18/08/2025
da Remocontro
L’industria della plastica domina la geopolitica dell’inquinamento. Oscurato dai grandi eventi del 15 agosto in Alaska, l’incontro a Ginevra del Comitato intergovernativo di negoziazione (CIN) sull’inquinamento da plastica. Finito male
Sepolti in una bara di plastica
Circa 70 ministri, con un migliaio di delegati in rappresentanza di 183 paesi, hanno ufficializzato il fallimento della negoziazione su un trattato contro l’inquinamento. L’accordo è naufragato sul principale punto negoziale: la riduzione della produzione di plastica. Da una parte Stati Uniti, Russia, Arabia Saudita e un centinaio di Paesi cosiddetti ‘affini’, cioè grandi produttori, e dall’altra i sostenitori dei limiti alla produzione, Unione Europea in testa.
Produrre senza limiti e poche regole
I primi sono fautori di un sistema di produzione illimitato, nel quadro di un ‘sistema regolatorio’, i secondi affermano che il trattato è inefficace se non si pongo limiti alla produzione, dato che attualmente meno del 10% della plastica viene riciclata. Gli Stati Uniti, il secondo produttore mondiale di plastica dopo la Cina, si sono allineati al gruppo ‘affine’ dopo la svolta nella politica energetica operata da Donald Trump. Il combinato disposto tra negazionismo climatico e lobbismo dell’industria petrolifera ha inferto un duro colpo alle speranze di un trattato solido, ribaltando l’apertura che l’amministrazione Biden aveva concesso a un limite della produzione. In pieno furore Maga, i delegati statunitensi hanno rivendicato l’importanza della plastica per l’economia americana, denunciando che i limiti alla produzione violano la sovranità e superino l’autorità del trattato.
Nazioni Unite voce nel deserto
Creato dalle Nazioni Unite nel 2022, il Comitato intergovernativo di negoziazione (CIN) ha, o meglio, aveva l’obbiettivo di stabilire un accordo internazionale sul riciclo della plastica. «Una grande truffa» titola Le Monde Diplomatique, dando voce non solo a tante associazioni ambientaliste, ma anche ad una nutrita schiera di studiosi che analizzano il riciclo della plastica da mezzo secolo. Dopo decenni di ricerca e miliardi di dollari investiti nel riciclo, questa strategia rimane inefficace. Le industrie petrolchimiche promuovono incessantemente quella che considerano una soluzione miracolosa, simbolo di un’economia in cui nulla si perde e tutto si trasforma.
Tutto di trasforma, ma in cosa?
Risultato? «Meno del 10% dei 6,3 miliardi di tonnellate di plastica sono state riciclate tra il 1950 e il 2017». Ogni anno vengo sversati nell’ambiente, oceani compresi, 350 milioni di tonnellate di rifiuti plastici. L’inquinamento prodotto a danno di specie viventi e non, incombe come una minaccia tanto pesante quanto ampiamente documentata. L’OCSE prevede che la produzione di plastica triplicherà entro il 2060, con le tendenze attuali, e meno del 10% verrà riciclata. Solo il 6% della plastica prodotta nel 2040 sarà realizzata con materiali riciclati. «È ormai chiaro che il mondo non può uscire dalla crisi dell’inquinamento da plastica riciclando», ha affermato The Lancet Plastics Countdown in un rapporto pubblicato in occasione dei colloqui di Ginevra.
La favola inganno dei riciclo
Che il processo non sia mai stato praticabile, né tecnicamente né economicamente gli industriali lo sanno da tempo – scrive Le Monde Diplomatique – ma giocano con successo sulla corruttibilità dei poteri e sulla credulità del pubblico. Un rapporto del Center for Climate Integrity (CCI) pubblicato nel febbraio 2024 ha sollevato il tappeto sotto il quale industrie e istituzioni stanno mettendo la polvere (plastica): delle migliaia di varietà prodotte, solo due hanno proprietà che rendono il riciclo praticabile fino ad oggi: il PET e il polietilene ad alta densità (HDPE). Il processo richiede quindi una meticolosa selezione che aumenta il costo e porta allo scarto di elementi composti da leghe plastiche o da più materiali presenti in molti oggetti usa e getta.
Le complessità nascoste
Una bottiglia e un barattolo in PET dovranno essere separati se contengono additivi o coloranti diversi, così come le bottiglie in PET verdi e trasparenti. Un’altra grande difficoltà è che la plastica si degrada ad ogni riutilizzo e può quindi essere riutilizzata solo una volta o, più raramente, due volte. In caso contrario, non solo le loro proprietà si denaturano, ma la loro tossicità può aumentare.
- A Ginevra i Paesi a guida dell’industria petrolchimica con Usa e Russia a braccetto come in Alaska, hanno vinto la loro battaglia, nel silenzio-assenso generale da parte del resto delle economie mondiali, complici, asservite e cieche ad ogni visione del futuro.