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Gaza appaltata: fuori l’Unrwa, dentro le società trumpiane

Gaza appaltata: fuori l’Unrwa, dentro le società trumpiane

Politica estera

25/10/2025

da Il Manifesto

Eliana Riva 

Onu di troppo .La guerra Usa alle Nazioni unite passa per la Striscia. Washington manda i soldati, «allarga» la Ghf e ci infila dentro altri evangelici. Rubio attacca l’agenzia per i rifugiati palestinesi a due giorni dalla decisione della Corte internazionale che impone a Israele di garantirgli l’accesso. Netanyahu vede svanire la sua autorità: «Non siamo un protettorato americano»

L’egemonia statunitense che straborda da ogni paragrafo del progetto trumpiano per la Striscia di Gaza si sta materializzando. Le licenze più altruistiche che Washington è disposta a concedere riguardano la nomina di aiutanti e alleati, tutti nel ruolo di sottoposti, e l’assegnazione delle responsabilità economiche. Nella rigidità di un tale ordine gerarchico non c’è alcuno spazio per le decisioni di organismi internazionali e giudiziari, che non vengono nemmeno contestate ma semplicemente ignorate.

Proprio come accade per la Corte internazionale di giustizia (Cig). Il principale organo giudiziario delle Nazioni unite ha stabilito che l’agenzia Onu che si occupa dei profughi palestinesi deve riprendere le sue operazioni umanitarie a Gaza. Le accuse israeliane sui collegamenti tra l’Unrwa e il terrorismo sono insinuazioni prive di evidenze e riscontri legali.

EPPURE IERI, solo due giorni dopo la pubblicazione del parere consuntivo della Cig, il segretario di stato Usa Marco Rubio ha dichiarato che Washington non permetterà all’Unrwa di operare in supporto alla popolazione di Gaza. Ribaltando le conclusioni dei giudici del tribunale internazionale, ha dichiarato che l’agenzia «è diventata una filiale di Hamas».

L’Onu e le organizzazioni internazionali indipendenti, che dovrebbero accedere in libertà e urgenza nel territorio palestinese distrutto e affamato, sono considerate semplici strumenti. Washington permette loro di lavorare, come se fosse una concessione, solo alle proprie condizioni. Parlando dal Centro di coordinamento civile-militare (Cmcc) degli Stati uniti in Israele, Rubio ha dichiarato che gli Usa sono «disposti a collaborare con le Nazioni unite se riusciranno a far funzionare le cose».

E ovviamente chi non collabora viene estromesso da tutto ciò che riguarda Gaza. Tra gli enti che potrebbero lavorarci, Rubio ha nominato la Samaritan’s Purse, organizzazione evangelica statunitense da centinaia di migliaia di dollari di entrate annue, guidata da un alleato di Trump, il reverendo Franklin Graham.

A DIFFERENZA della maggior parte delle altre ong mondiali e di tutti gli organismi delle Nazioni unite, la Samaritan’s Purse ha collaborato con la cosiddetta Gaza Humanitarian Goundation (Ghf), creata da Israele e Usa per estromettere l’Onu dai meccanismi umanitari. L’operato della Ghf, guidata da un altro evangelico, il reverendo Johnnie Moore, è stato del tutto fallimentare e ha causato migliaia di morti tra i palestinesi in cerca di cibo.

Secondo le informazioni dell’agenzia Reuters, Washington starebbe valutando un piano per sciogliere la Ghf nell’altra organizzazione evangelica. «Amo la Samaritan’s purse», ha scritto a marzo su X il leader della Ghf. Il collega, Franklin Graham, ha rapporti privilegiati con Israele, che ha definito «il popolo eletto da Dio, l’unica democrazia in Medio Oriente e il nostro più vicino alleato». Graham è considerato il principale confidente e sostenitore di Trump nella comunità evangelica, parte significativa della base elettorale del presidente.

Il Centro di coordinamento civile-militare, che sorge a Kiryat Gat, nel sud di Israele, a pochi chilometri dal confine con Gaza, è stato realizzato dal Comando centrale degli Stati uniti (Centcom) e, secondo i piani, funge da «quartier generale della nascente forza a guida Usa, destinata a supervisionare l’attuazione del cessate il fuoco di Gaza». Dovrebbe ospitare militari e civili provenienti da vari Paesi ma nessuno che non sia gradito a Israele (Turchia e Qatar, ad esempio), come promesso dal vicepresidente Usa JD Vance.

ANCHE IL REGNO UNITO ha inviato delle truppe e, secondo Sky News, un ufficiale britannico sarà il vice degli Stati uniti. La presenza di militari internazionali su suolo israeliano, gestita esclusivamente dagli Usa, non è certo passata inosservata. «Non siamo un protettorato americano», ha dichiarato in inglese Benyamin Netanyahu poco prima del suo incontro con il vicepresidente Usa.

Il pellegrinaggio dei massimi esponenti del governo statunitense ha lasciato il premier israeliano con le ossa rotte. Guardato a vista dagli emissari del presidente Trump, tampinato dai militari americani e sotto la pressione dei rappresentanti internazionali (compresi quelli arabi), non riesce più a presentarsi come l’uomo che può manipolare Washington. Anzi, sono in crescita le critiche alla sua gestione politica anche all’interno della destra americana, soprattutto nel movimento Maga, dove si diffondono teorie complottiste sulle comunità ebraiche.

Mentre l’ombra del controllo americano si allunga su Gaza, nella Striscia le condizioni umanitarie non fanno che peggiorare. Le case rimangono a pezzi e i corpi giacciono sotto le macerie. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) chiede oramai quotidianamente che Israele apra tutti i valichi, anche per le evacuazioni mediche, che rimangono irrisorie. Ieri un bambino di otto anni è morto di epatite a causa della mancanza di cure.

AL RITMO ATTUALE, ha fatto sapere l’Oms, per evacuare 15mila persone che necessitano di trattamenti sanitari urgenti, serviranno dieci anni. Intanto, la Protezione civile della Striscia ha comunicato di aver portato a termine una sepoltura di massa: 120 corpi di persone uccise in varie aree della Striscia sono stati trasportati nei cimiteri. Ieri almeno due persone sono state ammazzate in un bombardamento israeliano a Deir el-Balah.

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