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Europa: Italia sì, Italia No. Doppio gioco di Meloni e fragile ‘Coalizione Ursula’

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Meloni si astiene su Von der Leyen, a vota no a Costa e Kallas. Ma il pacchetto passa. Bis per la popolare tedesca Von der Leyen alla guida della Commissione, al socialista Costa, portoghese, i vertici dei Ventisette e per la liberale estone Kallas, ‘Alto rappresentante’ per la politica estera, con prospettive di guai su fronte russo.
Le Monde: «In Europa si vede il doppio gioco di Giorgi Meloni. A lungo oppositrice dell’UE, Giorgia Meloni ha adottato nel Consiglio una posizione rassicurante per spingere, dall’interno, l’Europa a ‘cambiare identità’»

Il ‘Ni ‘di Meloni per non perdere del tutto

La premier prende le distanze dall’accordo tra popolari, socialisti e liberali. Ma si tiene le mani libere per sostenere Von der Leyen a Strasburgo. Salvini attacca: «Colpo di Stato a Bruxelles» e prega in francese per Le Pen. Ma intanto al termine di una giornata decisamente nervosa, il pacchetto di nomine per i vertici dell’Unione Europea passa con il distinguo italiano. Con il no al socialista Costa, portoghese, che guiderà i vertici dei Ventisette e per la liberale estone Kallas, indicata pericolosamente alla politica estera. Tutti a ragionare su chi ha vinto e chi ha perso nella partita di potere in casa, nessuno a chiedersi che Commissione avremo sul fronte della guerra ucraina e sulla aggressività mediorientale israeliana, quanta Nato, quanto mar Baltico rispetto al Mediterraneo quanta Cina e quali Stati Uniti se vince Trump.

‘Diverse valutazioni’ a creare rottura

Giorgia Meloni si astiene su Von der Leyen, mantenendosi le mani libere per votarla, eventualmente, nella seduta dell’Europarlamento di Strasburgo del 18 luglio. «E la premier italiana supera Orban in radicalità», sottolineano Giovanni Maria Del Re e Marco Iasevoli su Avvenire. Il leader magiaro vota contro Von der Leyen, a favore di Costa e si astiene su Kallas. L’altro leader conservatore presente tra i Ventisette, il ceco Fiala, invece dice ‘sì’ al pacchetto. Dopo il voto, Palazzo Chigi, isolato in Europa, prova a metterci una pezza, parlando di «rispetto delle diverse valutazioni tra i partiti della maggioranza di governo, nell’attesa di conoscere le linee programmatiche e aprire una negoziazione sul ruolo dell’Italia».  ‘Differenti valutazioni nella maggioranza’: Forza Italia cher fa parte del Ppe e quindi ‘esprime’ Von der Leyen, mentre la Lega di Salvini fa parte di ‘Identità e democrazia’, apertamente contraria al bis della politica tedesca.

Meloni tra Tajani, Salvini e Schlein

La premier per tutta la giornata davanti a un bivio. Alla sua sinistra (relativa), un Ppe opportunista e prodigo  di complimenti e mani tese. Mano di Antonio Tajani, che durante la giornata interviene numerose volte per ribadire che: «È stato un errore non aver interloquito prima con l’Italia». Tajani riesce a convincere il polacco Tusk, il meno propenso a un dialogo stretto con l’area politica della premier italiana. Ma alla fine non basta. E si arriva alla ‘astensione di attesa’. Con Elly Schlein, la segretaria Pd ieri a Bruxelles, a favorire le contraddizioni interne al governo. «Abbiamo preso un impegno a dire ‘no’ a qualsiasi tipo di alleanza con il gruppo Ecr guidato da Giorgia Meloni così come con il gruppo Id di cui fanno parte Le Pen e Salvini. Piuttosto si allarghi ai Verdi», ha proposto la leader dem. Fronte opposto, un «sì» aperto e pieno al pacchetto di nomine, Giorgia Meloni non se lo poteva permettere. Per almeno due motivi. Uno interno sau cui i conti arriveranno in seconda battuta, e uno esterno a saldo ravvicinato.

Prima la Lega e poi Forza Italia

Inizia Matteo Salvini, nel suo stile.«Quello che sta accadendo in queste ore  (a Bruxelles) puzza di colpo di Stato. Milioni di europei hanno votato e hanno chiesto di cambiare l’Europa da tutti i punti di vista e invece cosa ripropongono? Le stesse facce: Ursula Von der Leyen alla Commissione, un socialista al Consiglio europeo, una indicata da Macron per la politica estera».  La sua esternazione delle 19 piomba a Bruxelles come un avviso alla premier italiana, la valutazione ancora di Avvenire. Il fattore esterno invece ha il cognome di Morawiecki: l’ex premier polacco e braccio armato del leader ideologico Jarosław Kaczyński, ha minacciato di far uscire il Pis (il partito della destra nazional bigotta che ha perso le elezioni nazionali e il governo) dal gruppo Ecr, per crearena squadra di destra ‘centro-orientale’. Se Meloni si sbilancia dentro un ‘accordo di sistema’, rischia di perdere gli alleati in Parlamento. La scelta finale (un’astensione e due no) è mercato puro.

Un possibile ‘aiutino’ Nato

«Dobbiamo fare in modo -avvertiva anche il premier olandese uscente Mark Rutte (negoziatore liberale) e prossimo segretario Generale Nato – che anche l’Italia si senta ben rappresentata nella nuova Commissione e non solo». ‘E non solo’ cosa? Sempre più ‘Von der Nato’, certamente. E una mano aiuta l’altra. A inveire, ci pensa il premier ungherese Viktor Orbán. «Gli elettori europei sono stati ingannati. Il Ppe ha formato una coalizione di bugie con la sinistra e i liberali. Non sosteniamo questo accordo vergognoso!». Contraria ieri restava anche la Slovacchia. Per Von der Leyen la partita ora si sposta al Parlamento Europeo, dove dovrebbe essere confermata con un voto in aula a Strasburgo il 18 luglio. Rimane l’incertezza per i numerosi, probabili franchi tiratori.

Franchi tiratori

La Commissione stima a 40-50 i ‘franchi tiratori’ che, nella «maggioranza Ursula di Popolari, Socialisti e Liberali potrebbero votarle contro. E 399, dunque solo 38 voti di margine rispetto alla maggioranza assoluta di 361, davvero troppo pochi. Von der Leyen –spiegano gli specialisti di mercato politico Ue- dovrà trovare voti esterni con accordi sottobanco. E ovviamente -mercato italiano-, i 24 eurodeputati di Fdi sarebbero una grossa mano. L’alternativa sono i 53 voti dei Verdi (sollecitata da Elly Schlein), che più volte si sono offerti per entrare in coalizione. Una buona fetta dei Popolari (a cominciare da Forza Italia) dice però di no. Un sentiero strettissimo per la non troppo convincente esponente politica tedesca vista negli ultimi cinque anni all’opera.

28/06/2024

da Remocontro

rem

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