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Francia, crisi di governo e anche presidenza a rischio

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Forzatura del Primo ministro Michel Barnier sui tagli sulle pensioni con decreto governativo, e i partiti di sinistra e di destra, decidono la sfiducia, il voto forse già domani. Contro il governo e contro Macron che lo ha voluto rompendo la tradizione costituzionale dell’incarico a chi vince le elezioni.
‘Governo Barnier con il mandato più breve nella storia’, ironizza la sinistra vincente guidata da Jean-Luc Mélenchon. Subito dopo, il Rassemblement National di Marine Le Pen, ha confermato che voterà insieme alla sinistra per far cadere il governo.
È dal 1962 che nessun governo francese è stato costretto a lasciare con un voto di sfiducia. Francia nella sua seconda crisi politica in sei mesi.

La Francia di Macron nel caos

Il gollista Barnier inventato da Macron a capo di un governo minoritario inciampa sulla sua debolezza prepotente (legge di bilancio senza voto dell’assemblea), e sinistra e destra ‘lepeniana’ si accordano per votare la censura, e sarebbe la sfiducia. Impossibile tornare a votare, quasi impossibile un’altra maggioranza: quasi la fine della Quinta Repubblica.

https://www.rainews.it/articoli/2024/12/francia-raggruppamento-nazionale-votera-la-mozione-di-censura-governo-barnier-appeso-a-un-filo-52d5bb4b-a3f0-48cb-80d4-a5858fecd995.html

Al mercato degli sconti di bilancio

“Il mio metodo è fatto di ascolto e dialogo. Sono arrivato alla fine del dialogo”, fa il duro il primo ministro davanti all’Assemblea nazionale, ricorrendo all’offesa letale: l’approvazione senza il voto dei parlamentari, eccezione costituzionale consentita ma politicamente mortale. Previdenza sociale, uno dei pilastri del bilancio 2025, modifiche per decreto. E la politica tutta, si ribella. Michel Barnier se ne torna nel limbo gollista, ma è il presidente Macron il bersaglio grosso a rischio. Sei anni di continue crisi, dai gilet gialli in poi in una spirale continua che stritola Macron e la formula stessa della Quinta Repubblica.

Dopo Barnier cosa? Il ‘dopo Macron’?

Dopo le legislative del giugno scorso, c’è una sorta di ‘anno bianco’ che vieta il ritorno alle urne in caso di crisi di governo. Se i seggi dei deputati non sono in gioco, l’ok alla censura diventa praticamente certo. Dopo il crollo, che tutti danno per certo, c’è il vuoto (quale altra maggioranza?) che probabilmente Barnier riempirà gestendo gli ‘affari correnti’ e tentando di evitare la crisi del debito che i mercati e le cancellerie europee temono potrebbe contagiare tutta l’Unione, denuncia l’HuffPost. Gli scenari di instabilità agitano i mercati con l’euro che perde su dollari e sterlina. Mentre a Parigi sono tutti concentrati a spulciarsi la Costituzione per trovare una qualche scappatoia non ‘golpista’.

Le trovate costituzionali azzerate

Ma tutti sanno che se il bilancio 2025 non è approvato, c’è il rischio che gli uffici pubblici non possano pagare gli stipendi. «Uno ‘shutdown all’americana’», lo descrive Angela Mauro. E le trovate costituzionali alla Macron sembrano azzerate. Barnier che resta per gli ‘affari correnti’: la Costituzione consente al governo una “legge speciale” in attesa del vero bilancio 2025. Ma anche la legge speciale deve essere approvata in Parlamento. E se viene rigettata? Una situazione di blocco istituzionale mai accaduta prima. Con l’articolo 47, che permetterebbe al primo ministro di chiedere «urgentemente al Parlamento l’autorizzazione a riscuotere le imposte» e andare avanti con decreto a trovare i soldi.

Equivoco governativo e interessi personali in campo

Dunque domani, mercoledì 4, il giovane governo del vecchio Barnier potrebbe trasformarsi da minoritario in ‘governo di transizione’ verso governo ignoto. Con Le Pen che ha molta fretta politica personale: indagata per uso improprio di fondi elettorali europei, l’inchiesta potrebbe costarle una condanna con conseguente ineleggibilità. La sentenza è prevista il 31 marzo prossimo. E Marine Le Pen potrebbe veder sfumare per sempre il sogno di diventare presidente della Repubblica. A meno di riuscire ad anticipare le presidenziali, cioè, cacciare prima Macron e prenderne il posto sulla scia del ‘trumpismo’ che attraversa l’Atlantico. E conquistare l’immunità prevista per il capo dell’Eliseo.

Il macronismo nelle crisi globali

Nel 2019 dal movimento dei gilet gialli. Il covid mette la museruola ai disordini, e nel 2022 la rielezione al ballottaggio su Le Pen. Governo Borne e l’irrisolta legge sulla previdenza, stesso scenario dell’attualità col bilancio 2024 deciso per decreto. A gennaio il presidente manda in pista il giovane Gabriel Attal che dura solo sei mesi. La sera delle europee di giugno il capo dell’Eliseo ammette la sua disfatta e annuncia le legislative anticipate. Furberia punita con il fronte delle sinistre unite che si classifica al primo posto ma non ottiene come da tradizione costituzionale l’incarico di governo. A settembre, Macron inventa il governo Barnier, esecutivo di minoranza che punta a reggersi sulla clemenza di Marine Le Pen.

Governo e presidente di transizione?

Barnier, vittima del vento sovranista che dai tempi del divorzio tra Londra e il continente, passando per la prima presidenza di Donald Trump e la seconda che sta per iniziare, va travolgendo la politica tradizionale delle due sponde dell’Atlantico, stritolando anche Macron che resiste invocando l’ennesimo miracolo. E torniamo ad Agela Mauro.

«Venerdì scorso, altra giornata nera di trattative finite male tra il governo e Le Pen, il presidente era a visitare il cantiere di una Notre Dame in procinto di riaprire dopo il restauro. Oggi è in Arabia Saudita dal principe Mohammed Bin Salman. Tutto crolla, tranne lui. Almeno finora».

03/12/2024

da Remocontro

Ennio Remondino

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