L’Europa vieta pesticidi tossici sul suo territorio ma ne consente la produzione e l’esportazione, con gravi rischi per salute ed ecosistemi globali
L’Unione europea con una mano firma divieti di utilizzo di pesticidi tossici, con l’altra consente alle aziende di incassare i profitti della loro vendita nei mercati esteri. Solo l’anno scorso è stata autorizzata l’esportazione di pesticidi contenenti 75 diverse sostanze che, da noi, sono vietate. Il loro utilizzo, i legislatori europei lo sanno bene, mette a rischio la salute umana e l’ambiente. L’Italia al sesto posto tra i Paesi più coinvolti.
Parliamo di sostanze bandite perché possono causare danni cerebrali in bambine e bambini, infertilità e interferenze endocrine. Senza contare gli impatti su ambiente ed ecosistemi, come quelli degli insetticidi neonicotinoidi, letali per le popolazioni di api, e definiti «minaccia globale» dalla stessa Unione europea. Inutile dire che il 58% del peso complessivo di sostanze dannose che esportiamo viene destinato a Paesi a basso e medio reddito. Gli stessi in cui, secondo le agenzie Onu, l’utilizzo di queste sostanze è più pericoloso per persone ed ecosistemi di quanto non lo sia nei Paesi in cui sono già vietati.
Pesticidi vietati in Europa, ma esportati nel resto del mondo: un doppio standard «razzista e coloniale»
Il pesticida più esportato è il “fumigante del suolo” 1,3-dicloropropene (1,3-D). A casa nostra è vietato dal 2007 perché connesso al rischio di contaminazione delle acque sotterranee e per la tutela della fauna selvatica. Nel solo 2024, però, l’Unione europea ha notificato l’intenzione di esportare quasi 21mila tonnellate di pesticidi costruiti sulla stessa base chimica. Il secondo pesticida vietato esportato dall’Ue per quantità è il diserbante glufosinate, figlio della tedesca BASF. La sostanza è stata ufficialmente vietata nel 2018 perché tossica per la riproduzione: è potenzialmente dannosa per la fertilità o per il feto. Le esportazioni previste per il 2025 erano di 20mila tonnellate, destinate a 26 Paesi tra cui Canada, Brasile, Stati Uniti, Colombia e Indonesia.
E poi ci sono le sostanze vietate di recente, come l’epoxiconazolo, fuorilegge dal 2020 perché pericoloso per il feto. O il thiram, bandito nel 2018 per «rischi elevati a consumatori e lavoratori». L’elenco è ancora molto lungo, quel che conta è ciò che evidenzia: un palese doppio standard. Mentre vietiamo queste sostanze da noi per proteggere la nostra salute, le vendiamo a chi è meno tutelato. Un dato che, secondo Kara MacKay, coordinatrice delle campagne del gruppo sudafricano Women on Farms Project (WFP), «rivela un pensiero razzista e coloniale di cui l’Europa ancora soffre».
+150% di esportazioni: chi sono i grandi esportatori di pesticidi tossici
I numeri smentiscono le dichiarazioni sulla necessità di eliminare questa pratica tanto ipocrita quanto dannosa. Nel 2018 le sostanze vietate che vendevamo al resto del mondo erano poco più della metà di oggi: 41 (nel 2024 erano 75). Per un totale di 82mila tonnellate, diventate 122mila nel 2024. Aumento ancora più significativo di quel che sembra visto che è calcolato al netto delle esportazioni del Regno Unito, che nel 2018 era il maggior esportatore Ue, con una quota del 40%, ma che nel frattempo ha lasciato l’Unione. Escludendo il Regno Unito, le esportazioni di pesticidi vietati in Europa sono aumentate del 150%.
La pratica nel 2024 ha riguardato complessivamente 13 Stati europei. Prima tra gli esportatori, la Germania, che tra l’altro aveva anche preso in considerazione di vietare queste esportazioni. L’elenco dei primi dieci vede poi a seguire: Belgio, Spagna, Paesi Bassi, Bulgaria, Italia, Francia, Danimarca, Ungheria e Romania.
