23/09/2025
da Remocontro
I peggiori padroni del mondo, senza ‘buoni’ su cui contare. Palestina all’Onu ma Trump toglie il visto al loro rappresentante. Stato di Palestina su iniziativa di Francia e Regno Unito. L’Australia decide, l’Italia ‘riflette’. Intanto negli Stati Uniti la libertà d’espressione è a rischio: Tv e giornali nel mirino di Trump.
Qualcosa, ancora poco, eppur si muove
Per la prima volta dei Paesi del G7, Regno Unito e Canada, hanno formalizzato il riconoscimento dello Stato palestinese, insieme con l’Australia, per marcare una distanza rispetto alla durezza dell’offensiva israeliana a Gaza e per la spinta senza precedenti delle colonie. A Londra, Ottawa e Canberra si aggiungeranno Parigi e altre capitali in occasione dell’Assemblea Generale. Mezza Europa che sceglie. L’Italia no.
Senza pudore e senza vergogna
Il primo ministro dell’Autorità Nazionale Palestinese, parvenza di Stato, impedito ad accedere nella sede Onu negli Stati Uniti. L’80esima sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni unite sulla Palestina e la guerra di Israele a Gaza sbeffeggiata da una amministrazione statunitense che offende le radici stesse di quella democrazia allo sbando. Scontro annunciato che vede da una parte l’Onu, e dall’altra Usa e Israele. Mistero da sciogliere –da rendere pubblico-, con chi sta il governo Meloni. Trump a spinta Netanyahu fuori misura, e l’Onu si era premonito aveva approvato una risoluzione che consente ai vertici palestinesi di partecipare comunque anche se a distanza. Voto a misura di democrazia internazionale: 145 voti a favore, 5 contrari (Israele, Nauru, Palau, Paraguay e Stati uniti), e le astensioni di Albania, Fiji, Ungheria, Macedonia del Nord, Panama e Papua e Nuova Guinea.
Palestina Stato Onu a pieno titolo?
Nel 2012 l’Assemblea Onu aveva riconosciuto la Palestina come stato di osservatore permanente, un passo più che altro simbolico. Ora, il 12 settembre, l’Assemblea generale ha adottato la Dichiarazione di New York sulla risoluzione pacifica della questione palestinese e l’attuazione della soluzione a due Stati, approvando una ‘road map’ che prevede un cessate il fuoco immediato a Gaza, il rilascio degli ostaggi e la creazione di uno stato palestinese sovrano, e lo ha fatto con 142 voti favorevoli, 10 contrari (tra cui chiaramente quelli di Stati Uniti e Israele) e 12 astensioni. Anche in questo caso, prevale ancora il simbolismo rispetto ai fatti, ma il potere della forza spregiudicata usato da Israele come politica internazionale sta arrivando al limite possibile del suo percorso di disumanità violenta. Assieme a futuro dei suoi capi manipolo chiamati prima o poi a rispondere elettoralmente.
Gaza parla anche di noi
Fino ad ora oltre 147 Stati membri dell’Onu hanno riconosciuto lo stato di Palestina e si prevede che altri, tra cui il Regno Unito e la Francia, faranno altrettanto oggi, durante un vertice presieduto congiuntamente da Francia e Arabia Saudita in cui si analizzerà il futuro della soluzione a due Stati, «per una coesistenza pacifica e sicura». Il voto di Francia e Regno Unito è particolarmente importante –sottolinea Marina Catucci-, in quanto i due paesi, insieme a Cina, Russia e Usa, fanno parte dei cinque membri permanenti del consiglio di sicurezza dell’Onu con diritto di veto. Durante l’Assemblea si terrà anche una sessione speciale sui Territori palestinesi occupati, con potenziali azioni contro l’occupazione israeliana. Ma come ha fatto notare sul New York Times Aaron David Miller, questo piano sarebbe buono, «ma è completamente slegato dalla realtà attuale». Una realtà in cui gli Usa restano il principale fornitore di armi a Israele.
