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Il 25 aprile, un nuovo inizio

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Il fascismo non è stato inventato in Germania, né in Spagna, né in America Latina, né altrove. La criminalità del fascismo è un’esperienza italiana che ha, poi, trovato emuli in ogni parte del mondo. Non dobbiamo dimenticarcelo mai

Il 25 aprile celebriamo la Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Questa affermazione sembra scontata, ma leggiamola meglio.

Soffermiamoci su un’altra data. Quando il 2 giugno del 1946 le italiane e gli italiani si recarono al voto per scegliere, con il referendum, tra monarchia e repubblica, molti tra loro non avevano mai partecipato a una consultazione popolare. Per l’intero arco del regime fascista le elezioni erano state soppresse. L’ultima volta che in Italia si era svolto un confronto elettorale multipartitico era stato il 6 aprile del 1924. Quindi, prima della nascita di molti di quegli elettori, quelli più giovani. Quel 6 giugno fu anche un’altra prima volta perché, fino ad allora, in Italia le donne non avevano diritto di voto.

Il fascismo aveva sciolto e cancellato gli altri partiti e imposto il regime del partito unico. Aveva istituzionalizzato la figura del leader solo al comando e carismatico. Aveva creato un’organizzazione statale e sociale gerarchica, nella quale ogni posto chiave era ricoperto da un uomo del partito, dal capo del governo al “capo fabbricato”.

Aveva soppresso la libertà di espressione, di informazione e di associazione. Aveva irregimentato tutti i cittadini in organizzazioni del partito fascista fin dalla più tenera età. E conscio della modernità nella quale operava, esercitava, attraverso i media dell’epoca, il cinema e la radio, una ossessiva pressione sulle menti.

Il fascismo non è stato inventato in Germania, né in Spagna, né in America Latina, né altrove. Il fascismo è un’esperienza italiana che ha, poi, trovato emuli in ogni parte del mondo. Un’esperienza italiana al punto che, proprio in lingua italiana, è stato coniato un termine – assunto poi nelle culture del resto del mondo – per descriverne l’assoluta pervasività nella società: totalitarismo.

Già nel 1923 Giovanni Amendola, in un articolo scritto sulle colonne de Il Mondo, da lui fondato nel 1922, ne descrive la tendenza a costruire un “sistema totalitario” come “promessa del dominio assoluto e dello spadroneggiamento completo e incontrollato nel campo politico e amministrativo”. Il sostantivo “totalitarismo” nasce da quel ragionamento e sarà, in seguito, esteso agli altri regimi tipici del XX Secolo.

Ma lo stesso Mussolini rivendicherà pubblicamente la “volontà totalitaria” del fascismo togliendo ogni dubbio sulla natura perversamente innovativa del regime.
Ecco, dunque, l’enormità non solo della propensione dittatoriale del fascismo, ma del coraggio che animò coloro che gli si opposero. E di quelli che, a partire dall’8 settembre 1943, presero le armi per combattere i fascisti e gli invasori nazisti. Molti di quelli che animarono la guerra di Liberazione, i ventenni, non avevano conosciuto altro che il totalitarismo di quel regime. E avevano potuto soltanto immaginare e sognare la libertà.

Nella Resistenza non vi è nulla di scontato. E la Resistenza italiana è un fenomeno del tutto originale. Negli altri Paesi europei essa fu rivolta contro l’invasore nazista e i suoi complici locali. In Italia fu quello e non solo. Perché il nemico era anche ciò che restava del primo totalitarismo conosciuto dal mondo.

La Resistenza unì i patrioti italiani delle più varie idee. Le Brigate Garibaldi del Partito Comunista; le Brigate Giustizia e Libertà del Partito d’Azione; le Brigate Matteotti del Partito Socialista; le Brigate Fiamme Verdi, del Popolo e Osoppo delle Democrazia Cristiana; le formazioni militari monarchiche e badogliane; e, ancora, formazioni trotskiste, anarchiche e via enumerando.

Esse si riunirono tutte sotto il comando unico del Comitato di Liberazione Nazionale. Il CLN era nato a Roma il 9 settembre 1943, in una riunione dei partiti clandestini che si opponevano al fascismo. La mozione approvata in quell’assemblea affermava: “Nel momento in cui il nazismo tenta di restaurare in Roma e in Italia il suo alleato fascista, i partiti antifascisti si costituiscono in Comitato di Liberazione Nazionale, per chiamare gli italiani alla lotta e alla resistenza per riconquistare all’Italia il posto che le compete nel consesso delle libere nazioni”.

Non ha, dunque, alcun senso accostare la celebrazione della Resistenza e della Liberazione italiana ad altre vicende lontane nel tempo, nello spazio e nei contenuti. Farlo significa mistificare e, soprattutto, sminuire la dimensione e l’unicità di quell’esperienza.

Il 25 aprile noi celebriamo la Liberazione dell’Italia dal regime fascista e dall’occupante nazista.

24/04/2025

da Left

 Cesare Damiano

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