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Francia, eutanasia politica di un grande Paese

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Politica estera

17/10/2025

da Remocontro

Piero Orteca

Tra i molti modi di suicidarsi politicamente in Francia si sfiora l’autolesionismo. Con un nuovo esecutivo raffazzonato, che nasce già morto, sulla base di patti che nessuno sarà capace di onorare. Sèbastien Lecornu spedito per la seconda volta a incollare i cocci di un sistema parlamentare polverizzato, ieri ha scansato, per il rotto della cuffia, ben due ‘sfiducie’. Tutto perché il Presidente si rifiuta di dare un taglio netto alla crisi, dimettendosi o andando a nuove elezioni.

Macron-Lecornu

  • Non ha capito che il destino politico della Francia, a questo punto, non lo decide più lui. No, l’ultima parola spetta ai mercati e alle società di rating. A Lecornu non basterà convincere i socialisti e dargli il voto.

Il Parlamento come il castello di Macbeth

Il Primo ministro incaricato esce stremato da un duro periodo di confronti politici, necessari per assemblare partiti e gruppi particolarmente rissosi e consci di ‘poter chiedere’, vista la debolezza attuale della leadership macroniana. Intendiamoci, nessuno è talmente ‘patriota’ da sacrificare le ambizioni di parte: un eventuale sostegno al governo deve collimare con l’interesse specifico del partito. Non tanto e non solo per quanto riguarda la spartizione delle poltrone, ma soprattutto per i provvedimenti riguardanti la spesa sociale. A cominciare da pensione e previdenza. Sono quelli i cavalli di battaglia che alimentano il consenso elettorale. E che rappresentano l’incubo notturno per Macron e Lecornu, visto che i conti pubblici francesi stanno andando a ramengo. La data che fa impallidire tutti è quella della fine di ottobre, quando dovranno essere votate le leggi bilancio. Macron aveva annunciato la riforma del sistema pensionistico (peggiorativa, ovviamente) pressato dai deficit crescenti. Diciamo che grosso modo avrebbe alzato l’età media per l’accesso alla pensione di circa quattro anni. Per non parlare del carico fiscale, tutto da rivedere. Insomma, una dichiarazione di guerra sociale, invocata come necessaria per ‘aggiustare’ i conti pubblici. Naturalmente, anche in Parlamento è cominciato un fuoco di sbarramento sostenuto, mentre nella società civile dilagavano gli scioperi e la gente comparava sbalordita i tagli alle prestazioni sociali, con le vanterie relative alle spese per il massiccio riarmo. Alla fine, le ‘estreme’, Rassemblement National di Le Pen e Bardella (RN) e La France Insoumise (sinistra-sinistra di Jean-Luc Mèlenchon) hanno presentato due mozioni di sfiducia (censure) per affondare il nuovo tentativo di Lecornu di formare un governo.

Il ‘Pronto soccorso’ dei socialisti

La votazione sulle sfiducie è stata condivisa totalmente dall’opposizione solo per il documento presentato da France Insoumise, che è arrivato a 271 favorevoli. Sono mancati solo 18 voti perché Lecornu fosse costretto ad abbandonare Matignon poche ore dopo esserci entrato. A sostegno della censura di Mèlenchon, dunque, si è espresso anche il partito della Le Pen. Quest’ultimo, per la sua mozione, ha invece raccolto solo 144 voti. «L’Assemblea Nazionale – scrive Le Figaro – potrà ora concentrarsi sulla votazione dei testi di bilancio: la legge finanziaria e legge sulla previdenza sociale. Dovrebbero essere ampiamente modificati da entrambe le camere del Parlamento, poiché Sébastien Lecornu ha rinunciato all’articolo 49.3 della Costituzione, che consente l’adozione di un testo senza votazione. Nel dettaglio, i deputati del RN e i loro alleati del ‘Ciottisme’ hanno sostenuto entrambi i testi. Tuttavia, i parlamentari di France Insoumise non hanno votato a favore della mozione di censura da loro presentata. Lo stesso vale per i rappresentanti eletti comunisti e verdi. Come previsto, i socialisti non hanno sostenuto nessuna delle mozioni dopo la sospensione della riforma delle pensioni. Solo sette deputati del PS hanno sfidato l’ordine votando a favore della censura. Inoltre, come previsto, nessun membro del ‘blocco centrale’ ha censurato Sébastien Lecornu».

Già aumentano le richieste

Il punto debole di tutto il castello (di carte) costruito con grande velocità e altrettanto grandi promesse da Lecornu è certamente il ruolo che avrà il Partito socialista. Che rischia moltissimo, soprattutto perché sta avallando la nascita di un governo che, per dirla all’americana, ha una ‘mission impossible’, visti i numeri che dovrebbe far quadrare nel bilancio dello Stato. Ma viste anche e soprattutto le turbolente aspettative di milioni e milioni di pensionati (si parla di un numero record superiore ai 17 milioni). Proprio per mettere le mani avanti, il deputato Laurent Baumel ha assicurato che «la non censura del Partito Socialista non costituisce in alcun modo un patto di non censura». «La rinuncia all’articolo 49.3 – ha avvertito il rappresentante socialista – non vi esonera dalla responsabilità di fare nuove concessioni sulla traiettoria finanziaria, sulla giustizia sociale, sul potere d’acquisto, se volete, se vogliamo che la Francia abbia un bilancio e un governo alla fine di quest’anno». Altrettanta chiarezza Baumel ha espresso sulla riforma delle pensioni: «Non ci saranno truffe o inganni procedurali. Siete voi i garanti che, al termine del processo, la sospensione diventerà una realtà giuridica. La sopravvivenza stessa del vostro governo è ora legata a questo impegno».

Il giudizio finale spetta al rating

Incertezza, instabilità politica, crisi ripetute, incapacità di varare politiche di risanamento nel lungo periodo. Gli Outlook delle società di rating sulla Francia sembrano fatti col ciclostile e non promettono nulla di buono. Soprattutto perché i ‘downgrade’ del debito sovrano annunciati sono stati poi regolarmente inflitti, facendo lievitare la spesa per gli interessi. E, come un cane che si morde la coda, allargando ulteriormente il debito pubblico. Insomma, il bandolo della matassa è scappato di mano e ora si campa alla giornata. Questo i mercati lo percepiscono. E lo puniscono. Dunque, Lecornu potrà fare i salti mortali al Martignoni, ma a rendergli giornate amare ci penseranno le prossime revisioni di Moody’s e Standard and Poor’s. Che si verificheranno proprio in prossimità dell’approvazione della legge di bilancio. Per ora, ci hanno già pensato Fitch e BRDS a ‘degradare’ la Francia sul campo. Mentre Scope ha elaborato un Outlook che più ‘negative’ non si può.

  • Ma Macron non si fa impressionare. In fondo la Francia è il Paese dove chi non aveva il pane, veniva invitato a mangiare le brioches. E, quasi allo stesso modo, i poveri pensionati con trattamenti da fame, ma che vivono in una grande democrazia occidentale, hanno comunque il diritto di scioperare. La democrazia è salva.

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