Parlando di singole aziende, la più grande esportatrice europea è la tedesca BASF, che diffonde glufosinate, epoxiconazolo e fipronil, un pesticida connesso alla moria delle api in tutto il mondo, specie in Brasile. Tra le aziende più responsabili anche Teleos Ag Solutions, la bulgara Agria, Corteva, Sygenta, Bayer e la tedesca AlzChem. Insieme alle altre, nel 2024 hanno tentato di raggiungere 93 Paesi: di questi, 71 erano a basso e medio reddito. Più colpito di tutti il Brasile, seguito da Ucraina, Marocco, Malesia, Cina, Argentina, Messico, Filippine, Vietnam e Sudafrica.
Tra i Paesi ad alto reddito, invece, il maggior importatore è rappresentato dagli Stati Uniti, seguiti da Canada, Giappone, Russia, Australia e Cile. E poi ci sono quelli, come Svizzera e Regno Unito, che importano sostanze vietate per poi riesportarle altrove.
Italia al sesto posto tra i peggiori esportatori di pesticidi
Il nostro Paese contribuisce attivamente a peggiorare il quadro. Nel 2024 sei aziende hanno notificato l’esportazione di quasi 7mila tonnellate di pesticidi contenenti 11 sostanze che, in Ue, è vietato usare. Come l’erbicida trifluralin, bandito da quasi vent’anni perché tossico per le popolazioni acquatiche e persistente nel suolo e negli organismi. E il suo parente chimico ethalfluralin. Il trifluralin è talmente pervasivo che la contaminazione può arrivare anche in aree lontane dai campi in cui viene usato: causa reazioni cutanee ed è sospettato di essere una sostanza cancerogena. Nel 2024 la bresciana Finchimica ne ha registrato l’esportazione di 4mila tonnellate in Australia, Stati Uniti, Canada, Giappone e Cile. Sempre la Finchimica, nello stesso anno, ha dichiarato l’esportazione di 1.300 tonnellate di ethalfluralin a Stati Uniti e Canada e, in misura minore, Corea del Sud e India.
Nel frattempo la ragusana Tris International notificava l’esportazione in Marocco di più di 600 tonnellate dei “fumiganti del suolo” contenenti 1,3-dicloropropene di cui parlavamo sopra. In alcuni casi le esportazioni erano anche di cloropicrina, un fumigante vietato che, durante la prima Guerra mondiale, era usato come arma chimica per la sua capacità di superare anche i filtri delle maschere antigas. La multinazionale Corteva, con sede a Cremona, ha dichiarato l’esportazione di 92 tonnellate di fungicidi con mancozeb, una sostanza vietata nel 2020 perché interferente endocrino e tossica per la riproduzione. E poi c’è la milanese Sipcam Oxon che ha dichiarato di aver esportato 105 tonnellate di fungicidi contenenti clorotanil, un pesticida vietato in Europa dal 2019 perché potenzialmente cancerogeno.
Commissione europea: promesse di stop alle esportazioni mai rispettate
Come è possibile che ciò accada? Nella legislazione comunitaria alcune lacune rendono le aziende libere di continuare a produrre una sostanza, anche se il suo utilizzo è vietato perché è pericolosa. Ed è altrettanto consentito venderle a Paesi con leggi meno stringenti. La pratica era già emersa cinque anni fa da un’indagine di Unearthed e Public Eye, che mappò tutte le esportazioni di pesticidi vietati dall’Unione europea. Proprio quell’inchiesta indusse la Commissione a impegnarsi a mettere fine alla prassi. Ed effettivamente c’è chi ha smesso: nel 2022 la Francia e all’inizio del 2025 il Belgio hanno approvato leggi che vietano l’esportazione di pesticidi banditi. Senza un divieto europeo, però, non ci saranno effetti significativi. Divieto che tarda ad arrivare e che ha già subito diversi rinvii.

