Il Medio Oriente allargato sta vivendo un periodo di intensi conflitti con Israele, Hamas, Hezbollah, Iran, Stati Uniti, Gran Bretagna, Yemen, Libano, Siria, Iraq, Isis, curdi e movimenti separatisti minori che partecipano attivamente o sono vittime delle ostilità, la premessa su ISPI, Studi di politica Internazionale.
Poi Ugo Tramballi entra nel dettaglio.
Raid israeliano a Rafah
Medio Oriente allargato
Breve profilo del Medio Oriente allargato, meno di un mese dopo l’inizio di un nuovo anno: quando per tradizione si è soliti guardare al futuro con ottimismo. Stanno combattendo una guerra a tutti gli effetti, partecipando con intensità inferiore o da vittime ignare; saltuariamente bombardando e/o lanciando missili; con blitz vendicativi o omicidi mirati, i seguenti soggetti: Israele Hamas, Hezbollah, Iran, Stati Uniti, Gran Bretagna, Yemen, Libano, Siria, Iraq, Isis, curdi e movimenti separatisti minori. Ultimo inatteso arrivato, il Pakistan.
Gaza a Israele incubo, ma non tutto
Se l’allargamento del conflitto di Gaza è da tre mesi la preoccupazione quotidiana di capi di governo, generali, osservatori, investitori e cittadini consapevoli, questo caos dovrebbe esserne la prova: è in corso una grande guerra mediorientale. In realtà è difficile sostenere che il Baluchistan fra Iran e Pakistan, dove i due paesi si sono vicendevolmente bombardati, sia una conseguenza di Gaza. Cioè della carneficina compiuta da Hamas sui civili israeliani e quella ancora in corso di Israele su donne e bambini palestinesi.
I troppi nemici dell’Iran
Il massacro di un centinaio di civili all’inizio dell’anno in Iran lo ha compiuto l’Isis, non Bibi Netanyahu o Joe Biden: sebbene il regime di Teheran finga di vedere israeliani e americani in ogni azione contro di loro. I nemici dell’Iran sono molti: cresciuti parallelamente alle sue ambizioni regionali.
Siria e Iraq i post guerra Usa 2003
Nel Nord di Siria e Iraq le schermaglie violente fra americani, milizie filo-iraniane, islamisti e curdi avvengono da anni: rappresentano capitoli diversi dell’instabilità mediorientale. Sono figlie della fallimentare invasione americana dell’Iraq del 2003 e della trasfigurazione in guerre civili delle primavere arabe, un decennio più tardi.
Lo Yemen degli Houti
Gli Houthi yemeniti sostengono di lanciare i loro missili per solidarietà con i palestinesi. Ma se domani cessasse il fuoco a Gaza, le loro azioni non cesserebbero: hanno scoperto quanto sia facile interrompere una via d’acqua essenziale per i commerci mondiali e ottenere fama internazionale.
Medio Oriente prigioniero dei veti
Esclusi Israele e Hamas che per ragioni diverse vorrebbero un allargamento del conflitto, nessuno vuole che il Medio Oriente esploda. Sarebbe una catastrofe, anche per chi non combatte come sauditi ed Emirati. Ma partecipando a bassa intensità, con azioni mirate o dichiarazioni minacciose, nessuno sta facendo qualcosa per impedirlo. Più del tentativo di costruire negoziati, trionfano i veti.
Triangolo atomico Usa-Israele-Iran
Gli Stati Uniti criticano apertamente i comportamenti d’Israele ma continuano a rifornirlo delle bombe che uccidono donne e bambini palestinesi. L’Iran non vuole intervenire nel conflitto di Gaza ma sostiene le milizie al suo servizio. Secondo l’intelligence americana Teheran avrebbe ripreso l’arricchimento dell’uranio fino ad avere il materiale necessario per tre bombe atomiche.
‘I sonnambuli’, l’Europa e la guerra mondiale
In un importante libro, ‘I sonnambuli‘, lo storico Christopher Clark aveva raccontato come imperatori e premier europei arrivarono alla Grande Guerra: nessuno la voleva ma alimentarono il clima di scontro che al primo inaspettato incidente la rese ineluttabile. È lo stesso stato di coscienza alterata dei protagonisti del Medio Oriente di oggi.
Arabi ed ebrei da sempre ma Gaza è una miccia
Prima che nascessero gli stati che conosciamo, il conflitto fra arabi ed ebrei e fra palestinesi e israeliani, è sempre stato un forte elemento di disturbo nella regione. Tuttavia, oggi il Medio Oriente non è instabile solo per la guerra di Gaza ma lo scontro si è trasformato in un catalizzatore di tutti gli altri: anche se non lo è. Come non lo fu l’attentato a Francesco Ferdinando d’Austria, compiuto nel 1914 da un serbo in un luogo remoto d’Europa, a Sarajevo.
Gaza da cui non sanno come uscire
Per questo è comunque importante che la guerra di Gaza abbia una fine, sebbene non se ne vedano i segnali. È sempre più evidente lo scontro fra l’amministrazione americana e Netanyahu sul dopoguerra: Biden pensa a uno stato palestinese, il premier israeliano no. Se lo facesse cadrebbe il suo governo di estrema destra nazionalista. «Il popolo ebraico ha un diritto esclusivo e inalienabile su ogni parte della Terra d’Israele», dice l’accordo di coalizione. Secondo un giornale israeliano, più della guerra a Gaza Netanyahu sta combattendo per la sua sopravvivenza politica.
Cirgiordania, l’altra guerra alimentata in casa
Lo Shin Bet, il servizio segreto interno, sostiene che il conflitto potrebbe allargarsi in Cisgiordania ormai «alle soglie di un’esplosione».
Da settimane i vertici militari chiedono al governo di riprendere a trasferire le tasse che secondo vecchi accordi raccoglie per conto dell’Autorità di Ramallah, e far tornare i palestinesi al lavoro in Israele. Dopo Gaza, sta arrivando la fame anche in Cisgiordania.
25/01/2024
da Remocontro