La guerra è insensata. E insensato è tutto l’apparato filosofico che la sostiene, che la diffonde come necessità storica tra cittadini spettatori comodamente seduti sul divano, in ciabatte. Chiacchiere su chiacchiere, posizioni pretestuose e ipocrisia a pacchi. Mentre la povera gente muore. Mentre cannoneggiano i palazzi, le scuole, gli ospedali radendo al suolo una città alla ricerca dei terroristi.
Palestina
Guerra tra Israele e Hamas titolano i giornali con una certa ignoranza. Perché dire Palestina rende la questione più scivolosa. Muoiono bimbi, donne, famiglie palestinesi, medici sulle ambulanze, giornalisti che fanno testimonianza. Tutti di Hamas? Una tv per la manifestazione del Pd di ieri titolava: no alle bandiere di Hamas. Insinuando sottilmente quello che cercano di far passare da settimane: Israele ha diritto di massacrare Gaza perché non c’è differenza tra palestinesi e membri di Hamas.
Abbiamo parlato di giornalisti, quindi di testimoni sul campo. Il numero di giornalisti ammazzati in questi giorni è enorme. Secondo Reporter senza frontiere le vittime sono 41. E Israele non permette agli inviati dei giornali internazionali e delle tv di entrare nella Striscia. Così la mattina, dopo aver letto Remocontro, Michele Giorgio e Internazionale, vado a vedere se il fotografo Motaz Azaiza, la giovane reporter Plestia Alaqad, 22 anni, e la filmaker Wizard Bisan, aka Bisan Owda di 25 anni, sono ancora vivi. Se possono ancora testimoniare quello che accade nella Striscia di Gaza.
Ascoltare le loro voci, vedere le loro immagini, ci farà soffrire, perché a ogni video, a ogni immagine salirà la rabbia, la guerra scatenata in questo modo sembrerà ancora più insensata. Ed è anche un modo per sostenere la resistenza civile di chi lotta per dare voce al silenzio degli innocenti, di chi cerca di sottrarsi dalla sordina messa in opera per disumanizzare le vittime, per non farci vedere che i danni collaterali campavano, avevano speranze e sogni, case e fotografie, ricordi e giocattoli.
Negli ultimi trenta anni l’obiettivo è una guerra senza testimoni, senza giornalisti, senza fotografi e cineoperatori, senza organizzazioni internazionali umanitarie. Una guerra silenziata, in cui a parlare possano essere solo le armi dei vincitori. Una guerra giusta, umanitaria, chirurgica, per esportare democrazia, o esprimere un diritto all’autodifesa senza vincoli, senza inciampi narrativi. Una guerra che rappresenti uno spot per la guerra, che aiuti il mondo a considerarla un male necessario per alcuni, neanche per tutti alla fine dei conti. D’altra parte il complesso militare-industriale fa affari come mai nella storia. Più bombe, più missili, più armi di ultima generazione, più droni killer, più sofisticati sistemi per uccidere. Come se i civili in guerra si potessero tranquillamente sterminare, ma senza dar troppo nell’occhio.
E se invece appare la guerra per quello che è, con l’orrore che contiene e la morte efferata degli inermi, ogni cosa cambia. Le coscienze si attivano. Il sangue degli innocenti macchia le camicie stirate di fresco dei teorici dello sterminio. L’insensatezza della guerra appare con più chiarezza…
12/11/2023
da Remocontro