Tutto l’armamento Usa per Israele
«Proprio questo mese è stata notificata al Congresso la vendita di armi a Tel Aviv per 6 miliardi di dollari, in un pacchetto in cui sono inclusi decine di caccia F-15, jet da combattimento F-35, elicotteri, aerocisterne di rifornimento aereo KC-46A, munizioni e bombe», il dettaglio. La difficoltà per il resto del mondo di arrivare a una soluzione a due Stati contro i due principali protagonisti geopolitici è evidente, ma mai prima d’ora l’Onu si era espresso in modo così netto schierandosi al fianco della Palestina. Un segnale importante per rilanciare la soluzione diplomatica che riflette le pressioni delle opinioni pubbliche di molti paesi sui loro governi. Per in prossimo futuro oltre Netanyahu e oltre Trump a dintorno, speriamo. Intanto, scarica barile: «Il Pentagono ha avvertito che gli Stati Uniti hanno intenzione di tagliare parte dell’assistenza di sicurezza a Lettonia, Lituania ed Estonia, i Paesi Baltici confinanti con la Russia», la sintesi Ansa. Europa arrangiati.
Autoritarismo fascistoide di Trump in casa
Il caso Kimmel, presentatore sospeso dall’Abc dopo gli attacchi rivolti da Trump al programma, fa il paio con le cause miliardarie del tycoon alla stampa. I grandi network sono sempre più deboli, o nella mani di uomini sempre più codardi. I fatti: dopo essere stata minacciata dall’Amministrazione Trump di revoca dell’autorizzazione a trasmettere, la Abc ha sospeso il programma di Jimmy Kimmel perché il conduttore aveva accusato ‘la banda Maga’ di dipingere come un uomo di sinistra l’assassino di Charlie Kirk. Esattamente come sta accadendo. Ieri la Disney, proprietaria della Abc, ha aperto a un possibile ritorno dell’umorista, «solo se abbassa i toni». Intanto Trump dipinge la minaccia di togliere la licenza statale alle tv che ospitano critiche a lui e al suo movimento come logica: «Quando hai una rete e tutto ciò che fa è attaccare Trump e farmi cattiva pubblicità, e hai una licenza, penso che la licenza dovrebbe essere tolta».
Trump: ‘lo Stato sono io’
Non fa una piega se si accetta il presupposto che Trump è lo Stato e che il diritto di trasmettere programmi a livello nazionale dipende da lui. Molto oltre il modello si lottizzazione Rai che nell’era Meloni ha molto di trumpiano. Negli Stati Uniti il favore del presidente in carica non è mai stata una delle regole cui ottemperare per produrre e diffondere trasmissioni televisive. Invece ieri il capo della Fcc, l’agenzia governativa che regola le comunicazioni, Brendan Carr, ha chiarito che non attaccare il presidente fa parte «dell’interesse pubblico» che le reti hanno l’obbligo di rispettare. È una novità folle con protagonisti senza pudore: solo due anni fa, lo stesso Carr, criticando gli sforzi di rendere i colossi tecnologici responsabili di moderare i messaggi di odio che appaiono sui social media, scriveva su X: «La libertà di espressione è il contrappeso al controllo governativo. La censura è il sogno dei governi autoritari».
Pessima aria sulla democrazia e sul mondo
Da ricordare tutti che se un Paese al mondo ha sempre preso sul serio la libertà d’espressione, sono gli Stati Uniti. Non a caso la libera circolazione delle idee, anche le più estreme, è contenuta nel primo articolo della loro carta costituzionale. Fino a pochi mesi fa, avverte Elena Molinari. «Ora, in seguito all’assassinio dell’attivista conservatore Kirk, decine di dipendenti pubblici sono stati licenziati, sospesi o sanzionati per aver pubblicato sui social media post ritenuti ‘inappropriati’». La scorsa settimana i servizi segreti Usa hanno messo in congedo un dipendente che aveva scritto su Facebook che Kirk «ha vomitato odio e razzismo nel suo show». Un impiegato della Emergency Management Agency è stato sospeso per aver descritto Kirk «misogino omofobo e razzista». Paradossalmente, Kirk era un sostenitore della libertà di parola, disposto a discutere con chi non era d’accordo con lui. Dettaglio finale, le cause da 10 miliardi di Trump contro il Wall Street Journal e da 15 miliardi contro il New York Times.
«Chi sarà allora il prossimo conduttore, giornalista o comico a essere colpito? Non certo Brian Kilmeade, presentatore di Fox TV, il canale di destra amato da Trump. Kilmeade ha recentemente chiesto che i malati mentali e i senzatetto vengano uccisi. È ancora al suo posto».
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L’ITALIA IN PIAZZA PER GAZA, SCIOPERO GENERALE
Numerose le manifestazioni in diverse città italiane: a Roma, Milano, Bologna, Napoli, Genova. Sit in e presidi anche a Torino, Firenze, Ancona, Bari e Palermo.