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Europa dalle troppe voci e nessuna che conta veramente

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Politica estera

26/11/2025

da Remocontro

Ennio Remondino

Basta la confusione dei titoli di stamane per capire che ieri ad Abu Dhabi è stato accennata una possibile soluzione alla guerra, ma che nessuno ha ben capito il come e il quando. Certo con molto poca Europa, ma con molta creatività italiana. Per il Corriere, un po’ di Europa con un «Avanti sui 19 punti». Repubblica resta su Trump «e l’inviato Usa vola da Putin». La Stampa ancora crede alla promesse e azzarda «Vicini alla pace», ma sempre contro. «Putin rifiuta il piano».

Per fortuna Piero Orteca

Per fortuna Piero Orteca nel pezzo precedente ci ha spiegato in quale marasma si stanno sviluppando le difficili trattative di Abu Dhabi, affidate come primo assaggio, alla decisiva parte militare con meno fronzoli della parte politica. Ma ora, versione italiana prevalente, sembra che non si tratti solo del futuro dell’Ucraina madella stessa Europa. E finalmente i facili analisti del fine settimane se ne accorgono. Quelli seri ne avevano la prova da quando è saltato il gasdotto Nord Stream nel Baltico. Ma allora era solo colpa di Mosca, che di colpe ne aveva tante, ma non tutte.

Esemplare Marco Bascetta

«Unione europea frammentata tra ‘volenterosi’ (fino a un certo punto), renitenti, trumpisti acquisiti, filorussi, bellicisti ideologici o imprenditoriali. Tante voci ma nessuna in capitolo».

«Il declino dell’Ue. Da molto tempo l’Unione europea ha cominciato a regredire. Le prerogative nazionali, comunque mai scese sotto la soglia che le avrebbe subordinate alla sovranità europea, non hanno fatto che guadagnare terreno». Sul manifesto, un categorico «Europa: tante voci, nessuna in capitolo», e la conclusione chiave di fronte alla pasticciata e illusoria corsa al riarmo, «In comune non c’è l’esercito, ma il destino bellico».

I punti chiave da cui partire

L’Unione europea non è mai diventata un soggetto politico in senso pieno.  Non è un soggetto geopolitico che opera sullo scacchiere mondiale. E né si può immaginare, che l’Ue possa diventare un simile soggetto in un futuro prevedibile. Poi la corsa al riarmo su base nazionale come scorciatoia per conseguire un peso sulla scena intercontinentale è solo una illusione.
«Nell’attesa i capi di governo e i vertici istituzionali dell’Unione riempiono il vuoto con la retorica e l’impotenza con un isterico attivismo diplomatico che si ferma alle anticamere. La ‘pace giusta e duratura’ non è una linea politica ma un mantra, una nenia infantile ormai inascoltabile».

Finzioni da sfatare

Davvero gli europei vogliono emanciparsi dalla tutela americana, restandone agli ordini? E attualmente, rinunciando a precedenti sostegni, si assumono nuovi obblighi e la dipendenza cresce. Efficace il paragone inventato da Bascetta: «I paesi europei passano dalla condizione di dipendenti salariati a quella di collaboratori precari e spettatori paganti». Ogni decisione politica di Trump assunta come punto di partenza di ogni successivo sviluppo. «D’altra parte la capacità di proposta della Ue è debolissima e l’efficacia dei proclami minacciosi delle capitali europee vicina allo zero».

Unione Europea in regressione

Da molto tempo, facendo finta di niente, l’Unione europea ha cominciato a regredire. Le prerogative nazionali sono arrivate alla secessione britannica. Le tensioni con i paesi dell’est, sono cresciute. Ed è cambiata la composizione politica del Vecchio continente che si era formata e poi stabilizzata nel dopoguerra. Partiti e movimenti di matrice nazionalista hanno raggiunto una dimensione condizionante in gran parte dei paesi europei. Quando non sono al governo impongono tuttavia le loro agende tematiche alle forze governative del centro.

Socialdemocrazie sul fronte migranti

Le socialdemocrazie si sono sfaldate in tutto il continente inseguendo le ragioni degli avversari, dalla blindatura dei confini alla demolizione del diritto d’asilo. E verso est «hanno assecondato la ferocia colonizzatrice neoliberale (soprattutto tedesca) del dopo ‘89 che ha prodotto una reazione autoritaria antiliberale, oggi attratta dal modello reazionario della Russia di Putin o, al contrario, mossa da virulento risentimento antirusso». Le sinistre più radicali ostili all’ispirazione neoliberale dell’Unione, sempre minoritarie. L’Europa ha progressivamente perso la spinta all’unificazione che puntava al superamento delle priorità nazionali.

Governi Eu sotto ricatto della destra radicale

Non c’è governo in Europa immuni ai ricatti della destra più radicale. «Merz, Macron, il britannico Keir Starmer, gli adoratori italiani di Trump, i governi nordeuropei dall’Olanda alla Danimarca, gli ex progressisti scandinavi e i petulanti Baltici, rappresentano una confusa molteplicità di debolezze tutte rumorosamente schierate in sostegno dell’Ucraina, ma mosse da intenti diversi e diverse furbizie». Nessuna capacità di progetto anche sugli eventi alle porte, con i Paesi più forti a giocare ‘solitari carte nazionali’.

Conclusioni condivise

  • Le uniche forze in grado di occupare lo spazio sovranazionale sono quelle dei movimenti di massa che non imporranno trattati di pace più o meno ingiusti e precari, ma potrebbero però boicottare la guerra. Lontani dall’aver raggiunto una massa critica manifestano tuttavia in molti paesi una presenza significativa. A pesare più di Bruxelles in fondo non ci vorrebbe molto.

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