La separazione delle carriere mina l'indipendenza dei magistrati e apre la strada al pm sotto il controllo dell'esecutivo. Il sogno di Silvio
Basterebbero le parole del leader di Forza Italia, Tajani (“Si corona il sogno di Berlusconi”), per diffidare della riforma della Giustizia appena varata dal governo. Se non fosse che il disegno di legge costituzionale rischia di alterare irreparabilmente l’equilibrio tra poteri dello Stato.
Già pesantemente incrinato dal Premierato, che comprime dall’alto le prerogative del Parlamento e del Presidente della Repubblica a vantaggio del governo. E dall’Autonomia che piccona dal basso l’unità d’Italia esasperando le diseguaglianze tra regioni ricche e povere.
Ora con il via libera alla separazione delle carriere di giudici e pm si completa l’opera di scardinamento del sistema di pesi e contrappesi pensato dai padri costituenti. Mettendo in discussione il principio stesso dell’indipendenza della magistratura.
Una volta separati i Csm, mentre i giudici continueranno ad essere soggetti soltanto alla legge, molto più incerto sarà il destino dei pubblici ministeri. Oggi parte di un unico ordinamento e di quella cultura giuridica che impone, a chi rappresenta la pubblica accusa in giudizio, la ricerca della verità. Anche quando favorevole all’indagato/imputato.
La separazione delle carriere trasformerà invece il pm in una sorta di superpoliziotto dedito piuttosto alla ricerca della condanna. Se poi a questa riforma dovesse seguire pure quella che elimina l’obbligatorietà dell’azione penale, lasciando agli organi politici il compito di stabilire quali reati perseguire prioritariamente, ecco il sogno di Silvio diventare realtà: i pm assoggettati al controllo del potere esecutivo. E giustizia sarebbe irrimediabilmente sfatta.
30/05/2024
da La Notizia