Hamas dovrebbe far conoscere oggi la sua risposta alla proposta egiziana per un accordo tra il movimento islamico palestinese e Israele che fermi la minacciata distruttiva invasione della città di Rafah da parte dall’esercito dello Stato ebraico e porti a un prolungato cessate il fuoco, in cambio della liberazione degli ostaggi israeliani a Gaza.
L’Egitto intanto ha invitato una delegazione israeliana a recarsi oggi al Cairo, dove è attesa anche quella di Hamas, per discutere della possibile intesa. L’invito, scrive il quotidiano Al-Arabi Al-Jadid, mira ad accelerare il negoziato e a fornire i necessari chiarimenti alle due parti. La delegazione israeliana, aggiunge il giornale, “sarà autorizzata a fornire risposte alle richieste presentate da Hamas, ma non sarà autorizzata a prendere decisioni o a presentare posizioni ufficiali”.
In queste ore circolano numerose indiscrezioni sulla bozza di accordo.
Secondo una di queste, l’intesa in discussione prevederebbe il rilascio di decine di israeliani sequestrati il 7 ottobre – secondo notizie diffuse nei giorni scorsi solo 33 sarebbero ancora vivi sui 134 nelle mani di Hamas e di altre organizzazioni combattenti – e includerebbero donne, anziani, malati, feriti e soldati. In base al numero di ostaggi rilasciati si deciderà la durata del cessate il fuoco che potrebbe essere anche di un anno.
Hamas oltre alla tregua chiederebbe il rilascio di 50 prigionieri politici palestinesi per ogni soldato sequestrato e di 30 per ogni civile. Lo scambio di prigionieri dovrebbe avvenire in due fasi, con intervalli di tempo di 10 settimane. Non è escluso che, per persuadere Israele a scarcerare detenuti palestinesi di primo piano o condannati all’ergastolo, i rilasciati possano andare in esilio all’estero. Alcune voci dicono che lo stesso capo di Hamas a Gaza e il primo dei ricercati da Israele, Yahya Sinwar, potrebbe andare in Egitto. Il movimento islamico ha rifiutato sino ad oggi l’idea della deportazione di prigionieri politici. Funzionari egiziani affermano che il Cairo spinge anche per il ritorno degli sfollati palestinesi nel nord di Gaza (sono oltre un milione), il ritiro di gran parte dell’esercito israeliano e la libertà di movimento della popolazione di Gaza.
Secondo altre indiscrezioni durante il cessate il fuoco verrebbero anche annunciate iniziative per la creazione di uno Stato palestinese.
Ad ammorbidire le posizioni del gabinetto di guerra israeliano hanno contribuito i video diffusi nei giorni scorsi da Hamas che mostrano alcuni ostaggi israeliani ancora in vita che chiedono di essere riportati a casa e rivolgono pesanti accuse al premier Netanyahu. Immagini che hanno alimentato il fuoco delle proteste delle famiglie dei sequestrati e degli israeliani favorevoli ad un compromesso con Hamas. Nell’esecutivo israeliano è scontro tra chi, come il leader del partito dell’Unione nazionale Benny Gantz, chiede di facilitare il raggiungimento di una intesa per il ritorno degli ostaggi, anche a costo di fermare l’attacco su Rafah, e coloro, come l’estrema destra, che minacciano di far cadere il governo se sarà accettata la proposta egiziana. “Accettare l’accordo egiziano sarebbe una resa umiliante”, ha commentato Bezalel Smotrich, ministro delle finanze e leader del partito Sionismo Religioso.
Dall’altra parte la leadership di Hamas pur proclamando la sua ampia disponibilità nei confronti della proposta israeliana, vuole chiarimenti su alcune espressioni usate da Israele che esprimono “intenzioni” o “disponibilità” verso alcune condizioni poste dagli islamisti palestinesi – come il ritiro da Gaza e un cessate il fuoco totale – ma che non affermano un impegno definitivo e chiaro.
29/04/2024
da Pagine Esteri