In primavera, dopo mesi di polemiche e di tira e molla tra il governo e le gerarchie militari, il parlamento di Kiev ha approvato una legge che abbassa l’età minima per la mobilitazione a 25 anni e riduce i casi in cui è possibile, per i richiamati alle armi, evitare il fronte.
La misura non sembra però aver sortito gli effetti sperati, e i ranghi dell’esercito ucraino si assottigliano sempre più sull’onda delle perdite registrate ma anche dell’altissimo numero di richiamati che fuggono all’estero o si rendono irreperibili in patria e di soldati che disertano. Inoltre, anche se i comandi militari non divulgano dati esatti, secondo varie fonti l’età media degli ucraini che combattono o che lavorano nelle retrovie si aggirerebbe intorno ai 40 anni, parecchi in più delle truppe russe notevolmente più giovani oltre che più numerose e meglio equipaggiate.
“Nato e USA: al fronte i 18enni”
Nelle ultime settimane gli sponsor occidentali dell’Ucraina sono quindi tornati ad operare pressioni su Zelenskyi e sul governo di Kiev affinché vari nuove misure per infondere nuova linfa allo sforzo bellico, per quanto difficili possano apparire.
«Ad esempio, molti di noi pensano che sia necessario coinvolgere i giovani nel conflitto. In questo momento, i 18-25enni non sono coinvolti», ha detto in un’intervista il segretario di Stato americano Antony Blinken.
Tra i vari funzionari occidentali che hanno espresso opinioni simili c’è anche il nuovo leader della NATO, Mark Rutte. «Dobbiamo assicurarci, ovviamente, che ci siano abbastanza persone disponibili in Ucraina per combattere. (…) Abbiamo bisogno di più persone da spostare in prima linea» ha detto il capo dell’Alleanza Atlantica.
Volodymyr Zelenskiy e i suoi ministri hanno però già dichiarato di non avere in programma un ulteriore abbassamento dell’età di mobilitazione, che potrebbe rivelarsi una mossa molto impopolare presso un’opinione pubblica sempre più stanca di una guerra che vede l’esercito ucraino continuare a perdere territori (1600 kmq tra settembre e novembre).
In molti pensano che tra poche settimane l’uscita di scena di Biden possa, se non far cessare il conflitto “in 24 ore” – come promesso spesso dal tycoon repubblicano – quantomeno congelare la situazione e portare ad un cessate il fuoco.
Il governo, le imprese e gli sponsor internazionali di Kiev, inoltre, già guardano ad una ricostruzione che muoverà centinaia di miliardi di euro e che richiederebbe una massiccia mobilitazione di giovani lavoratori, molti dei quali sono già fuggiti all’estero negli ultimi due anni e mezzo.
Spaventa inoltre il rischio di un crollo demografico e di un rapido invecchiamento della popolazione. Secondo i dati ufficiali, nei primi sei mesi del 2024 in Ucraina sono nati complessivamente 87.655 bambini, un terzo in meno rispetto ai 132.595 nati nella prima metà del 2021.
Nel frattempo, secondo le Nazioni Unite, dal giorno dell’invasione quasi 7 milioni di cittadini e cittadine hanno lasciato il paese dall’invasione.
Kiev sta ora cercando di evitare che l’esodo continui e anzi intende riportare in patria coloro che si sono rifugiati all’estero. Per questo, recentemente la Rada ha approvato la nomina di un vice premier a capo di un nuovo ministero per l’unità nazionale, che dovrebbe lavorare per riportare a casa i cittadini. L’abbassamento dell’età minima per essere richiamati alle armi, in questo contesto, non costituirebbe certo un incentivo.
Mancano armi e munizioni
Anche se alcuni funzionari di Kiev ammettono che la carenza di personale militare è grave, il governo ucraino e le gerarchie militari si difendono affermando che, se anche una nuova mobilitazione aumentasse la massa di soldati impiegati in prima linea, molti reparti si troverebbero senza adeguate forniture di armi, munizioni ed equipaggiamenti. Al momento, le dotazioni di cui l’Ucraina dispone non sono sufficienti neanche ad equipaggiare tutti gli uomini attualmente mobilitati, provocando continui episodi di insubordinazione di una truppa esausta.
