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Green deal in crisi: come cambierà il piano europeo sul clima dopo le elezioni

Green deal in crisi: come cambierà il piano europeo sul clima dopo le elezioni

Altro che emissioni zero entro il 2050 e stop alle macchine diesel e benzina dal 2035: l'avanzata delle destre a Bruxelles e la frenata dei partiti verdi (passati da 71 a 52 seggi) congelano la riconversione industriale-energetica dell'Ue. Che ha sbagliato anche dal punto di vista comunicativo, non coinvolgendo agricoltori, automotive e consumatori. L'analisi.

E ora che ne sarà del Green deal? I risultati delle elezioni europee 2024 incrementano le possibilità che l’ambizioso piano di riconversione industriale-energetica dell’Unione europea subisca ulteriori modifiche penalizzanti e ritardi. La vittoria in diversi Paesi delle forze di (estrema) destra, specialmente in Germania e Francia, incentiva le continue polemiche verso le misure adottate dalla Commissione europea che prevedono di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.

Lontani i tempi in cui Greta Thunberg parlava all’europarlamento

Nell’arco di appena cinque anni il consenso politico-sociale verso una rapida transizione eco-sostenibile è decisamente mutato all’interno dei diversi Stati del continente, mentre le questioni legate alla crisi climatica-ambientale sono scivolate in secondo piano. Nel 2019 l’attivista Greta Thunberg parlava su invito davanti all’europarlamento, con ampia attenzione da parte delle autorità comunitarie e dei mass media. Nel 2024, in un contesto politico ancora alterato dagli impatti della pandemia, della crisi energetica e della guerra in Ucrainala repressione contro i movimenti ambientalisti è drasticamente aumentata e numerosi politici hanno iniziato a criticare ripetutamente le direttive comunitarie.

https://youtu.be/S60vaIZuE18

La direttiva sulle case green ha spaventato tanti cittadini europei

Le decisioni prodotte dalla Commissione europea diretta dalla presidente Ursula von der Leyen si sono progressivamente scontrate contro le rivolte del comparto agricolo, del settore automobilistico legato ai motori termici e di diversi segmenti sociali preoccupati dalle stringenti tempistiche imposte, come quelle presenti nella direttiva sulle case green (Energy performance of buildings directive) che prevedono il net-zero per tutto il patrimonio immobiliare Ue entro il 2050. Una misura che, insieme a tante altre, ha spaventato tanti cittadini europei favorendo lo slittamento del consenso politico dalle formazioni centriste-progressiste verso quelle più ostili ai piani climatici. Le ultime elezioni hanno visto i partiti green calare da 71 a 52 seggi nell’europarlamento, con la sconfitta più emblematica in Germania dove i Verdi hanno perso quasi 3 milioni di voti rispetto al record del 2019.

 

Green deal in crisi: come cambierà il piano europeo sul cima dopo le elezioni
La presidente uscente della Commissione europea Ursula von der Leyen (Getty).

Un problema anche di comunicazione: agricoltori e consumatori andavano coinvolti

Secondo la candidata europea per i Verdi polacchi, Joanna Kamińska, l’esecutivo comunitario ha sbagliato l’approccio sul Green deal: «Trovo che il più grande errore della Commissione sia stato quello di aver fallito nella comunicazione di cosa sia il Green deal e nell’inclusione di tutte le parti interessate, come gli agricoltori e i consumatori, nelle consultazioni».

Green deal in crisi: come cambierà il piano europeo sul cima dopo le elezioni

Globalizzazione in crisi per via delle sfide poste da Usa, Russia e Cina

Ma il vero fattore che sta ostacolando i piani di mitigazione climatica è il cambiamento repentino del quadro internazionale, con una globalizzazione in crisi a causa dell’aumento della competizione economica-militare fra le diverse potenze, e un’economia europea in affanno che non sembra essere in grado di reagire rapidamente di fronte alle sfide poste dalle politiche di Stati UnitiRussiaCina o altre potenze regionali.

 

Green deal in crisi: come cambierà il piano europeo sul cima dopo le elezioni Attivisti per il clima marciano ad Amsterdam, in Olanda (Getty).

Il protezionismo frena le filiere globali essenziali per la transizione eco

Il modello economico-burocratico dell’Unione europea, dipendente dalle continue trattative fra i 27 Stati membri, soffre la competitività economica, energetica e industriale dei rivali sistemici. Le filiere globali che dovrebbero garantire la transizione, come quelle delle tecnologie per le fonti rinnovabili come i pannelli solari e gli impianti eolici, stanno subendo ampie modifiche a causa del rinascente protezionismo. La prosecuzione della guerra in Ucraina e lo sforzo bellico degli alleati Nato stanno drenando ulteriori risorse pubbliche verso l’apparato militare-industriale, cambiando anche la narrazione mediatica dei leader europei.

         Green deal in crisi: come cambierà il piano europeo sul cima dopo le elezioni

                                    Attivisti di Greenpeace proiettano un Pianeta infuocato sulla facciata della sede della Commissione europea (Getty).

La destra da sempre è più sensibile alle istanze del settore Oil & gas

I partiti di destra e di estrema destra, più sensibili alle istanze del settore Oil & gas e decisamente più scettici nei confronti dell’allarme climatico, hanno acquisito forza grazie a questo cambiamento internazionale e i recenti risultati daranno ancora più forza al loro messaggio politico. Allo stato attuale l’europarlamento potrebbe ancora esprimere una maggioranza risicata sull’asse popolari-socialisti, ma il voto del 2024 difficilmente permetterà di mantenere il Green deal nella sua forma attuale.

Green deal in crisi: come cambierà il piano europeo sul cima dopo le elezioni
Un corteo italiano di attivisti climatici non simpatizzanti del ministro dei Trasporti e segretario leghista Matteo Salvini (Getty).

Possibile asse Bardella-Meloni per boicottare diverse misure, come quelle sulle auto

Inoltre un’eventuale vittoria alle elezioni legislative di luglio in Francia del partito Rassemblement national, guidato da Jordan Bardella, cambierebbe sicuramente la politica europea, creando una sintonia più forte con il governo di Giorgia Meloni, che ha già espresso la volontà di modificare diverse misure del Green deal. A partire il divieto di produrre auto a diesel e benzina dal 2035, che secondo la Meloni minerebbe l’indotto automobilistico italiano a vantaggio dei competitor esteri, in primis i gruppi industriali cinesi.

12/06/2024

da Lettera 43

Alessandro Leonardi

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