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Giorgetti come Draghi sul Britannia. A corto di soldi punta sulle privatizzazioni selvagge

Giorgetti come Draghi sul Britannia. A corto di soldi punta sulle privatizzazioni selvagge

Il titolare del Mef fa capire di voler cedere il 30% di Poste. Poi precisa che non c’è fretta per decidere la quota. 

Era il 2 giugno del 1992, quando, a bordo dello yacht “Britannia”, la nave dei reali d’Inghilterra, Mario Draghi, nelle vesti di direttore generale del Tesoro, davanti ad una selezionatissima platea di investment bankers e di chief economic officers, riconosceva la necessità, l’urgenza, l’utilità di privatizzare ovvero svendere le principali aziende dello Stato. Che il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti sia draghiano nell’animo lo avevamo capito da tempo. Così come c’è continuità tra il governo Draghi e quello Meloni.

IL MINISTRO DELL’ECONOMIA GIORGETTI COMPLETA L’OPERA DI DRAGHI. A CORTO DI SOLDI PUNTA SULLE PRIVATIZZAZIONI SELVAGGE

Non solo il ministro e la premier hanno raccolto il testimone della guerra ingaggiata dall’ex banchiere al Superbonus ma stanno soprattutto realizzando l’imperativo categorico draghiano sulla necessità di mettere l’Italia in vendita. Il percorso delle privatizzazioni è stato già tracciato da Giorgetti nella Nadef: si prevede un incasso di 20 miliardi fino al 2026, almeno l’1% del Pil. Dopo averci condannato a una crescita asfittica dello zero virgola, non avendo alcun disegno di politica industriale e con il sì a un Patto di stabilità che ci costringerà ad almeno un aggiustamento di 12 miliardi l’anno, da realizzare con tasse o ulteriori tagli alla spesa pubblica, le destre al governo sono a caccia di soldi e hanno così come unico piano quello di svendere o avallare la cessione ai fondi stranieri degli asset strategici italiani. È successo con Ita e Lufthansa e con la rete Tim e il fondo americano Kkr. E solo il cielo saprà cosa succederà con l’ex Ilva. Giorgetti punta a chiudere entro l’anno la privatizzazione di Mps: l’uscita del Tesoro è iniziata a novembre, con la vendita del 25%.

Ma quello che più desta preoccupazione è che sul mercato, a qualsiasi prezzo, il duo Giorgetti-Meloni vogliano mettere i gioielli di famiglia. Poste, Eni, Ferrovie. Giovedì sera è stato avviato l’iter per la privatizzazione di Poste. Attualmente lo Stato controlla complessivamente circa il 65% della società, di cui il 29,26% direttamente con il Mef e il 35% indirettamente attraverso Cassa depositi e prestiti. La linea, secondo le indicazioni di Chigi, sembrerebbe quella di vendere una parte della quota del Tesoro, garantendo tuttavia che la partecipazione dello Stato, anche indiretta, consenta di mantenere il “controllo” pubblico. Ma se le indiscrezioni avevano ipotizzato una cessione del 13%, ieri Giorgetti ha detto che “dobbiamo mantenere il controllo, non possiamo scendere sotto il 35%”, facendo dunque presupporre che intende mettere sul mercato una quota ben al di sopra del 10%. Un annuncio allarmante.

IL TITOLARE DEL MEF FA CAPIRE DI VOLER CEDERE IL 30% DI POSTE. POI PRECISA CHE NON C’È FRETTA PER DECIDERE LA QUOTA

Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto immediatamente al governo un incontro “urgente” in una lettera indirizzata al ministro dell’Economia e all’ad di Poste, Matteo Del Fante. Tanto che poi fonti del Mef si sono precipitate a precisare che nel caso di Poste la tempistica e la quota da immettere sul mercato saranno decise “senza nessuna fretta in base alle condizioni di mercato”, per il miglior risultato per il pubblico e nel rispetto dei piccoli azionisti. Giorgetti ha in mente di svendere anche Eni e le Ferrovie. L’esecutivo, secondo indiscrezioni di stampa, valuta di cedere fino al 4% di Eni. Dal Tesoro, che è oggi azionista di controllo della società con una quota del 32,4% (in forza del 4,7% detenuto direttamente e del 27,7% attraverso Cassa Depositi e Prestiti), finora è arrivato un no comment. Ma le fonti sono accreditate. Peraltro anche per Poste erano arrivate le smentite dal Mef. E pensare che nel 2018 Fratelli d’Italia manifestava contro la svendita di Poste. Non c’è che dire: Draghi non potrebbe essere più fiero di così di Giorgetti. E di Meloni.

27/01/2024

da La Notizia

di Raffaella Malito