La Germania del kaiser Wilhelm, dopo avere perso la Prima guerra mondiale, se la passò meglio. Costretta a pagare meno di quanto dovrebbe sborsare in futuro Kiev. Solo agli Stati Uniti di Trump, l’equivalente di 500 miliardi di dollari. Dopo tre anni di machiavellismi americani e di supponenze europee alimentando l’illusione della vittoria possibile, Trump anche a colpire l’odiato predecessore, presenta il conto.
Guerra persa e contabilità finale
Con un vero e proprio scoop giornalistico, l’inglese Daily Telegraph ha pubblicato alcune anticipazioni sul famoso (o famigerato, dipende dai punti di vista) «accordo pre-decisionale» tra Washington e Kiev. Si tratta, in sostanza, delle ‘cambiali’ che sarebbero state firmate dall’Ucraina per ricevere l’aiuto degli Stati Uniti. «L’accordo – scrive il Telegraph – copre il ‘valore economico associato alle risorse dell’Ucraina’, tra cui ‘risorse minerarie, risorse di petrolio e gas, porti, altre infrastrutture (come concordato)». Lasciando poco chiaro cos’altro potrebbe essere compreso. «Questo accordo sarà regolato dalla legge di New York, senza riguardo ai principi di conflitto di leggi. Tutto questo si afferma con chiarezza e a scanso di possibili futuri contenziosi legali».
Dare-avere nei dettagli
«Gli Stati Uniti – prosegue il Telegraph – prenderanno il 50% delle entrate ricorrenti ricevute dall’Ucraina dall’estrazione di risorse e il 50% del valore finanziario di tutte le nuove licenze rilasciate a terze parti, per la futura monetizzazione delle risorse. Ci sarà ‘un privilegio su tali entrate a favore degli Stati Uniti». La clausola tradotta dal giuridico-commercial-disumano, significa «’pagateci prima, e poi date da mangiare ai vostri figli’, ha affermato una fonte vicina ai negoziati». Un quadro non proprio ispirato da comuni sentimenti di alleanza e che, anzi, a dirla tutta, cela la profonda irritazione della nuova Amministrazione repubblicana per una guerra che bisognava chiudere prima, e che sta provocando al pianeta un vero tracollo finanziario e commerciale. Per la verità, il Presidente Zelensky aveva colto, incontrando Trump lo scorso settembre, la possibilità di utilizzare la sua ‘fame’ per le terre rare e per altre risorse minerarie ucraine, come un’opportunità. Attirare capitale privato americano ed esortare imprenditori stranieri a investire, per lui avrebbe significato dissuadere i russi da bombardamenti futuri. Ma, certo, Zelensky non pensava che Trump alla fine gli avrebbe presentato un conto così salato.
Dalla bombe russe alla bramosie americane
D’altro canto, a Kiev non capiscono proprio la logica che guida attualmente la strategia ucraina della Casa Bianca. «Alcuni bacini minerari – riporta il Telegraph – si trovano vicino alla linea del fronte nell’Ucraina orientale o nelle aree occupate dai russi. Zelensky ha enfatizzato i pericoli di lasciare che le riserve strategiche di titanio, tungsteno, uranio, grafite e terre rare finiscano nelle mani dei russi. ‘Se stiamo parlando di un accordo, allora facciamo un accordo, siamo solo a favore’, ha detto». Il problema è che, per come parla, sembra che Trump più che trattare i termini di un «rimborso onorevole», stia invece letteralmente prendendo per la gola il suo alleato. In una dichiarazione a Fox News, il Presidente Usa è stato brutalmente esplicito, affermando che «l’Ucraina ha essenzialmente accettato di consegnare 500 miliardi di dollari. Hanno terreni di enorme valore in termini di terre rare – ha detto -, in termini di petrolio e gas e di altre cose. Insomma, sta a loro contraccambiare tutto l’aiuto finora ricevuto dall’America». E che, evidentemente, non era disinteressato.
Stile Trump, ‘bastone e carota’
Così, dopo la minuziosa analisi del patrimonio posseduto, il nuovo Presidente degli Stati Uniti, dai modi molto spicci, è passato alle minacce. Il solito bastone e carota, insomma. «Gli ucraini – ha avvertito – potrebbero fare un accordo. Potrebbero non farlo. Potrebbero essere russi un giorno o potrebbero non esserlo. Ma voglio indietro questi soldi». Chiaro no? Secondo la Casa Bianca, gli Stati Uniti hanno gettato in fondo al pozzo (senza fondo) di questa guerra ben 300 miliardi di dollari. E si rifiutano categoricamente di spenderne altri. Anzi, per loro è arrivato il momento di ‘recuperare’, e pare di capire che, alla base delle clamorose divergenze politiche con l’Unione Europea, ci sia sostanzialmente una questione di soldi. Che non riguarda, attenzione, solo la prosecuzione della guerra, ma mira invece a scaricare gli oneri finanziari della futura ricostruzione.
Ucraina al ‘Monte di pietà’
«In effetti – conclude il Telegraph – i cinque pacchetti pro Ucraina votati dal Congresso Usa ammontano a 175 miliardi di dollari, di cui 70 miliardi sono stati spesi negli Usa per la produzione di armi. Una parte è sotto forma di sovvenzioni umanitarie, ma gran parte è denaro in prestito che deve essere restituito». Non si scappa, anche se le cifre, tra il ‘dato americano ufficiale’ e il preteso da Trump, appare subito, enormemente diverso, prima o poi dovrà anche essere spiegato.
Ma di fronte alla voragine di bilancio statunitense provocata dall’impegno ucraino, per Trump non c’è diritto internazionale che tenga. E manco strenua difesa dei valori democratici o di qualsiasi altro tipo, No, per lui contano solo i Presidenti americani. A cominciare da Washington, Lincoln, Jackson, Grant e Hamilton, che compaiono con le loro facce sui dollari di ogni taglio.
21/02/2025
da Remocontro