È trascorso un anno e mezzo dalla consegna al Senato della Repubblica di oltre 70 mila firme a sostegno della proposta di legge di iniziativa popolare per un salario minimo di 10 euro l’ora indicizzato all’inflazione e con il costo a carico delle imprese.
Nel frattempo i bassi salari italiani, tra i più bassi d’Europa, rappresentano la vera emergenza del nostro paese nel quale le retribuzioni continuano a perdere valore reale mentre nella maggior parte dei paesi dell’Ocse sono cresciute, spesso significativamente.
Le magnifiche sorti dell’occupazione raccontate dalla Presidente del Consiglio nascondono una realtà fatta di milioni di lavoratrici e lavoratori che ricevono stipendi che li collocano sotto la soglia di povertà; di crescita, questa sì eccezionale, del lavoro precario e part time, spesso obbligato, senza diritti e malpagato.
Di fronte al dramma che condanna alla povertà milioni di lavoratori. Il governo delle destre si oppone strenuamente all’introduzione di un salario minimo mentre taglia le spese sociali, le pensioni e destina al contratto dei pubblici dipendenti un terzo delle risorse necessarie per il solo recupero dell’inflazione.
Intanto non possiamo non il fatto grave accaduto nella decima commissione del Senato, dove era calendarizzata la discussione su tre proposte di legge sul salario minimo, tra cui quella di iniziativa popolare presentata da Unione Popolare.
In realtà hanno potuto partecipare alla discussione, durata diverse sedute, solo i sostenitori delle due proposte di iniziativa parlamentare mentre ai promotori di quella sostenuta dalle firme di decine di migliaia di cittadine e cittadine non è stata concessa neppure un’audizione.
Così la Commissione è arrivata alla scelta di un testo base, la proposta di legge 957, presentata originariamente dall’opposizione di centrosinistra e successivamente svuotata dal governo, senza prendere in nessuna considerazione la nostra proposta.
Denunciamo con forza quanto accaduto senza che l’opposizione parlamentare si sia sentita in dovere di denunciarlo e opporsi. È uno schiaffo alla democrazia e un segno di disprezzo intollerabile verso le cittadine e i cittadini che si sono mobilitati nel sostegno a questa legge confidando in una possibilità di partecipazione democratica che invece viene brutalmente negata.
31/05/2025
Di Antonello Patta* Direzione nazionale del PRC