06/09/2025
da Pressenza
Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati, già sanzionata dall’amministrazione Trump per aver denunciato il genocidio in corso, è stata ospite di Terra!, la festa nazionale di Alleanza Verdi e Sinistra. La forza politica sostiene ufficialmente la sua candidatura al Premio Nobel per la Pace, promuovendo una petizione sul sito www.mettilafirma.it.
L’occasione è stata la presentazione del libro Quando il mondo dorme. Storie, parole e ferite della Palestina, ospitata al Monk Club, spazio culturale romano aperto e inclusivo, punto di riferimento per chi vuole condividere e vivere esperienze artistiche e sociali.
«Finalmente vediamo il buio che ci siamo costruiti intorno. Ci stiamo svegliando da un sonno di pietra – ha dichiarato Albanese – e ci accorgiamo che proteggiamo chi ha attaccato. Il nostro governo non è semplicemente passivo: sostiene lo stato di apartheid imposto da Israele al popolo palestinese. Non è in corso una guerra tra due eserciti, ma una continua aggressione contro la popolazione civile. Il paradigma dell’autodifesa israeliana nei territori occupati non è più credibile».
Albanese ha sottolineato come l’Europa resti uno dei principali partner commerciali di Israele, con l’Italia tra i Paesi più attivi nel sostenere questa strategia. «Anche il mancato riconoscimento dello Stato di Palestina è una scelta politica» ha aggiunto, ricordando che i palestinesi vengono etichettati come terroristi così come accadde a Nelson Mandela, rimasto in quella lista negli Stati Uniti fino al 2000. «Eppure – ha precisato – i palestinesi hanno diritto a difendersi e lo hanno fatto prevalentemente in modo nonviolento». Un aspetto, questo, che raramente trova spazio nei media internazionali, perché la nonviolenza non “fa notizia” quanto un attentato.
Ad ogni modo la consapevolezza delle persone cresce, e con essa il desiderio di sapere. In questo scenario, Francesca Albanese ha espresso l’auspicio, che può suonare anche come una sfida alla società civile: dare un seguito al suo libro, che potrebbe intitolarsi Quando il mondo si sveglia.
Il tema centrale resta uno: come fermare il genocidio, ovvero la distruzione del popolo palestinese in quanto tale, accompagnato da esecuzioni sommarie e sfollamenti forzati. «Il sacrificio è la risposta all’impotenza. Dobbiamo rinunciare a un po’ del nostro comfort per non sacrificare un popolo» ha ribadito, invitando a riflettere su quanto la terra rappresenti per un popolo indigeno: non solo un luogo da abitare, ma parte stessa della propria identità, parte di sé.
Le azioni concrete passano per il boicottaggio: «Rifiutiamo i prodotti “made in Israel”, le banche armate e i partenariati di ricerca dual-use. Facciamo scelte etiche: è un gesto d’amore verso noi stessi e verso il popolo palestinese».
Un segnale incoraggiante è arrivato a luglio, quando 30 nazioni si sono riunite a Bogotá – tra cui Cina, Spagna e Qatar – per discutere misure concrete contro il genocidio e per la fine dell’occupazione israeliana. «L’Italia purtroppo era assente» ha sottolineato Albanese.
Secondo la relatrice ONU, serve una mobilitazione dal basso per costruire una reale opzione pacifista. La Palestina oggi è «uno specchio che rivela l’abominio degli ultimi vent’anni, una lotta non solo per i confini, ma soprattutto per le risorse, frutto di un sistema che produce mostri ben oltre i confini del Medio Oriente.
Non possiamo accettare di ridurci a meri consumatori, complici passivi di questa realtà» ha concluso, rilanciando la partecipazione a iniziative pacifiste e nonviolente come la marcia per la pace Perugia-Assisi del 12 ottobre, alla quale sarà presente. «Il pacifismo è decostruzione del patriarcato, è preservare il pianeta che abitiamo. Unione dei popoli, unione delle lotte!».
L’evento si è chiuso con un omaggio alla Global Sumud Flotilla e un collegamento con la flotta, seguito dal tradizionale firma-copie del libro.
Ci vuole coraggio per dire ciò che altri tacciono, per denunciare complicità scomode e per sfidare governi e istituzioni. In un panorama politico e mediatico dominato troppo spesso dalla prudenza calcolata, la figura di Francesca Albanese si staglia come quella di una donna capace di unire fermezza e passione, portando avanti una battaglia che non appartiene solo alla Palestina, ma all’umanità intera. Una donna con la convinzione che la verità, anche quando scomoda, sia l’unico strumento di cambiamento.