è stata la dichiarazione di un dirigente sindacale. I morti sul lavoro nel veneziano sono raddoppiati rispetto all’anno scorso: un trend inaccettabile. È giusto porsi alcune domande di fronte a queste morti. Chi dirige i lavori e utilizza questi operai, ha spiegato loro la pericolosità della mansione? Ha fornito le giuste indicazioni? C’è stata la formazione? E soprattutto, sono state messe in atto tutte le procedure di sicurezza e vigilato perché venissero rispettate?

La parola che unifica sforzi ed impegno può essere una sola: prevenzione. E su questo versante dobbiamo essere tutti impegnati ad assicurare l’attuazione del nuovo accordo raggiunto nella Conferenza Stato–Regioni in tema di formazione, intesa come strumento principe della prevenzione.
Nel nuovo accordo si parla di programmi, si pone l’accento sulla vigilanza e vengono poste le premesse per la valutazione della sua efficacia. La nostra legislazione sul tema è avanzata ed illuminante, ma ancora siamo a piangere i morti e a invocare l’inasprimento delle sanzioni e il rafforzamento dei controlli. Ma il vero problema é che il muro degli oltre 1.000 morti all’anno, certificati dall’Inail, non si riesce ad abbattere da 15 anni a questa parte. Occorre, quindi, che si faccia strada una nuova cultura dell’impresa che assuma la sicurezza sul lavoro come metro di misura della propria competitività e del proprio successo e che includa l’utilizzo dei nuovi strumenti di di digitalizzazione e di intelligenza artificiale volti alla prevenzione nell’ambito delle proprie scelte di investimento.

Su tale fronte il discorso deve essere condiviso, ma a noi sta a cuore lavorare sulle persone, dai datori di lavoro ai lavoratori, per dare un senso ed anche una premialità ai comportamenti virtuosi (fondamentale il ruolo dell’Inail), che facciano dell’obiettivo infortuni zero l’obiettivo da raggiungere.
Vorremmo poter raccontare storie positive, impegni concreti, buone prassi ed efficaci comportamenti nel lavoro, per dare un senso e un saldo orientamento alla tutela della dignità del lavoro. Al di là della retorica.
 

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