Il governo annuncia la legge di bilancio da 30 miliardi. Ma la tassa sugli extra profitti delle banche è solo una partita di giro: 2,5 miliardi che lo Stato restituirà, dalla prossima legislatura. Scarsi i fondi in più alla sanità, pesanti i tagli agli enti locali e al welfare. Giorgetti: «Non saranno contente dei sacrifici». Ma l’intesa soddisfa l’Abi. Opposizioni all’attacco, medici pronti alla protesta
«Orgogliosa e soddisfatta per una manovra seria e di buon senso»: così si proclama da Bruxelles Giorgia Meloni commentando la legge di bilancio da 30 e non 25 miliardi approvata dal consiglio dei ministri martedì sera, ma non ancora messa giù nero su bianco. A illustrarla in conferenza stampa, ieri mattina, sono stati il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e il viceministro Maurizio Leo. Il turno di Meloni arriverà lunedì prossimo, quando sarà lei a presentare il testo definitivo. Saranno passati due anni dalla nascita del suo governo: occasione d’oro per un consuntivo sul cui trionfalismo si può scommettere a colpo sicuro.
SULLA DESTINAZIONE di quei 30 miliardi non ci sono grandi sorprese. È stato un po’ alzato il tetto del taglio del cuneo, che diventa strutturale come l’accorpamento delle prime due aliquote Irpef ma per via indiretta: dai 35 mila euro ai 40 mila si procederà per detrazioni. La sanità prende poco, 900 milioni, ma che secondo il Mef vanno sommati allo stanziamento dell’anno scorso e si arriva a 2,366. L’opposizione l’ha presa male e gli operatori della Sanità anche peggio: i medici ospedalieri di Anaoo Assomed sono sul piede di guerra, «pronti alla protesta». Quattro miliardi e mezzo serviranno a finanziare il rinnovo dei contratti della Pubblica amministrazione. I bonus famiglia saranno condizionati alla presenza e al numero di figli: un po’ mussoliniano ma è anche vero che sulla minaccia costituita dalla crisi della natalità sono d’accordo tutti.
Il vero punto interrogativo riguardava però non la destinazione ma le coperture. Poco più di due miliardi arriveranno dai tagli lineari, però poi modulati caso per caso, ai ministeri, allargati anche ai vertici degli enti pubblici che non potranno guadagnare più del presidente del consiglio. Un miliardo arriverà dalle detrazioni degli sgravi fiscali, accettati di buon grado dal presidente di Confindustria Orsini anche perché su una somma di 120 miliardi tondi non è molto. Un altro dal contributo delle Assicurazioni, due e mezzo dalle banche e buona parte dello scontro politico si articola proprio intorno a questa voce. È vera tassa o almeno vero contributo? Le banche rinvieranno di due anni l’incasso dei crediti di imposta. Insomma un prestito ma senza interessi.
L’OPPOSIZIONE IN CORO non ha dubbi: «È una truffa, un imbroglio». Giorgetti la vede all’opposto: «Io li chiamo sacrifici. Le banche fanno bene a essere caute. Pescatori e operai saranno contenti. Le banche un po’ meno». La premier, che per inciso aveva escluso «sacrifici» e probabilmente Giorgetti ci tiene ad adoperare il termine anche per questo, sfodera toni opposti: «Non vogliamo dare il segnale che le banche siano degli avversari. Abbiamo fatto un lavoro con loro. È stata una collaborazione». Il vicepremier azzurro Antonio Tajani, che nelle settimane scorse si era qualificato come il gladiatore delle banche, concorda con la presidente del consiglio: «Abbiamo ottenuto quel che chiedeva Forza Italia: un accordo, non un’imposizione e non una tassa».
UNA PARTE DI RAGIONE ce l’hanno tutti ma Tajani e Meloni più di Giorgetti. La trattativa con le banche, conclusa domenica sera, è stata serrata e a tratti difficile. La strada indicata già una decina di giorni fa da Antonio Patuelli, presidente di Abi, è quella che è stata poi effettivamente battuta: rinvio delle Dta, Imposte Differite Attive, i crediti d’imposta e interventi di minor peso sulle stock options. Ma Patuelli insisteva per il rinvio di un solo anno, Giorgetti è riuscito a raddoppiare e questo effettivamente alle banche non fa alcun piacere. Ma gli istituti di credito sono riusciti a evitare il rinvio sine die e questo è per loro l’importante. I margini di dubbio riguardano la certezza della restituzione in due anni. Ma per questo che non è affatto un particolare bisognerà aspettare il testo della legge, probabilmente sabato prossimo.
Nel consiglio dei ministri di martedì sera, «la delusione tra i colleghi era abbastanza diffusa, il meno deluso dovrebbe essere Schillaci», afferma Giancarlo Giorgetti. In realtà i ministeri esentati dal taglio sono due: oltre alla Sanità è salva anche la Difesa.
SUGLI ARGOMENTI CHE hanno infiammato il dibattito nelle scorse settimane, le rendite catastali degli immobili che hanno usufruito del Superbonus e le accise, Giorgetti conferma quanto già detto: «Chi ha usufruito del superbonus deve aggiornare le mappe» e si andranno a cercare gli immobili fantasma. Sulle accise deciderà il Parlamento ma l’aumento ci sarà. «Io che ho l’auto a gasolio pagherò un cent in più. Sai che stangata!» ironizza il ministro. Il Codacons non concorda: «L’aggravio complessivo sarà di 245 milioni di euro».
Di sfuggita il ministro Giorgetti dà un’ultima notizia: «Abbiamo definito con la Ue un accordo per l’estensione a sette anni del Piano strutturale di bilancio». Ma i contenuti di quell’accordo, cioè il prezzo che dovrà pagare l’Italia in termini di riforme strutturali, sono ancora tutti da definire.
17/10/2024
da Il Manifesto