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Gaza, tredici vittime. A Deir al-Balah strage di bambini

Gaza, tredici vittime. A Deir al-Balah strage di bambini

Terra rimossa. Erano in fila con le madri per ricevere latte artificiale e medicine. Katz lancia il piano per rinchiudere la popolazione di Gaza in un recinto

Lo strazio delle madri all’ospedale dei Martiri di Al-Aqsa dovrebbe bastare da solo a risvegliare il mondo intero. Li avevano vicini o tra le braccia quei figli, all’alba di ieri, in fila per ricevere supplementi nutrizionali, latte artificiale e medicine. Qualcosa che gli permettesse di continuare a crescere nonostante la fame. Le urla che si sollevano tra la polvere del bombardamento israeliano sono agghiaccianti. I video girati da chi per primo è giunto sul posto mostrano decine di corpi stesi a terra, sanguinanti. Qualcuno dei bambini si muove ancora, a scatti, tenta di prendere aria. Una donna scuote invano il volto di un neonato, come se volesse risvegliarlo dal sonno. Quelli che si muovevano in gruppo sono stati ammazzati insieme, sul posto, i corpi si toccano, gli occhi sbarrati sembrano ancora capaci di vedere. Alcuni dei bambini sono stati messi su un carretto per essere portati via.

SONO ALMENO sedici i palestinesi uccisi a Deir al-Balah, nel centro della Striscia di Gaza. Dieci erano bambini, il più piccolo aveva due anni, il più grande quattordici. Tre erano donne. All’ospedale, tra i sacchi bianchi che avvolgono i cadaveri ci sono anche figli, accorsi a piangere le madri. L’esercito israeliano ha detto di aver preso di mira un membro di Hamas, che «si rammarica per qualsiasi danno causato ai civili non coinvolti e lavora per ridurre al minimo tali danni». L’attacco è stato effettuato senza alcun preavviso tra la folla che si recava presso una clinica sanitaria, la cui posizione era stata condivisa con l’esercito. È solo una delle centinaia di orribili stragi di Gaza. Questa, come tante altre, è avvenuta mentre si parla di cessate il fuoco e sono in corso negoziati tra Hamas e Israele. Colloqui che non dovrebbero neanche esistere, per il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir. Il solo parlare di pace, secondo il suprematista religioso ebraico, mette in pericolo i soldati israeliani. «Le vite dei nostri combattenti e dei residenti del sud sono più importanti di qualsiasi normalizzazione», ha detto.

Sfidando il disappunto di Ben Gvir, fonti del Jerusalem Post riportano che Tel Aviv starebbe dimostrando «una maggiore flessibilità» in merito al dispiegamento delle truppe durante i sessanta giorni di cessate il fuoco. È su questo che pare siano concentrati al momento i negoziatori a Doha, in Qatar. Il ministro della difesa Israel Katz si è detto d’accordo per un ritiro dal 75% dei territori attualmente controllati dai militari. Eppure, solo un giorno dopo, ha lanciato il suo piano per rinchiudere l’intera popolazione di Gaza in un recinto militarizzato nel sud della Striscia. Il «campo di concentramento più morale del mondo», lo ha definito con macabra ironia il quotidiano israeliano Haaretz. Circondato da macerie che non sono ancora sufficienti. Perché i bulldozer non bastano. Quelli regalati martedì dagli Stati uniti sono estremamente importanti per i piani israeliani di distruzione sistematica. Ma mancano comunque i conducenti dei mezzi.

UN’INCHIESTA di The Guardian rivela che Tel Aviv recluta sempre più civili per le sue operazioni di spianamento, non solo a Gaza ma anche in Libano e in Siria. Negli ultimi due mesi si sono moltiplicati gli annunci sui social network per arruolare conducenti di bulldozer disposti a demolire le strutture di Gaza. Alla risorsa vengono offerti fino a 3mila shekel (882 dollari) al giorno. Il Guardian ha chiesto spiegazioni a Meta ma a quanto pare le offerte di lavoro non violano gli «standard della community».

IERI L’ALTA rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Kaja Kallas ha dichiarato che nuovi accordi tra l’Unione europea e Israele consentiranno di aumentare l’ingresso giornaliero di aiuti umanitari a Gaza (compreso carburante) e che nuove rotte saranno riaperte. Secondo Kallas, verranno ripristinati gli attraversamenti dall’Egitto e dalla Giordania, in previsione di ingressi nel nord e nel sud della Striscia. Il cibo dovrebbe giungere direttamente alle panetterie e alle cucine di comunità, che potranno quindi riprendere la distribuzione quotidiana, mentre il carburante arriverebbe immediatamente alle strutture sanitarie. «Continueranno ad essere prese misure per garantire che non ci sia deviazione degli aiuti a Hamas» ha dichiarato Kallas, aggiungendo che «l’Ue è pronta a coordinarsi con tutte le parti umanitarie interessate, le agenzie delle Nazioni unite e le Ong sul campo».

L’INTESA non è stata ancora pubblicata e potrebbe servire per evitare a Israele le sanzioni minacciate a causa del mancato rispetto delle condizioni del suo accordo di associazione con l’Ue. Si dovrà attendere per capire quanti camion potranno entrare a Gaza, e se davvero la fondazione israelo-americana Ghf verrà bypassata.

11/07/2025

da Il Manifesto

Eliana Riva   Storica, esperta di Paesi Islamici, documentarista

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