16/12/2025
da Remocontro
Che è accaduto ad Israele nei lunghi anni del regno politico di Netanyahu? «La richiesta di grazia di Netanyahu è una lente sulla psiche politica di Israele» afferma il magazin israeliano ‘+972’. «Il rifiuto del primo ministro di riconoscere le proprie colpe rispecchia una società condizionata a interpretare il rimorso come debolezza e la forza bruta come destino».

I meriti per la grazia
- Nella richiesta formale di grazia per le accuse di corruzione presentata da Netanyahu al presidente Isaac Herzog a fine novembre, si chiede di tenere conto «del suo enorme contributo pubblico allo Stato di Israele e alla società israeliana nel campo della sicurezza». «L’aver rafforzato la percezione che ‘Israele debba difendersi da solo’», frase tra virgolette ma anonima.
Guerre e assassinii come meriti
- L’ordine di attacchi preventivi contro le forze sostenute dall’Iran in Siria,
- L’espansione del sistema di difesa missilistica Iron Dome,
- L’istituzione della Direzione Nazionale per la Sicurezza Informatica
- Il contributo alla ‘lotta esistenziale contro il programma nucleare iraniano con il suo discorso al Congresso degli Stati Uniti nel 2015,
- La sua decisione di bombardare l’Iran 10 anni dopo.
- Aver ordinato l’assassinio dei leader di Hamas Mohammed Deif, Ismail Haniyeh e Yahya Sinwar,
- Aver ordinato alle sue truppe di attaccare i vertici di Hezbollah, cosa che ha portato al rovesciamento del regime di Assad in Siria.
Nobel della guerra, con distrazioni
C’è un incidente di sicurezza significativo che manca da questa lista: il mortale attacco a sorpresa di Hamas del 7 ottobre. La lettera ignora anche che la guerra a Gaza non è ancora finita alle condizioni di Israele, poiché Hamas rimane in piedi in metà della Striscia. Queste omissioni non sono dovute a una limitazione del numero di parole; la lettera del Primo Ministro si estende su 13 pagine, rappresentando solo una parte di una presentazione di 111 pagine al Presidente, sottolinea l’autore dell’articolo Meron Rapoport.
Grazia senza pentimento
la richiesta di grazia di Netanyahu non è un documento legale. Ma riflette la sua percezione del suo posto nella storia e nella società israeliana dopo un totale di 18 anni trascorsi alla guida del governo e dopo due anni di genocidio a Gaza. E nessuna ammissione di colpa nelle migliaia di parole che compongono questa lettera. Tuttavia, quando si chiede grazia, ci si aspetta di sentire parole di scuse, o il riconoscimento di un errore. Qualcosa del tipo: «Potrei aver commesso un errore di giudizio». Nessun riconoscimento del genere compare nella lettera di Netanyahu.
Perdono senza colpa
L’argomentazione centrale del primo ministro a sostegno della sua grazia è la necessità di promuovere la riconciliazione tra un’opinione pubblica divisa. La lettera sostiene che per molti israeliani il processo a Netanyahu è stato «fonte di frustrazione, difficoltà e senso di ingiustizia, e ha aumentato tensioni e controversie tra le varie autorità». Non una parola sul suo ruolo smisurato nell’alimentare queste divisioni.
Megalomania
«Netanyahu nella storia israeliana, la lettera è decisamente al limite della megalomania». Più che un ultimo disperato tentativo di salvarsi la pelle, la richiesta di grazia è apparentemente il segno distintivo di un uomo per il quale «dedicare la propria vita al servizio del pubblico è la missione della sua vita e che pensa allo Stato di Israele e ai suoi cittadini giorno e notte». Se ci fossero stati difetti nella gestione degli affari di Stato da parte di Netanyahu durante i suoi vent’anni al potere, non ne viene fatta menzione nella lettera. «L’enorme contributo del primo ministro allo Stato di Israele è indiscutibile», si legge nella lettera, riferendosi a un uomo contro cui centinaia di migliaia di israeliani hanno protestato, duramente e a lungo.
Ulteriori meriti
- Netanyahu, continua la lettera, ha rilanciato l’economia,
- rafforzato la posizione internazionale di Israele ,
- ha guidato una lotta globale contro l’armamento nucleare dell’Iran.
- Non menziona la guerra a Gaza, ma semplicemente come una sottosezione della guerra contro l’Iran, Hezbollah e il rovesciamento del regime di Assad.
- ‘Parallelamente a tutto questo, il primo ministro ha guidato la campagna per rovesciare il regime di Hamas e liberare i nostri ostaggi dalla prigionia di Hamas’
- Netanyahu ha lavorato, «insieme a molte brave persone, per la vittoria di Israele in questa campagna storica»,.
- Poiché il successo di Netanyahu e il successo di Israele sono la stessa cosa, «il bene dello Stato di Israele e dei suoi cittadini richiede la fine del procedimento penale».
Mai nessun errore
Una ricerca su Google in ebraico dell’affermazione “Netanyahu: ho sbagliato” produce un solo risultato reale: la confessione del primo ministro di aver commesso un errore quando, a fine ottobre 2023, twittò che «tutte le forze di sicurezza, incluso il capo dell’intelligence e il capo dello Shin Bet, avevano valutato che Hamas era scoraggiato e si stava orientando verso un accordo [con Israele], e che in nessuna circostanza e in nessun momento il primo ministro Netanyahu era stato avvertito delle intenzioni di guerra di Hamas».
New York Times
Sui primi giorni successivi al 7 ottobre il quotidiano Usa cita testimoni oculari sul ministro della Giustizia Yariv Levin che scoppia a piangere durante la prima riunione di gabinetto dopo l’attacco di Hamas (il suo portavoce lo ha negato), e il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha affermato che «tra 48 ore chiederanno le nostre dimissioni a causa di questo pasticcio, e avranno ragione». Galit Distel-Atbaryan si è dimessa dal suo incarico ministeriale pochi giorni dopo l’inizio della guerra, spiegando in un’intervista che «ero tra le persone che hanno indebolito il paese, e questa debolezza in molti modi ha portato al massacro».
Profeta onniscente
Quando il giornalista di destra Douglas Murray gli chiese, nel gennaio 2024, se anche lui avesse commesso un errore nella sua percezione di Hamas, rispose: «Potrebbe essere vero per alcune persone, ma certamente non lo era per me». Ma oggi la destra israeliana Non solo non si scusa, ma qualsiasi espressione di anche minima considerazione o rispetto per chi si trova dall’altra parte – che si tratti di un politico, un giornalista, l’Avvocato Generale Militare o il presidente della Corte Suprema, per non parlare di palestinesi o esponenti della sinistra – viene immediatamente vista come debolezza.
Addio Israele democratico
- La tragedia di tutta questa vicenda non è che un leader corrotto stia cercando di ottenere la grazia per i suoi crimini, ma piuttosto che non esiste un campo politico in grado di fornire un’alternativa alla visione unica di Netanyahu: forza bruta, forza brutra d’influenza – quando ciò che serve èa e ancora forza bruta. Al contrario, abbiamo un’opposizione sempre sulla difensiva – il che non fa che rafforzare Netanyahu ed espandere la sua sfe un’opposizione che insista senza mezzi termini sui diritti umani, l’uguaglianza e l’imperativo di porre fine all’occupazione, all’apartheid e al genocidio

