Per la prima volta dalla nascita dell’euro i Bund, i titoli di stato tedeschi, hanno subito un deprezzamento. Un processo già in atto da settimane, ma che lo scorso 8 ottobre ha superato una soglia tecnica che certifica come i titoli tedeschi sono diventati meno sicuri. Brutto segnale per l’economia europea. Troppo export e poco consumo interno. Lavoratori poveri, o scappano o non comprano. Politiche salariali assenti.
Il Bund e lo spread
Il Bund, muro portante dell’euro, simbolo di sicurezza e guardiano implacabile dei conti pubblici degli altri membri della Ue (lo spread), ha oggi un rendimento maggiore a quello dell’ Irs (interest rate swaps), lo strumento finanziario usato da banche e imprese per proteggersi da possibili aumenti dei tassi.
Brutto segnale per l’economia europea
E’ un brutto segnale non solo per la Germania, ma per l’intera economia europea che si appresta a negoziare con l’America protezionista di Donald Trump. La questione non è se il nuovo presidente Usa manterrà la promessa di introdurre dazi, ma quanto saranno alte le barriere sulle importazioni europee. Perché la Germania ne diventerà la prima vittima. Secondo un rapporto dell’istituto economico tedesco IW, i dazi del 20% annunciati durante la campagna elettorale potrebbero portare l’economia tedesca a una contrazione fino all’1,5% del Pil. A seguire l’Italia, seconda economia dipendente dalle esportazioni. Con la Francia, anch’essa molto esposta, verrebbe colpito il 60% del Pil dell’eurozona.
Troppo export e poco consumo interno
Dietro alle accuse rivolte al protezionismo Usa si nasconde però la poco lungimirante strategia di casa nostra. Il riferimento è alle economie di Germania e Italia che in questi anni hanno elaborato una vera e propria dottrina di fede nell’export. Così facendo i due campioni europei del surplus delle bilancia commerciale hanno segnato record su record a discapito dei propri consumi interni. Il mantra che abbiamo sentito ripetere è stato ‘per essere competitivi occorre tenere basso il costo del lavoro’.
Lavoratori poveri, o emigrano o non comprano
Il costo della riunificazione tedesca con l’assorbimento della forza lavora dell’Est ha fatto sì che anche la Germania abbia esercitato una pressione al ribasso su salari. Un modello che in Italia, collegata a doppio filo, è stato applicato in misura assai maggiore.
Basti pensare che l’Italia è uno dei pochi Paesi nella Ue in cui la legge non stabilisce un livello minimo di retribuzione ( salario minimo). Tutti d’accordo sulla necessità di intervenire sui livelli di produttività, ma quando i salari non crescono da 20 anni, come nel caso italiano, è difficile fornire spiegazioni tecniche e non politiche.
Produzione invenduta da farne cosa?
Quindi, se la bilancia commerciale riduce i suoi avanzi ( se si esporta meno), la quota della produzione invenduta dovrà essere assorbita dal mercato interno. Ma se il potere di acquisto dei lavoratori è ridotto dai bassi salari, in base alla strategia di contenere il costo del lavoro per essere competitivi, il ciclo economico si spezza.
Lavoratori consumatori
I lavoratori sono anche i primi clienti dei prodotti che escono dalle fabbriche e se questi non sono in grado di acquistarli il mercato subirà una contrazione. Non per il rifiuto a consumare, ma per l’impossibilità di disporre di un redditto sufficiente. Un fenomeno che nelle forme acute ha contribuito alla creazione dei cosiddetti “working poors”, gente che pur lavorando non consuma e vive in povertà.
Politiche salariali assenti
Le politche economiche a trazione tedesca di questi anni hanno generato un’autentica sbornia di export. Dal dibattito sulla crisi, oramai conclamata, restano assenti strategie e proposte per le politiche salariali.
La ricetta per aumentare il potere d’acquisto e creare il giusto contrappeso alle bilance commerciali non può essere ridotta solo all’aumento della produttività, occorre mettere soldi nelle tasche dei lavoratori. L’esito della sfida in corso per la Germania rischia di arrivare nelle urne trascinando con sé la sicurezza del Bund.
12/11/2024
da Remocontro