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Guerra al gas russo via Bulgaria ed Europa orientale al gelo

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Nonostante la guerra in Ucraina e la rottura della maggior parte dei rapporti economici dell’Ue con la Russia e le numerose sanzioni, i gasdotti russi, riforniscono ancora di gas numerosi Paesi dell’Europa centrale, passando soprattutto attraverso la Bulgaria. Transito vantaggioso per Sofia che riceve, in forma di tasse, attraverso la Gazprombank, circa 150 milioni di euro all’anno. Cosa potrebbe succedere se questo accordo dovesse saltare per spinte esterne?

                       

Sanzioni e politica ideologica in campo

Martedì 10 dicembre, il neo Ministro dell’Energia bulgaro Vladmir Malinov, del governo tecnico insediato negli ultimi mesi, ha minacciato di chiudere il transito di gas verso l’Europa centrale, lasciando, di fatto, al freddo Serbia, Ungheria e parte dell’Austria. Solo pubblicità personale quando poi scopri che è questione di prezzo e non di principi. Secondo il ministro, la Bulgaria non gradisce più accettare pagamenti attraverso la Gazprombank. Ma nessun rifiuto totale. Pretende solo un canale alternativo a suo vantaggio, e pagamento in euro o leva (moneta bulgara), altrimenti il gasdotto verrà chiuso lasciando i Paesi senza gas, in pieno inverno. Azzardo politico se mai il Cremlino con Gazprom dovesse arrabbiarsi per davvero. Prima senza gas o senza ministro Malinov?

Nuove sanzioni targate Usa

Le ragioni di questa inattesa e pericolosa decisione vengono a quanto pare da lontano. Dal Ministero del Tesoro statunitense ha annunciato l’introduzione di nuove sanzioni proprio verso Gazprombank e le sue varie filiali, per cui il transito del gas, e soprattutto i pagamenti verso i Paesi Ue, potrebbero essere di fatto bloccati. Quindi nessun ministro sfidante, ma sfida ragionieristica: forme di pagamento alternative alle facili severità Usa sulla pelle altrui. Ed ecco la necessità di appoggiarsi ad altre società ed intermediari, per poter proseguire regolarmente con gli scambi, anche se non è garantito che anche questi non possano essere colpiti da sanzioni secondarie.

Al freddo Serbia, Ungheria e Austria?

Le autorità russe hanno immediatamente risposto, attraverso l’agenzia di stampa TASS, che non intendono in alcun modo interrompere il rapporto economico con la Bulgaria, poiché si tratterebbe di “una misura estrema”. Tuttavia, il limite per trovare un accordo è stato stabilito al prossimo 20 dicembre e per il momento, non solo non sono state trovate soluzioni alternative. Siete voi che dovente obbedire al ‘padrone Usa’, siene voi che dovete trovare la soluzione tecnica di pagamento, rileva Diana Mihaylova su InsideOver. Una situazione estremamente incerta, che preoccupa molti osservatori internazionali.

Se l’Ungheria di Orban si arrabbia

Il ministro bulgaro prontamente obbediente, mentre nelle stesse ore Attila Holoda, ex vice segretario di stato per l’energia ed ex dirigente della compagnia ungherese di petrolio e gas MOL rivendica e di fatto minaccia. “L’Ungheria è diventata un hub commerciale per il gas russo”. Qualcuno vuol colpire gli interessi economici e non soltanto da uno Stato dell’Unione?

A questo punto non è chiaro se questa imprevista mossa del Governo bulgaro possa avere ripercussioni più gravi, non solo sull’approvvigionamento di Ungheria, Serbia e Austria, ma anche su quello di altri Paesi dell’area, che se anche in misura minore si riforniscono attraverso gli stessi gasdotti.

13/12/2024

da Remocontro

Remocontro

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