Terra rimossa Il New York Times: Netanyahu ha usato la guerra per restare in sella. Lazzarini (Unrwa): «È un cimitero di bambini e di affamati». Altre due settimane per annunciare un accordo. Prima che la Knesset chiuda per ferie
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha lasciato gli Stati uniti senza alcuna dichiarazione significativa sul cessate il fuoco a Gaza. Il presidente americano Trump continua a ripetere da settimane che un accordo è vicinissimo e in molti credevano che la visita dell’alleato alla Casa bianca fosse l’occasione giusta per una delle sue eclatanti dichiarazioni. È possibile che i due abbiano parlato più dell’Iran che della martoriata Striscia, anche se Bibi ha affermato che discute ogni giorno con Trump sulla sorte degli ostaggi.
In Qatar i negoziati sembrano essere giunti a uno stallo e a meno che Netanyahu, appena rientrato a Tel Aviv, non dia nuovi ordini ai suoi mediatori, la strada è ancora in salita. Da ciò che sappiamo, a Doha si continua a parlare delle zone di ritiro dell’esercito israeliano. Il cuore della questione potrebbe riguardare il cosiddetto «asse Morag». Si tratta dell’ultimo corridoio creato da Israele per tagliare Gaza dal confine al mare e separa Rafah da Khan Younis. È fondamentale per garantire la gestione degli aiuti umanitari da parte della fondazione israelo-americana Ghf. E rappresenta uno dei confini militarizzati dell’area in cui il ministro della difesa Katz ha dichiarato di voler chiudere l’intera popolazione. Alcune fonti ritengono che un ritiro parziale di Israele dall’asse potrebbe essere ora più probabile. Anche se Tel Aviv fa di tutto per assicurarsi, in futuro, la possibilità di entrare velocemente in profondità e utilizzare il controllo dei due corridoi (Morag e Filadelfia) per concentrare i palestinesi ai confini con l’Egitto ed eventualmente trovare un modo per espellerli, al momento giusto, nel Sinai.
L’INVIATO SPECIALE di Trump in Medioriente, Steve Witkoff, raggiungerà presto il Qatar per presenziare ai negoziati. C’è la possibilità che un accordo non venga annunciato prima di due settimane. È il tempo che rimane alla chiusura della sessione estiva della Knesset (il parlamento israeliano), prevista per il 27 luglio. «Se sopravvive a questo periodo senza mozioni di sfiducia, la stabilità della coalizione di Netanyahu sarà assicurata almeno fino alla fine di ottobre», scriveva ieri Haaretz. Anche i tribunali stanno per entrare in un periodo di pausa e prolungare i negoziati potrebbe rappresentare (come l’attacco all’Iran e altre «urgenze» di guerra), l’occasione per ritardare udienze e controinterrogatori nel processo in cui è imputato per corruzione.
CHE IL PROSEGUIMENTO dei bombardamenti a Gaza sia utilizzato dal premier per garantirsi la salvezza politica è cosa ormai nota e dimostrata. Proprio ieri un’inchiesta del New York Times è tornata sull’argomento, utilizzando testimonianze e documenti per provare quanto i calcoli di Netanyahu abbiano avuto un ruolo fondamentale nelle decisioni su Gaza. Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, in molti ritenevano che la sua carriera fosse giunta al termine. Ma il premier è riuscito a utilizzare la guerra (e le guerre) per mantenere unita la sua coalizione e rilanciare la sua immagine pubblica. «Le decisioni di Netanyahu – scrive il giornale statunitense – a volte sono state dettate prevalentemente da bisogni politici e personali invece che da pure necessità militari o nazionali». L’indagine dimostra che dinanzi alle minacce dei suoi alleati più estremisti (come quelle del ministro delle finanze Bezalel Smotrich), il premier ha deciso di continuare gli attacchi, anche contro il parere dei vertici militari.
A GAZA, INTANTO, l’esercito continua a emettere ordini di evacuazione. Anche per quelle zone che ospitano quasi esclusivamente palestinesi già sfollati. I militari hanno intimato ai residenti di Tel al-Hawa e di aree del quartiere meridionale di Rimal, a Gaza City, di evacuare in fretta, perché presto attaccheranno con «estrema forza». Sono zone che ospitano decine di migliaia di profughi, persone più volte cacciate da case e tende. Il complesso universitario e la sede dell’Unrwa sono stati trasformati in rifugi e anche se già bombardati, molte famiglie vi si riparano e altre hanno costruito tende di fortuna nelle vicinanze, in una sorta di campo sovraffollato e in condizioni umanitarie disperate. Il corrispondente dell’agenzia palestinese Wafa ha raccontato che tra le scene di paura e caos, in molti hanno deciso di non andar via, consapevoli che le bombe colpiscono qualsiasi zona e qualsiasi edifico, in maniera indiscriminata.
SECONDO GLI ORDINI militari, tutti dovrebbero spostarsi verso Khan Younis, nella zona cosiddetta «umanitaria» di al-Mawasi. Tanto sicura che due giorni fa l’esercito l’ha assaltata con le ruspe, distruggendo decine di tende, rifugi poveri fatti di plastica e stracci, dove dormono famiglie numerose che conservano il poco che ancora hanno a disposizione. Dopo l’appiattimento, le persone hanno passato ore a cercare tra le rovine qualcosa che potesse essere recuperato. I militari hanno anche distrutto carri e mezzi di trasporto e scavato tra le tombe di un cimitero, portando via alcuni dei corpi.
INTANTO I TESTIMONI raccontano che la fame si vede in ogni angolo. Il capo dell’Unrwa (Onu) Lazzarini, ha dichiarato che Israele ha trasformato Gaza in un «cimitero di bambini e persone affamate». Mentre le Nazioni unite fanno sapere che il sistema di distribuzione della Ghf ha causato la morte di 798 persone alla ricerca di cibo, la fondazione israelo-statunitense si vanta di aver «reinventato la fornitura di aiuti nelle zone di guerra».
Nella Cisgiordania occupata, ieri, un palestinese è stato ucciso e nove sono stati feriti da israeliani nell’area di Ramallah. I coloni hanno attaccato i residenti e i volontari internazionali e hanno assaltato, danneggiandole, due ambulanze.
12/07/2025
da Il Manifesto