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A Gaza la tregua è una parola fuori dalla realtà

A Gaza la tregua è una parola fuori dalla realtà

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25/11/2025

da La Notizia

Giulio Cavalli

Ci sono parole che non reggono più il peso della realtà. “Tregua”, per esempio. Basta guardare le ultime ventiquattr’ore: a Gaza si recuperano altri corpi dalle macerie ad Al-Maghazi, i bombardamenti su Gaza City e Khan Yunis fanno nuovi morti, le tende gelano nella notte e una famiglia costruisce un muro di fango per ripararsi dal vento. Nelle immagini circolate ieri si vede l’altalena di un bambino ucciso, rimasta appesa al soffitto di una casa sventrata. È così che si misura il fallimento di una parola.

Israele intanto colpisce Beirut per la prima volta da mesi e uccide il capo di Stato maggiore di Hezbollah. Cinque morti, venticinque feriti. Washington — dicono le agenzie — non era stata informata. L’esercito parla apertamente di “risposte sproporzionate” a eventuali ritorsioni, mentre a nord cresce la paura di un’altra guerra. A Gerusalemme Est i servizi chiudono un teatro palestinese durante un evento per bambini: perfino le fiabe diventano un sospetto.

Sul terreno la “tregua” ha l’aspetto di soldati che sparano tra le rovine, come nel video che rimbalza ovunque con la frase «Ceasefire is boring». Ha l’aspetto del corpo di un ostaggio recuperato a Nuseirat, e dei robot esplosivi piazzati nei quartieri di Gaza. Ha l’aspetto di un lessico che non salva più nessuno, sospeso tra la diplomazia e il fumo nero che sale dalle macerie.

La chiamano tregua. Forse per abitudine, forse per convenienza. Ma se tutto questo è tregua, allora la pace è un fantasma che non si vede più. E mentre il mondo discute, Gaza continua a essere un luogo dove si sopravvive più che vivere, dove persino le parole chiedono di essere liberate dalla menzogna.

Tutti gli occhi devono restare su Gaza. Sempre.

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