10/11/2025
da Left
Affitti brevi, salari bassi, case popolari fantasma: l’Italia ha un’emergenza abitativa che chiama in causa il governo Meloni
Carla ha quasi 50 anni. Un tirocinio formativo da 500 euro al mese, cui aggiunge poche ore a settimana come lavoratrice delle pulizie. Una madre che vive con lei e che contribuisce alle spese, per quanto una pensione minima permetta. A febbraio, per fine locazione, Carla è stata sfrattata dall’appartamento in cui viveva in affitto, 600 euro al mese. Non le hanno proposto alcuna proroga. Eppure Carla è quella che in banca chiamerebbero “buona pagatrice”: mensilità pagate sempre, sempre per tempo.
In una città come Napoli non basta più. Il proprietario dell’immobile ha deciso che Carla e la madre dovevano andar via perché lì non c’era più posto per una famiglia nata, cresciuta, vissuta da generazioni al centro della città. Quel posto, oggi, è per i turisti che affollano la città.
Carla è stata sfrattata non perché morosa, ma perché il proprietario ha deciso che doveva fare più soldi. Gli affitti brevi si sostituiscono ai “lunghi” non perché i proprietari hanno paura di trovare inquilini morosi e difficili da buttar fuori, ma perché vogliono fare più soldi.
Oggi Carla è riuscita a trovare un altro appartamento, ma solo con contratto a uso transitorio. Da 600 euro al mese l’affitto è schizzato a mille euro. Sta cercando un’altra casa, ma non la trova. Non a un costo accessibile con i bassi salari che continuano a piagare la nostra città. Non certamente in quei luoghi della città che lei e la mamma hanno sempre vissuto, nei quali hanno costruito abitudini, conoscenze, relazioni. In una parola: vita.
In che modo la politica sta affrontando le questioni che solleva la storia di Carla? Una storia che non è individuale, ma sempre più di tante e tanti nelle città metropolitane.
Tra il 2022 e il 2023 gli affitti sono schizzati in alto del 14,2% nelle principali città italiane. Col picco di +19% a Milano e un enorme +15,8% a Napoli. La vicina di Carla è una donna di 80 anni. Da poco vedova. Morto il marito non sa più come sostenere il peso di un affitto da 750 euro per una stanza da letto e una cucina. Sta per trasformarsi in “morosa”. Rischia di essere sfrattata tra non molto. “Morosità incolpevole” la chiamano: quando non paghi non perché vuoi fare il furbo, ma perché non riesci più a sostenere il peso dell’affitto. Perché magari sei stato licenziato, perché è scaduto il contratto di lavoro, perché ti sei ammalato o perché è morta la persona che contribuiva in maniera decisiva alle spese.
Quali strumenti la politica mette a disposizione di persone come Carla e la sua vicina? Il governo Meloni ha portato in Parlamento una norma che prevede lo sfratto rapido di chi non paga anche solo due mensilità consecutive. Esultano quelli che “la proprietà privata è sacra”. Ma la domanda che dovremmo farci è: dove andranno a finire le Carla di questo Paese? A dormire in macchina o sotto a un ponte? La stessa Onu prevede il principio “da casa a casa” e cioè la necessità di individuare una soluzione abitativa alternativa prima di procedere a uno sfratto, a maggior ragione dove ci sono condizioni di sofferenza e fragilità.
La verità del nostro Paese, però, ci dice che queste alternative spesso non ci sono. Non ci sono nel mercato privato, perché i prezzi degli affitti sono schizzati e sono sempre più insostenibili per salari da fame e fermi.
Non ci sono nemmeno nel pubblico. La disponibilità di case popolari è inesistente: se qualche anno fa in Italia 4 immobili su 100 erano case popolari, oggi la percentuale è scesa ulteriormente e siamo crollati a un misero 2-3%. In Francia sono 16 su 100; nel Regno Unito 18 su 100; in Olanda addirittura 30 su 100.
Nella Regione in cui vive Carla, la Campania, nel 2022 sono state aperte le procedure per l’iscrizione all’anagrafe del fabbisogno abitativo per i nuclei con ISEE massimo di 15.000 euro: nel febbraio 2023 è stata pubblicata la graduatoria. Il risultato? 31mila nuclei familiari idonei, di cui circa 9mila nel solo comune di Napoli.Provate a indovinare a quante case popolari potranno accedere le famiglie in graduatoria nel capoluogo partenopeo? A febbraio 2023 Napoli Servizi lo comunicava ufficialmente: solo 23 alloggi disponibili.
Giorgia Meloni al meeting di Comunione e Liberazione aveva affermato:“Senza una casa è più difficile costruirsi una famiglia”. A queste parole ci si sarebbe potuti aspettare facesse seguito un Piano Casa, con lo stanziamento delle risorse necessarie, ad esempio, per rimettere a posto le 100mila case popolari vuote, inagibili, abbandonate; per acquisire nuovo patrimonio abitativo – a consumo suolo zero – fino a un milione di immobili, per rispondere al bisogno di un tetto delle 650mila famiglie che attendono nelle graduatorie. O, ancora, un tetto al prezzo degli affitti, magari parametrato all’inflazione, così da impedire ci siano altri Antonio, ricercatore universitario, che, sempre a Napoli, alla scadenza del contratto 4+4, si è visto fare un’offerta oscena: vuoi rimanere nella casa in cui vivi da anni e anni? Paga il doppio di quanto hai pagato fino a oggi, non più 750 ma 1.500 euro al mese. Antonio e la compagna sono stati sfrattati. Per far posto a una nuova famiglia, magari con maggiore capacità di spesa? Ovviamente no, via le famiglie e dentro i turisti! Sembra, invece, che l’urgenza del Governo Meloni non sia mettere un tetto sulla testa alle famiglie, ma toglierlo a chi oggi ce l’ha.

