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I raid non tacciono. E Israele usa Gaza come una discarica

I raid non tacciono. E Israele usa Gaza come una discarica

Politica estera

02/11/2025

da Il manifesto

Eliana Riva

Terra rimossa Via vai di mezzi pesanti: partono carichi da Israele, penetrano per 300 metri dentro Gaza e ne escono svuotati. Trasportano spazzatura e quintali di detriti lasciati dall’esercito

La «linea gialla» dietro cui l’esercito israeliano continua a operare a Gaza rimane una zona di guerra, con bombardamenti ed esplosioni che terrorizzano ogni giorno le famiglie palestinesi tornate tra le rovine delle proprie case.

I TESTIMONI che si trovano non lontani dal 53% della Gaza occupata da Tel Aviv, raccontano del volo continuo di droni, degli spari dei cannoni e delle detonazioni. La città di Khan Younis, a sud, rimane forse la più bersagliata, ma anche a Jabaliya, nel nord, si sono udite esplosioni. I militari continuano senza sosta le operazioni di demolizione di edifici, campi, infrastrutture, con l’aiuto degli appaltatori privati. Ieri nel quartiere al-Amal, proprio a Khan Younis, le squadre di soccorso hanno recuperato i corpi di tre palestinesi uccisi nei giorni passati. La protezione civile ha denunciato le enormi difficoltà che incontra ogni giorno per raggiungere le aree vicine alla linea gialla.

Eppure, è proprio lungo la linea gialla, sotto il controllo dell’esercito, che Tel Aviv vorrebbe aprire da dieci a venti siti per la distribuzione degli aiuti umanitari. Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, il progetto è stato presentato agli Stati uniti come una proposta congiunta dei militari e della Ghf, la fondazione che ha controllato gli aiuti a Gaza per conto di Washington e Tel Aviv. La sua gestione ha aggravato la situazione umanitaria e più di duemila persone sono state uccise dai militari e dai mercenari incaricati di gestire la sicurezza. Gli stessi funzionari che avevano insistito perché l’amministrazione umanitaria venisse affidata alla fondazione, estromettendo le Nazioni unite, stanno tentando una riedizione del disastroso esperimento.

SECONDO FONTI giornalistiche, tuttavia, Washington si sarebbe questa volta opposta alla proposta, definendo «irrealistica» l’idea che la popolazione di Gaza si sposti in massa per raggiungere i centri. Inoltre, gli Stati uniti riterrebbero impossibile evitare disordini ed episodi di violenza nei confronti della popolazione civile. È lo stesso avvertimento che le Nazioni unite avevano lanciato ancora prima che la Gaza Humanitaria Foundation iniziasse le proprie operazioni e che si è puntualmente verificato nei siti sotto la sua gestione. Ma allora gli Stati uniti non presero assolutamente in considerazione gli avvisi dell’Onu e sostennero l’operazione architettata da Israele.

TEL AVIV STA TENTANDO di riscuotere dalla sua occupazione attuale il maggior vantaggio possibile. Persino scaricando dentro l’area decine di camion carichi di rifiuti e materiale edile provenienti da Israele. I media ebraici hanno testimoniato con video e immagini il via vai di mezzi pesanti che partono carichi da Israele, attraversano il valico di Kissufim, penetrano per 200-300 metri dentro Gaza e ne escono poi svuotati. Trasportano spazzatura e quintali di detriti lasciati dall’esercito nelle aree israeliane al confine con la Striscia. I militari hanno disseminato il territorio di basi e postazioni, dove centinaia di soldati hanno stazionato per due anni. Sono stati costruiti edifici, abbattute infrastrutture, erette recinzioni e barriere di cemento, fabbricate strade.

DIVERSI UFFICIALI hanno confermato ai giornalisti di Haaretz di aver ricevuto l’ordine di far passare i mezzi delle società private israeliane per depositare il proprio carico dentro la Striscia. I soldati che vivono nei kibbutz vicino a Gaza si sono lamentati con i giornalisti: quei rifiuti, dicono, resteranno di fronte alle loro case per sempre. Alcuni ufficiali hanno dichiarato che i detriti di costruzione sono pieni di ferro, blocchi di cemento, tubi di irrigazione, «materiali che Hamas finirà per utilizzare ai propri scopi». Gli appaltatori privati, tutte società israeliane, traggono profitto tanto dalla distruzione degli edifici palestinesi che dal trasporto dei rifiuti israeliani dentro la Striscia.

L’esercito ha dichiarato, ufficialmente, di non essere a conoscenza di questa situazione ma secondo i soldati, i comandanti credono che presto o tardi i paesi stranieri si faranno carico delle spese di smaltimento per cominciare la ricostruzione. Che al momento sembra ancora lontana. La forza internazionale che, secondo i piani del presidente Usa Donald Trump, dovrebbe insediarsi nella Striscia, nei fatti non esiste. La maggior parte degli attori che dovrebbero prenderne parte ritiene che sia necessario chiedere e ottenere un mandato direttamente dall’Onu. Ma la rivendicazione, seppur legittima, si scontra con i tentativi di delegittimazione delle Nazioni unite messi in campo da Israele e Stati uniti.

INTANTO, TEL AVIV ha dichiarato ieri che i tre corpi consegnati da Hamas non corrispondono a nessuno degli undici ostaggi rimasti a Gaza. Il gruppo palestinese aveva avvertito della possibilità di un riscontro negativo.

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