Il vertice di crisi che rende plateale la crisi. Con lo spauracchio di essere esclusi dal dialogo avviato fra Trump e Putin sull’Ucraina, i principali leader europei si sono incontrati e hanno discusso, ma poi hanno lasciato Parigi, l’Eliseo e Macron – che li aveva invitati per un summit di crisi – senza trovare una linea comune, a cominciare dall’ipotetico invio di truppe di pace in Ucraina auspicato dall’ospite. Meloni con un pesante «Condivido le critiche di Vance» allarga in fronte della crisi Ue a spinta Usa.
Chi senza cosa e perché
Ieri a Parigi, su invito dell’Eliseo, ‘riunione informale’: un 8+3, otto paesi presenti (Francia, Germania, Gran Bretagna, Polonia, Italia, Spagna, Olanda, Danimarca), con i presidenti di Commissione e Consiglio, Ursula von der Leyen e Antonio Costa, e il segretario Nato, Mark Rutte.
Il vertice di crisi che rende plateale la crisi
Dopo più di tre ore, i capi dei governi di Francia, Italia, Germania, Spagna, Gran Bretagna, Danimarca, Polonia e Olanda – alla presenza dei vertici Ue e della Nato – si sono trovati solo sui principi generali, ovvero sulla necessità di condividere le scelte con gli Stati Uniti, l’esigenza di garantire una pace giusta e di proteggere l’Ucraina. Nonostante la disattenzione di Stati Uniti e Russia. Umiliati e pronti a tutto. Macron ha addirittura fatto una telefonata di una ventina di minuti con Donald Trump, un segnale di mano tesa e di volontà di collaborazione. Ma non è bastato.
Manca la politica, si rincorrono sicurezza e armi
Il dossier che più di ogni altro ha spaccato i partecipanti, il possibile invio di truppe in Ucraina senza bel definire se a tregua raggiunta o meno. Il cancelliere tedesco si è fatto capofila di quelli che non ne vogliono neppure sentir parlare, almeno per il momento. Si è definito anzi ‘irritato’ -rileva Tullio Giannotti dell’agenzia Ansa-, da chi ha avanzato questo tema, cioè ‘L’americano’ che, contro la Germania, fa sparare prima da Musk e poi dal vice Vance: «Credo che sia del tutto prematuro parlarne ora. Anzi sono anche un po’ irritato per questo dibattito. Voglio dirlo chiaramente: qui si discute sulla testa degli ucraini di trattative di pace che ancora non hanno avuto luogo, alle quale gli ucraini non hanno detto di sì e non si sono nemmeno seduti al tavolo».
L’Italia non Trump o con l’Europa?
Arrivata per ultima al vertice, quando tutti stavano già discutendo da un’ora, Giorgia Meloni ha subito assunto una posizione critica aperta al confronto con gli Stati Uniti. «Non si possono apparecchiare caminetti ‘anti-Trump’, né scegliere una linea in contrasto con gli Stati Uniti», sarebbe stato il senso del ragionamento della premier, contraria all’invio di truppe europee di deterrenza in Ucraina, ma con quella affermazione ambigua finale, sul «Condivido le critiche di Vance», su cui anche la politica interna italiana dovrà presto occuparsi. Con Meloni, Keir Starmer, primo ministro britannico che la settimana prossima andrà a Washington da Trump e vorrebbe ricoprire il ruolo di ‘facilitatore’ fra Europa e Usa.
Ursula von der Leyen e sicurezza europea
«Gli europei non cedono alle provocazioni, malgrado la sequenza di scossoni del fine settimana, tra gli assalti del vice-presidente Usa J.D. Vance (non tutti d’accordo) e la telefonata Trump-Putin sulla testa dell’Ucraina e degli europei», la sintesi non unitaria dell’incontro finito senza un comunicato in cui si descrive. Mentre Bruxelles i ministri delle Finanze già discutono della «clausola di emergenza» per escludere la spesa militare dal patto di stabilità, proposta di von der Leyen, rileva Anna Maria Merlo sul manifesto, «Per gli europei si profila una missione di sorveglianza, truppe europee come forze di dissuasione. Chi è pronto? Chi comanda? Quale sarà il protocollo della reazione in caso di attacco da parte russa? Quale ruolo per la Nato, anche se l’Ucraina non ne fa parte? Gli Usa contribuiranno, visto che gli europei dipendono dagli americani per le informazioni?».
La Casa bianca e la quinta colonna dei partiti fratelli
Marco Bascetta sulla plateale discesa in campo di Washington al fianco della destra nazionalista in Germania (che presto si estenderà a tutte le analoghe formazioni nazionalpopuliste nel resto d’Europa) «sono strettamente connesse e funzionali a una politica che lavora non da ieri alla disgregazione dell’Unione europea, ma mai in forme così perentorie». Chiunque alla Casa bianca prima di Trump, malgrado i più torbidi rapporti con golpisti e dittature, non poteva esimersi dal rimarcare una netta distanza tra la democrazia liberale e le dottrine autoritarie della tradizione dell’estrema destra.
Il quadro è ora cambiato: Trump e il suo seguito si rispecchiano pienamente in una versione plebiscitaria dell’investitura popolare che non tollera ostacoli o limitazioni. Che pretende di incarnare la volontà del popolo e rivendica in conseguenza una pienezza di poteri senza regole e senza controlli.
18/02/2025
da Remocontro