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Gaza, accordo tra Hamas e Israele: cosa prevede la prima fase. E quali i nodi ancora da sciogliere del piano di Trump

Gaza, accordo tra Hamas e Israele: cosa prevede la prima fase. E quali i nodi ancora da sciogliere del piano di Trump

Politica estera

09/10/2025

da Il Fatto Quotidiano

Redazione

Dal cessate il fuoco tra 24 ore, al ritiro dell'Idf (che rimarrà comunque nel 53% della Striscia), passando dallo scambio di prigionieri dino l'ingresso degli aiuti

L’intesa è arrivata nella notte ed è stata annunciata direttamente da Donald TrumpIsraele e Hamas hanno raggiunto l’accordo a Sharm el Sheik. Le due parti hanno firmato la prima fase del piano per Gaza: cessate il fuoco, ritiro parziale dell’Idf dalla Striscia, rilascio degli ostaggi in cambio della liberazione dei prigionieri palestinesi e apertura dei corridoi di aiuti umanitari, sono i punti chiave. Per arrivare alla pace servono, però, ancora altri round di negoziati. Dei famosi 20 punti del piano del presidente Usa, infatti, rimangono ancora tanti nodi da sciogliere.

Il cessate il fuoco – Con l’ok del governo di Benjamin Netanyahu, Tel Aviv ratificherà ufficialmente l’intesa ed entro 24 ore scatterà il “cessate il fuoco totale“. Nella Striscia, infatti, ancora si continua a sparare. E sarà così, probabilmente fino a venerdì. Il portavoce di Hamas, Hazem Qassem, parlando ad Al Jazeera ha affermato di essere “in contatto con i mediatori per obbligare l’occupazione a rispettare quanto concordato e non permettere di procrastinare”, aggiungendo che si era parlato di “un cessate il fuoco a mezzogiorno di oggi, ma l’occupazione, per ragioni interne, sta rinviando l’annuncio ad altre date”.

Il ritiro dell’Idf (che rimarrà nel 53% della Striscia) – Nelle 24 ore successive alla ratifica dell’accordo dovrebbe iniziare il ritiro graduale e parziale delle forze israeliane dalla Striscia di Gaza. Secondo le mappe disegnate dal piano Trump, l’Idf dovrebbe indietreggiare dietro la “linea gialla” (da 1,5 km a oltre 5 km dentro il confine della Striscia a seconda della profondità delle zone di Gaza). Previsto il ritiro da Gaza City e dalle altre città, fatta eccezione per Rafah che Israele ritiene punto di ingresso di armi per Hamas. Il portavoce dell’ufficio del premier israeliano, Tal Heinrich, ha però specificato che l’esercito di Tel Aviv manterrà il controllo di circa il 53 per cento della Striscia.

Il rilascio degli ostaggi e la liberazione dei prigionieri palestinesi – Un altro punto centrale è il rilascio degli ostaggi israeliani (vivi e morti) in cambio della liberazione dei prigionieri palestinesi. Entro 72 ore dalla ratifica dell’accordo (probabilmente lunedì) saranno rilasciati gli ostaggi ancora in vita (si stima siano 20) e liberati 250 prigionieri detenuti da Israele e condannati all’ergastolo e 1.700 gazawi arrestati dopo il 7 ottobre 2023. La lista di questi ultimi non è ancora nota: il governo israeliano ha specificato che tra i rilasciati non ci sarà Marwan Barghouti, leader di Fatah, come richiesto da Hamas.

L’arrivo degli aiuti per i gazawi – L’accordo prevede l’apertura di 5 valichi di frontiera per consentire l’afflusso di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza, con l’ingresso di almeno 400 camion di aiuti al giorno nella fase iniziale. L’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa) ha salutato l’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas come un “enorme sollievo” e si è dichiarata pronta a “inondare” Gaza di cibo di cui c’è disperato bisogno. “L’Unrwa ha cibomedicine e altri beni di prima necessità da inviare a Gaza. Abbiamo abbastanza cibo per fornire cibo all’intera popolazione per i prossimi tre mesi”, ha dichiarato su X il direttore dell’agenzia, Philippe Lazzarini.

I nodi ancora da sciogliere – Per la fase due serviranno altri negoziati finalizzati a sciogliere diversi punti cruciali. Oltre a un ulteriore ritiro dell’Idf dietro la “linea rossa” (più esterna di quella “gialla”) c’è l’istituzione di una “zona cuscinetto” lungo il confine tra la Striscia e Israele. Il piano Trump prevede, tra i 20 punti, che nella seconda fase si arrivi alla creazione di un’amministrazione provvisoria internazionale a guida Usa, con la partecipazione di Paesi arabi e dell’ex premier Gb Tony Blair. Su questo punto Hamas ha bocciato qualsiasi amministrazione straniera o occidentale, mentre sarebbe aperto ad un governo tecnico palestinese “sotto l’egida dell’Anp”, garantito dai Paesi arabi e musulmani. È prevista inoltre l’istituzione di una Forza internazionale di stabilizzazione (Isf), con partner arabi e internazionali, da dispiegare “immediatamente” a Gaza. Altro nodo da sciogliere è quello relativo al disarmo di Hamas. Il portavoce del gruppo palestinese ha sostenuto che la questione non è stata affrontata nei colloqui: “L’arma della resistenza è legittima per difendere il nostro popolo e garantire l’indipendenza della decisione palestinese”, ha aggiunto. Nel piano di Trump è stato scritto che l’obiettivo finale è quello di creare le condizioni per un percorso credibile verso l’autodeterminazione e la statualità palestinese. Ma su questo resta il secco “no” di Israele.

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