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Europa-Usa e il rischio catastrofe militare, un ‘Piano B’ per Kiev

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Dopo due anni e mezzo di distruzioni e massacri, America ed Europa si sono accorte che la guerra in Ucraina, contro gli invasori russi, forse non si può vincere. Ieri, il Washington Post ha pubblicato un articolo da far tremare i polsi: “L’Ucraina spinta a pensare a un piano B per la guerra con la Russia”. E il giornale spiega, onde evitare qualsiasi equivoco, che i funzionari occidentali “vogliono che Kiev definisca obiettivi di conflitto realistici”.

 

Basta propaganda e illusioni di vittoria

Fine dell’illusione di poter continuare a combattere sostenuti all’infinito da Stati Uniti e UE. Anzi, per evitare interpretazioni di comodo, di qualche zelante seguace della guerra “fino all’ultimo uomo” o dei broker del vorace complesso militare-industriale, forse è opportuno riportare il “transcript” che ne fa la stessa Ukrainska Pravda. Dunque, scrive sconsolato il giornale di Kiev, “con il sostegno pubblico di alcuni dei principali alleati dell’Ucraina in calo e la Russia che fa lenti progressi sul terreno, alcuni diplomatici europei affermano che l’Ucraina deve essere più realistica riguardo ai suoi obiettivi di guerra. Ciò potrebbe aiutare i funzionari occidentali a presentare ai loro elettori la richiesta di armi e aiuti all’Ucraina”.

Tra cambio di ministri a fantasie

L’interpretazione giornalistica di Kiev “salva” gli americani, dicendo che il disagio al sostegno “incrollabile” sarebbe solo europeo. Invece, il Wall Street Journal rimette le cose a posto: “Alti funzionari europei – sostiene il WSJ – hanno detto all’Ucraina che una vittoria completa richiederebbe all’Occidente di fornire centinaia di miliardi di dollari di supporto. Qualcosa che né Washington e nemmeno l’Europa vogliono realisticamente fare”.

Strategia di logoramento di chi?

La strategia americana della lunga guerra di logoramento, per sfinire la Russia, era clamorosamente sbagliata. Dopo mezzo milione di morti e feriti e avere inferto un colpo mortale agli equilibri geopolitici del pianeta, alterando anche le catene di approvvigionamento produttivo con le sanzioni, ci si sta accorgendo che comunque, prima o dopo, si dovrà trattare. E che più dura la guerra, più salato sarà il conto della ricostruzione.

Blinken e britannico al capezzale

Ieri, sono arrivati a Kiev per incontrarsi con Zelensky il Segretario di Stato Usa, Antony Blinken, e il suo omologo britannico, del nuovo governo laburista, David Lammy. Si rischia il pastrocchio, perché l’incertezza si taglia col coltello. Il “pacifista” Lammy darà il via libera per l’utilizzo di missili a lunga gittata sul territorio russo? E Biden, farà lo stesso, dopo averlo annunciato? È un po’ la diplomazia del caos, perché da un lato si alza la soglia dello scontro convenzionale (abbassando l’asticella di un possibile impiego di armi nucleari di teatro), mentre dall’altro si sta facendo una chiara e forte pressione su Zelensky, perché sia “più realista”.

Contraddizioni a tutto campo

Più realista come, e dove, e quanto? A nostro giudizio gli hanno già chiarito, a microfoni spenti, quali siano in ogni caso i territori che dovrà cedere, per stipulare un trattato di pace. Con un uguale patto di contro assicurazione, siglato tra Kiev e l’Occidente, che ne garantisca l’indipendenza. Il Washington Post, comunque, sull’argomento semina indizi. “Il portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, ha detto che il viaggio di Blinken a Kiev non aveva lo scopo di costringere l’Ucraina a partecipare ai colloqui. Certamente una conclusione negoziata è il risultato più probabile – ha aggiunto – ma quando ciò accadrà, e in quali condizioni e circostanze, dipenderà dal Presidente Zelensky”.

Ma chi è quel ‘genio militare’ dell’operazione Kursk?

La sostanza, espressa tra le righe, non cambia: il governo ucraino deve decidersi. Non si può volere tutto. Se non si arriva a un punto d’incontro, questa crisi rischia di fare saltare tutti i restanti (e fragili) equilibri geopolitici planetari. Un’altra cosa che non si capisce affatto è il grado di “autorevolezza” del Pentagono sullo Stato maggiore ucraino. L’esercito di Zelensky ha bruciato truppe e rifornimenti di èlite, per conquistare una landa desolata e selvaggia. Che non interessa nessuno. E intanto, sul Donbass, i russi avanzano, mettendo a rischio la stabilità di tutto il fronte. Si sperava che Mosca spostasse riserve fresche su Kursk ma, come certifica ancora il Wall Street Journal, “i russi non hanno abboccato all’amo”.

Adesso la situazione è drammatica

E adesso la situazione è drammatica, tanto che Eric Green (Carnegie Endowment) cita diplomatici occidentali che prevedono un collasso militare nel giro di sei-otto settimane. Domani il premier britannico, Keir Starmer, vedrà Biden, per capire quello che ancora nessuno è riuscito manco a immaginare: c’è uno straccio di piano per chiudere questa guerra?

Perché, si è perso fin troppo tempo. E se la soluzione è solo quella di alzare la soglia dello scontro convenzionale, spedendo armi sempre più sofisticate, allora state certi che, prima o dopo, si arriverà inevitabilmente a varcare il “punto critico”. Quello che precede uno scontro nucleare “di teatro”.

12/09/2024

da Remocontro

Piero Orteca

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