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Gaza oggi e domani: 60mila uccisi accertati e la carestia alle porte

Gaza oggi e domani: 60mila uccisi accertati e la carestia alle porte

Palestina. Un bilancio sottostimato: mancano i dispersi. Allarme disperato dell’Onu: «Mai visto niente di simile in questo secolo, è come il Biafra». Netanyahu pianifica l’annessione di pezzi di Striscia, il ministro Katz annuncia: non ci ritireremo mai

Un palestinese di Gaza su 37 è stato avvolto in un sudario bianco, in un lenzuolo, o magari soltanto in una busta di plastica perché anche di sudari c’è carestia. Se li mettessero uno in fila all’altro coprirebbero 80 chilometri. Custodiscono i resti di sessantamila persone, le vittime accertate del genocidio in corso da ventidue mesi.

MIGLIAIA DI ALTRE persone non hanno avuto nemmeno la dignità della sepoltura. Sono 15mila, forse 20mila, i dispersi sotto le macerie delle case di Gaza. Di molti non resta niente, neanche un osso. Sono stati polverizzati dalle esplosioni o spianati dai bulldozer che – meticolosi e a costi esplosivi che garantiscono agli appaltatori privati israeliani profitti da capogiro – hanno cancellato intere città. Come non fossero esistite mai.

Che il bilancio del genocidio sia al ribasso lo dicono da mesi esperti e istituzioni internazionali. Difficile, impossibile, determinare un numero preciso: anche a questo serve il caos, la frantumazione delle reti sociali e comunitarie. Con le famiglie palestinesi sfollate più e più volte, non c’è nessuno che possa accorgersi se all’appello manca qualcuno. Fingiamo che siano «solo» 60mila. Significa, appunto, un palestinese su 37, una media di 90 ammazzati al giorno. È meno della media delle ultime settimane, con un’escalation della violenza militare israeliana che non ha altra spiegazione logica se non lo sterminio.

Da domenica si ammazza di notte, per lo più: la «pausa tattica» di dieci ore al giorno su un pezzo della Striscia non significa che si bombarda di meno, ma che si bombarda meno alla luce del sole. Il resto avviene nelle tenebre in cui Gaza è avvolta da quasi due anni perché non esiste più rete elettrica. Non c’è carburante neanche per i generatori, Gaza sopravvive alle fiamme tremule delle candele, quando ci sono, o dei fuochi accesi con i rifiuti. Lo avevano promesso tanti governi israeliani prima di questo, di riportare Gaza al Medioevo, ci sono riusciti.

Di quei 60mila morti accertati, 18.600 sono bambini (il 31% del totale), quasi 10mila donne (il 16%) e il 7,3% anziani. Il resto sono uomini in età da lavoro, quelli che Israele categorizza combattenti solo in quanto tali. Tra lunedì pomeriggio e ieri pomeriggio i palestinesi uccisi sono stati 113, tra loro 22 che stavano cercando di recuperare un po’ di cibo.

           

È L’ALTRA FACCIA dell’orrore, la carestia. Ieri le Nazioni unite hanno lanciato allarmi impressionanti, nelle stesse ore in cui al Rantisi Hospital di Gaza City la piccola Judi al-Arour, sei mesi, si aggrappava alla vita: pesa due chili, dovrebbe pesarne sei, la nonna dice che «non c’è niente, solo ossa». Secondo i medici, «se anche ricevesse il cibo appropriato, il suo corpo ha subito danni permanenti e irreparabili». Le funzioni cognitive non si recuperano. È lo stesso destino a cui va incontro un numero impressionante di bambini, un terzo del totale, 300mila.

«Non assomiglia a nulla di quanto visto in questo secolo – ha detto ieri Ross Smith, direttore delle emergenze per il World Food Programme – Ricorda i disastri in Etiopia o in Biafra del secolo precedente». Quelli che uccisero un milione di etiopi tra il 1983-84 e un altro milione nella regione secessionista della Nigeria tra il 1967 e il 1970.

Poco prima l’Integrated Food Security Phase Classification (Ipc), organizzazione internazionale di monitoraggio della sicurezza alimentare, ha annunciato che la carestia di massa sta per esplodere. Potrebbe dichiararla a breve, ripetendo pochi casi nella storia recente, la Somalia nel 2011, il Sud Sudan nel 2017 e 2020 e il Darfur nel 2024: «Crescenti prove mostrano che la fame diffusa, la malnutrizione e le malattie stanno provocando un aumento delle morti».

È il frutto di cinque mesi di blocco pressoché totale degli aiuti da parte israeliana, che non è stato certo mitigato dalla umiliante «distribuzione» dei pacchi alimentari della ong statunitense Ghf (subito svelata essersi un’esca per massacri) e dall’ingresso di qualche decina di camion dell’Onu. Ieri ne sono entrati 73, ne servirebbero almeno 600-700 al giorno. Il segretario generale Antonio Guterres ha ripreso l’allarme dell’Ips su X: «I fatti sono innegabili, i palestinesi stanno vivendo una catastrofe umanitaria di proporzioni epiche».

E MENTRE l’ex procuratore generale israeliano Michael Ben-Yair scrive su X che «gli ebrei, che hanno subito un genocidio 80 anni fa, ne stanno commettendo uno a Gaza», la stampa israeliana riporta i contenuti ufficiali e ufficiosi del gabinetto di lunedì sera: il primo ministro e ricercato per crimini di guerra contro l’umanità, Benjamin Netanyahu, sta per proporre un piano di annessione di pezzi di Gaza. Partirà a breve a meno che Hamas non accetti la proposta Witkoff di cessate il fuoco. L’obiettivo è storico (prendersi altra Palestina) e politico (tenere a bada l’ultradestra, contraria a incrementare l’ingresso di cibo).

Prima toccherà alla buffer zone, la fascia orientale, poi al nord della Striscia. Fino ad arrivare a sud. Fonti stampa riportano che Tel Aviv avrebbe già incassato il via libera del presidente Usa Trump. Il gabinetto avrebbe discusso anche di un nuovo piano di assedio totale, che taglierebbe fuori ogni tipo di aiuto umanitario. In ogni caso, e questo lo dice il ministro della difesa Katz, l’esercito israeliano non si ritirerà mai da Gaza, esattamente come avviene in Cisgiordania, tregua o meno.

30/07/2025

da Il Manifesto

Chiara Cruciati

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