Dopo la costituzione dello stato di Israele e dopo il primo conflitto arabo-israeliano del 1948 centinaia di migliaia di profughi palestinesi ripararono nei diversi paesi arabi. Le vicende all’interno di ogni singolo paese furono abbastanza simili, perché – quasi ovunque – l’accoglienza iniziale progressivamente cambiò, trasformandosi spesso in isolamento, intolleranza o anche in aperta ostilità. Campi profughi palestinesi come tante altre piccole Gaza, a volte con costrizioni violente.
Soltanto un primo racconto di una storia lunga e sovente tragica.
Il leader palestinese Arafat e il già premier israeliano Natanyahu nel 1996
La fragilità della Giordania
Verso la Giordania, nel 1948. probabilmente espatriò il maggior numero di profughi palestinesi. Il regno di Giordania era al tempo governato da re Abd Alaah che godeva un certo prestigio in quanto sovrano dell’unico paese arabo non sconfitto da Israele: grazie infatti alla Legione Araba, comandata da un inglese, furono occupate la Cisgiordania e Gerusalemme est, situazione che durò fino al 1967.
In Cisgiordania, ovvero sull’altra riva del fiume Giordano, affluirono dunque i profughi palestinesi, una parte dei quali ottenne in seguito la cittadinanza giordana: molti si insediarono nelle città, ma molti rimasero nei campi profughi, alcuni dei quali esistono tuttora.
Per la Giordania si trattò però dell’inizio di una questione demografica che – a cinquant’anni di distanza – dura tuttora e continua ad essere considerata un fattore di instabilità in quanto altera la proporzione tra popolazione autoctona e quella immigrata. Ad appesantire questa situazione storica, si sono aggiunti altri flussi migratori dalla regione, come attualmente i profughi siriani, o rientri massicci di giordani in precedenza emigrati in altri paesi per crisi economiche.
Settembre Nero
Nel 1967, nella guerra dei Sei giorni, la Giordania fu sconfitta perdendo Gerusalemme est e la Cisgiordania: il risultato fu che nella Transgiordania affluirono altri profughi palestinesi. In questa seconda ondata erano presenti moltissimi aderenti all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) che iniziarono a compiere azioni militari o attentati contro le forze israeliane che occupavano la Cisgiordania.
A tali azioni dei fedayn corrispondeva inevitabilmente una reazione israeliana in territorio giordano e fu avviata da re Hussein una campagna per il disarmo dei gruppi estremisti. Nel febbraio 1971, ad Amman, scoppiarono violenti scontri tra palestinesi aderenti all’OLP e forze di sicurezza giordane provocando oltre trecento morti.
Nel settembre dello stesso anno, a seguito di un fallito attentato contro re Hussein, le forze giordane attaccarono sia i quartieri generali che alcuni campi palestinesi e in una decina di giorni di violenti combattimenti si ebbero ottomila morti. Dagli anni Ottanta è tuttavia iniziato un processo di normalizzazione ed attualmente, grazie ad un compromesso con l’organizzazione dei Fratelli Musulmani (ai quali aderisce un grande numero di palestinesi), la situazione si può definire stabile, ma non del tutto priva di preoccupazioni.
Il campo di Yarmuk
Situato ad una decina di chilometri da Damasco il campo di Yarmuk è stato a lungo un luogo simbolico della diaspora palestinese. Istituito nel 1957 come campo ‘minore’ e come ‘soluzione transitoria’ in quanto nel 1956 una legge siriana aveva garantito ai profughi palestinesi il godimento degli stessi diritti dei siriani, il campo di Yarmuk divenne al contrario un’entità molto rilevante e un crocevia per i movimenti dei profughi. Negli anni Settanta da Yarmuk molti palestinesi, ma anche siriani simpatizzanti per l’OLP, presero parte ad azioni contro le forze israeliane.
A partire dagli anni Ottanta però, inaspritisi i rapporti tra il siriano Hafez Al Assad e Yasser Arafat, che fu anche ‘bandito’ dalla Siria, Yarmuk, considerata una roccaforte dell’opposizione, divenne oggetto di dure repressioni siriane con migliaia di arresti di palestinesi. Progressivamente, mentre si svuotava il ruolo politico dell’OLP sradicato dai siriani, si assisteva però all’ascesa di nuovi gruppi estremisti tra i quali Hamas e Jihad islamica che trasformarono il campo in una sorta di centro di reclutamento. Ad esempio il leader di Hamas Khaled Meshaal, prima di raggiungere il Qatar, era vissuto a Yarmuk fino al 2012, ma la situazione mutò drammaticamente quando Hamas e Jihad islamica decisero di schierarsi contro Bashar al Assad.
Nel mezzo della guerra civile siriana
Nel folle tentativo di occupare Damasco nel 2012 l’Esercito Siriano Libero e al Nusra decisero di lanciare l’attacco partendo proprio dal campo di Yarmuk. Il campo fu subito bombardato pesantemente dall’aviazione siriana, ma nella confusione i due gruppi estremisti in realtà si rafforzarono e si impadronirono completamente del campo, costringendo gli ultimi profughi o a combattere con loro o a fuggire.
Nel luglio 2013 l’intera zona fu circondata dalle forze fedeli ad Assad che iniziarono un duro assedio togliendo al campo rifornimenti, elettricità, acqua e ogni altro collegamento con l’esterno. Nel 2014 fu tentato un accordo sotto la protezione delle Nazioni Unite che fallì e seguirono altre trattative infruttuose fino alla comparsa di nuovo attore sulla scena siriana: a negoziare la resa nel 2018 fu infatti l’Isis, ma ogni presenza palestinese era ormai diventata un lontano ricordo.
29/10/2023
da Remocontro
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