19/12/2025
da La Notizia
Dalle retribuzioni all’industria, i nodi del 2026. Non solo la sfida della crescita, diversi i nodi per l'economia italiana nel 2026. A partire dall'industria, tra Stellantis e Ilva.
La primavera del 2026 potrebbe essere il momento decisivo, quello in cui l’Italia dovrebbe uscire dalla procedura d’infrazione europea per il deficit. Ma il prossimo anno sarà caratterizzato anche da molte sfide critiche per l’economia del nostro Paese. La prima è quella della crescita, che rischia di restare stagnante. La seconda riguarda due grandi nodi industriali, due crisi che potrebbero avere risvolti enormi per l’occupazione: quella degli stabilimenti di Stellantis e quella dell’ex Ilva. E, ancora, il 2026 sarà anche l’anno della scadenza finale del Pnrr.
E proprio i fondi europei dovrebbero trainare la crescita che, però, non sembra accelerare. Nonostante gli investimenti del Pnrr, infatti, con il moderato andamento dei consumi e le retribuzioni che crescono ancora troppo poco, la crescita italiana resterà tra le più basse in Ue: un +0,8% previsto dall’Istat e dalla Commissione. Ma in Ue peggio di noi farà solo l’Irlanda, che viene da un +10% quest’anno. E, peraltro, nel 2027 l’Italia sarà il Paese in Ue con la crescita più bassa. D’altronde anche la Manovra, come scrive il Mef, non sosterrà il Pil nel 2026.
Retribuzioni e industria, i nodi del 2026
La crescita delle retribuzioni, poi, è attesa in leggera decelerazione (+2,4%), con il recupero del potere d’acquisto che procede troppo lentamente. La discesa della disoccupazione dovrebbe proseguire, mentre più complessa è la questione del commercio internazionale: la guerra dei dazi dovrebbe comunque attenuare i suoi effetti, stabilizzando la domanda estera. Sul fronte degli investimenti, l’incremento dovrebbe essere sostanziale (+2,7%) grazie al Pnrr. Con i timori, però, legati alla fine del Piano.
Timori che riguardano poi l’industria, con la produzione che fa fatica a ripartire e con due partite decisive per l’occupazione in Italia. Da un lato, infatti, c’è Stellantis che cerca di ripartire anche se colpita dalla crisi dell’auto, con il rischio che riguarda gli stabilimenti italiani in cui la produzione negli ultimi due anni è crollata. L’azienda promette una ripartenza nel 2026, ma le incertezze rimangono. E ancora più problematica è la situazione dell’ex Ilva, con l’aggiudicazione della gara attesa a febbraio. A inizio anno, quindi, si dovrebbe scoprire l’eventuale ruolo dello Stato nelle acciaierie e nel processo di decarbonizzazione, soprattutto dello stabilimento di Taranto. E anche qui in ballo c’è il destino di migliaia di lavoratori.