Finora Zelenskyi ha sempre rifiutato di stabilire il periodo massimo durante il quale i coscritti possono essere impiegati al fronte perché scarseggiano i soldati a disposizione per rimpiazzarli. Molti contingenti sono schierati in prima linea a tempo indeterminato, suscitando la rabbia di chi combatte sin dal giorno dell’invasione russa nel febbraio del 2022 o anche da prima, nel conflitto in corso in Donbass dal 2014.
Diserzioni record
Anche se subito dopo l’inizio dell’invasione russa il governo ucraino ha proibito ai maschi con più di 27 anni di lasciare il paese, moltissimi l’hanno fatto contando sulla tolleranza delle autorità di frontiera o grazie alle bustarelle che fanno chiudere un occhio a chi dovrebbe impedire gli espatri irregolari. Chi ha una certa disponibilità economica, inoltre, non ha neanche bisogno di fuggire all’estero e può ottenere, da funzionari corrotti, un’esenzione per motivi di studio, di lavoro, familiari o medici anche se non ne avrebbe diritto.
Così non solo gli arrivi di coscritti freschi al fronte scarseggiano, ma aumenta sempre di più il numero di coloro che abbandonano le linee e lasciano sguarnite le proprie posizioni.
Secondo la Procura Generale di Kiev, dal 2022 sono stati aperti 100 mila procedimenti penali contro soldati “assenti senza permesso” e per il più grave reato di “diserzione dal campo di battaglia”. Nel 2024 il numero di abbandoni temporanei e diserzioni ha subito un vero e proprio boom, con due terzi dei casi totali.
Secondo molte fonti, i dati forniti dalle autorità giudiziarie competenti sarebbero fortemente sottostimati rispetto alla reale entità del fenomeno che supererebbe i 150 mila casi. Molti comandanti militari evitano infatti di denunciare i sottoposti che abbandonano i reparti sperando in un loro ritorno o comunque consci delle difficoltà mediche o psicologiche di una parte consistente di loro; anche i procuratori locali, in molti casi, rinunciano ad aprire procedimenti giudiziari.
Alla fine di novembre Zelenskyi ha accordato una sorta di amnistia ai disertori che decidano di tornare alle loro unità entro la fine dell’anno, evitando così il procedimento giudiziario. Secondo i comandi militari, in pochi giorni circa 3000 militari sarebbero tornati nei ranghi approfittando della misura.
Inoltre una legge approvata il 20 agosto ha, di fatto, depenalizzato i primi episodi di abbandono delle proprie unità, consentendo ai disertori di tornare in servizio ricevendo solo un’ammonizione.
Ma le diserzioni continuano e anzi aumentano di numero. Negli ultimi mesi intere unità hanno abbandonato le loro postazioni, sguarnendo le linee difensive e favorendo quindi l’avanzata delle truppe russe. Ad ottobre la diserzione di un gran numero di soldati, appartenenti al battaglione 86 della 123esima brigata, sarebbe stata la causa principale dell’occupazione di Vuhledar da parte dei nemici. A farne le spese sarebbe stato anche il comandante dell’unità, ucciso dai sottoposti in fuga che cercava di bloccare.
Il reclutamento forzato
Per tentare di rimpolpare le prime linee senza abbassare l’età della mobilitazione, i comandi militari e il governo hanno incrementato le campagne di reclutamento forzato, generando però scontento e polemiche.
Sui social diventano subito virali i video registrati da passanti che immortalano il momento in cui, nelle strade delle città ucraine, degli energumeni appena scesi da un furgone militare malmenano un coscritto renitente e lo caricano a forza sul veicolo per portarlo nel centro d’arruolamento competente. Molto scalpore ha suscitato l’intervento di massa dei reclutatori che, a metà ottobre, si sono appostati agli ingressi del concerto di una rockstar locale, Sviatoslav Vakarchuk, per bloccare un gran numero di richiamati inadempienti.
Molti dei reclutati a forza, ovviamente, appena ne hanno l’occasione abbandonano le linee oppure non tornano al fronte dopo aver ricevuto un congedo medico.
A volte a rendersi irreperibili sono invece dei veterani, come Serhii Gnedzilov, un soldato della 56esima Brigata di Fanteria Motorizzata arrestato il 9 ottobre dai servizi di sicurezza (SSU) dopo aver annunciato sui social che avrebbe disertato finché il governo non avesse fissato un periodo massimo di mobilitazione per i coscritti, denunciando la corruzione che invece permette a chi può pagare i funzionari di continuare ad indossare abiti civili.
09/12/2024
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