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Genocidio: cosa, chi, quando, dove, come e perché

Genocidio: cosa, chi, quando, dove, come e perché

Le classiche cinque ‘W’ del buon giornalismo di scuola anglosassone: Cosa? (What); Chi? (Who); Quando? (When); Dove? (Where): Perché? (Why). Volendo parlare del genocidio negato dagli esecutori ma in corso a Gaza per mano politica e militare di Israele, l’analisi di Fulvio Scaglione con lo sconto su alcune domande della tragedia per approfondire temi giuridici e storici spesso sottaciuti

‘Tifoserie televisive da bar

Noi italiani abbiamo un metodo infallibile per mandare in vacca un argomento serio o, altrettanto spesso, per impedire un dibattito serio su un argomento spinoso. Ed è trasformare il tutto nell’ennesima discussione televisiva da bar, Milan-Inter, Coppi-Bartali, in cui tutti i pareri sono uguali e alla fin fine, proprio come al bar, vince la serata quello che grida più forte o sembra più convinto. Poi finisce la serata a tutti a casa, pronti per la sera dopo.

Formula tv classica

Non è complicato: chiami i soliti ‘esperti’ da strapazzo, quelli che pontificano su tutto e passano più tempo in Tv che in famiglia, e il gioco è fatto. Tanto, hanno tutti ragione. Per dire: Enrico Mentana che, nella foga di difendere Israele anche a costo del ridicolo, va in giro a dire che a Gaza non può essere genocidio perché «dal fiume al mare ci sono più palestinesi che israeliani». E nessuno che gli faccia notare che anche i coloni europei erano meno numerosi dei nativi dell’America del Nord, ma riuscirono egregiamente a sterminarli. E che anche i conquistadores erano meno numerosi degli indigeni dell’America del Sud, ma riuscirono a ottenere lo stesso risultato.

Non in difesa degli ebrei ma di ‘questo governo’

E sia chiara una cosa. Questa e altre amenità del genere non servono a difendere gli ebrei ma «questo Israele», «questo Governo di Israele», «questo primo ministro» ovvero Benjamin Netanyahu. Così come nel discutere l’ipotesi che a Gaza venga commesso un genocidio non vi è nulla di antisemita. Per una ragione molto semplice: quello di genocidio è un concetto non discutibile, che non ha nulla a che fare con la politica, con i gusti o i pregiudizi personali. Genocidio è un concetto codificato dal diritto internazionale. Non ci sono grandi interpretazioni da tentare: bisogna solo verificare se un certo evento (nel caso specifico le stragi di Gaza) corrisponde o meno ai criteri stabiliti dai trattati internazionali. Stop. Il resto è fuffa o propaganda.

Genocidio codificato dal diritto internazionale

Si InsideOver Raffaele Buccolo ha spiegato nel dettaglio sia il percorso compiuto nel secondo dopoguerra per arrivare a una definizione di genocidio sia ciò che il diritto internazionale prevede in merito. Qui solo le tappe principali. 1946: le Nazioni Unite arrivano alla definizione di genocidio come «negazione del diritto all’esistenza di interi gruppi umani, poiché l’omicidio è la negazione del diritto alla vita dei singoli esseri umani», precisando che «molti casi di tali crimini di genocidio si sono verificati quando gruppi razziali, religiosi, politici e di altro genere sono stati distrutti, in tutto o in parte». E sottolineiamo «in tutto o in parte». Sempre in sede Onu, nel 1948, si arrivò alla Convenzione per la prevenzione e la punizione del crimine di genocidio (detta anche Un Convention on Genocide) a cui hanno finora aderito 153 Paesi, tra gli altri Israele nel 1950.

Definizione di genocidio

All’articolo 2 della Convenzione dice chiaramente e senza fronzoli che cosa si intende per genocidio: «Nella presente Convenzione, per genocidio si intende uno qualsiasi dei seguenti atti commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, in quanto tale».

  • (a) Uccidere membri del gruppo;
  • (b) Causare gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo;
  • (c) Sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita volte a provocarne la distruzione fisica, in tutto o in parte;
  • (d) Imporre misure volte a impedire le nascite all’interno del gruppo;
  • (e) Trasferire forzatamente bambini del gruppo a un altro gruppo”

Fatti certi e incontestabili

Israele uccide membri del gruppo (nazionale, etnico, razziale e religioso allo stesso tempo) palestinese di Gaza (e non solo a Gaza, peraltro): la proporzione di queste uccisioni, d’altra parte, è molto superiore ai dati solitamente diffusi per comodità o malafede, come le ricerche indipendenti dei medici Usa e della rivista medica britannica Lancet, di cui in pochi abbiamo dato notizia, hanno ampiamente dimostrato.

  1. Israele causa gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo.
  2. Israele sottopone deliberatamente il gruppo a «condizioni di vita volte a provocarne la distruzione fisica, in tutto o in parte».
  3. Israele impone ai gazawi «misure volte a impedire le nascite all’interno del gruppo», anche solo attraverso la sistemica distruzione delle strutture sanitarie e scolastiche o l’uso della carestia come un’arma di guerra.

Quattro su cinque

Quattro caratteristiche essenziali del genocidio su cinque sono dunque innegabili nelle azioni di Israele a Gaza. E dunque non vi è alcunché da discutere: è un genocidio. E come tale va punito secondo i meccanismi di garanzia previsti dalla suddetta Convenzione:

  • “L’istituzione di procedimenti giudiziari nei tribunali dello Stato sul cui territorio sono stati perpetrati atti di genocidio;
  • l’istituzione di un Tribunale penale internazionale, cui però possono fare ricorso solo gli Stati che ne abbiano accettato la competenza;
  • il ricorso agli organi competenti dell’Onu perché adottino misure contemplate dalla Carta delle Nazioni Unite;
  • il ricorso di uno Stato alla Corte internazionale di giustizia contro lo Stato autore di genocidio (ed è il caso della causa intentata dal Sudafrica contro Israele, ndr)”.

I precedenti storici

D’altra parte, i precedenti non mancano. La Shoah, ovviamente. Ma anche gli altri tre casi di genocidio internazionalmente riconosciuti: la guerra in Bosnia-Herzegovina, il genocidio del Ruanda, il genocidio in Cambogia. Più il genocidio degli armeni da parte dei turchi nel 1915, di cui ancora si discute. E si badi bene: nessuno pensa o dice che nel giudicare i fatti di Bosnia vi sia un fenomeno di razzismo o di discriminazione etnico-religiosa nei confronti dei serbi. Nessuno parla di razzismo nei confronti degli Hutu per il massacro di Tutsi, men che meno nel caso della Cambogia. E nessuno rileva un sentimento anti-turco quando si discute delle stragi ai danni degli armeni. Quindi perché si dovrebbe parlare di antisemitismo nell’esaminare quanto la legislazione internazionale dice a proposito di azioni come quelle di Israele a Gaza?

Quindi, per favore: basta con queste cazzate. La legge, anche quella internazionale, parla chiaro. E la legge, anche quella internazionale, è uguale per tutti. Altrimenti non è legge. È arbitrio. quello che piace a tanti, compresi tanti ‘esperti e analisti’ e “intellettuali” che popolano le nostre televisioni.

05/06/2025

da Remocontro

Fulvio Scaglione

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