In Basilicata (come in altre regioni italiane) gli ospedali sono lontani decine di chilometri dalle aree interne, la popolazione anziana spesso non si muove. E l'assistenza a domicilio la fanno i parenti costretti a spostarsi
Nonostante sia già in pensione, Mario Ricciardi indossa ogni giorno il suo camice bianco e attende i pazienti dietro al bancone della sua farmacia a Missanello, comune lucano di circa 400 abitanti. In ambito sanitario, è diventato suo malgrado uno dei punti di riferimento da quando, ormai diversi mesi fa, il piccolo centro è rimasto senza un medico di base fisso. L’ambulatorio si trova a pochi passi dalla farmacia, ma trovare la porta aperta è molto raro. «C’è un dottore che passa due volte a settimana, resta in totale sei ore – spiega Ricciardi – Io sopperisco un po’ alla sua mancanza».
Quasi ogni sera viene contattato per ricevere ricette tramite computer o WhatsApp. «Io le preparo e, se serve, le porto direttamente a casa della gente», racconta. Alla domanda se il servizio a domicilio sia a pagamento, quasi si offende. «Assolutamente no. Qui c'è un rapporto umano. I miei clienti sono perlopiù anziani: molti riescono ancora a camminare, ma con difficoltà, così cerco di aiutare quando posso».
Le parole di Ricciardi restituiscono la fotografia di cosa significhi vivere in un paese lucano oggi, tra servizi che scompaiono e una popolazione sempre più fragile. Come in molti altri comuni della Basilicata, anche Missanello ha visto azzerarsi le nascite e crescere l’età media dei suoi abitanti. È un quadro che riflette una tendenza più ampia: secondo i dati Istat, la Basilicata è infatti la regione italiana con il maggiore calo demografico, con una variazione negativa del 6,3 per mille, seguita solo dalla Sardegna (-5,8 per mille). Un declino che incide direttamente sulla tenuta del sistema sanitario locale, dove sempre più spesso a colmare i vuoti lasciati dallo Stato sono le reti sociali e i legami familiari.
Lo spiega bene Rocchina Colucci, 43 anni, che ha dovuto lasciare la sua vita stabile a Salerno e tornare a Missanello per occuparsi della madre malata di tumore e della sorella, invalida al 100%. «Mia mamma è deceduta circa un anno fa e da allora mi occupo 24 ore su 24 di mia sorella, che oltre a non essere autonoma fisicamente ha anche dei problemi psichici». Per avere aiuto Colucci si è rivolta all’Adio, il servizio di Assistenza domiciliare integrata che fornisce cure mediche e riabilitative ai fragili. Questo modello assistenziale ha rappresentato un’eccellenza sul piano nazionale e un esempio per le altre regioni, ma Colucci spiega come, nonostante il loro supporto, gran parte del carico sia comunque sulle sue spalle. «L’aiuto sul territorio resta molto limitato, e le richieste per l’ingresso in una residenza non ottengono risposta. Così viviamo con la sua pensione di invalidità perché non posso lasciarla mai da sola. Le cambio i pannolini, la lavo. Mi occupo io di tutto».
L’ospedale più vicino a Missanello si trova a Villa d’Agri, a circa 40 chilometri di distanza. Ma il percorso per raggiungerlo non è agevole. La strada da e per Missanello, che si erge su un’altura, si snoda infatti in una serie di ripidi tornanti. ll borgo e il suo centro si sviluppano in un labirinto di strette vie in salita, dove le pareti in mattoni delle case sono così vicine da dare l’impressione di sovrastarsi. È qui che vive Giuseppe Lepore, un settantenne a cui un ictus circa cinque anni fa ha tolto la prospettiva di una vecchiaia in autonoma. Da allora è sua moglie Nicolina Orsini, bracciante agricola, a prendersi cura di lui. «I nostri figli lavorano in Piemonte, e a noi dispiace, ma capiamo la loro scelta. Qui non c’è lavoro, tutti i giovani se ne sono andati e sono rimasti solo anziani - spiega Nicolina - Il problema è che se succedesse qualcosa anche a me, non sapremmo cosa fare. Abbiamo la sensazione di essere stati abbandonati da tutti».
Come in molti altri comuni dell’entroterra lucano, chi non guida è costretto a chiamare un’ambulanza oppure, in alternativa, può chiedere un passaggio alla Protezione civile, che mette a disposizione un servizio a pagamento, previa prenotazione con largo anticipo. «Praticamente se stiamo male facciamo prima a morire», commenta un’anziana.
Nel 2023, lo Spi Cgil della Regione ha lanciato una campagna di ascolto per misurare la percezione che i cittadini lucani hanno dei servizi sanitari territoriali. Il campione preso in esame è stato molto ampio: sono state intervistate 4.100 persone, ascoltate in 118 comuni diversi e la ricerca ha portato alla stesura del report “Il diritto di essere curati”. Tra gli indicatori presi in esame per la misurazione della percezione c’è anche la distanza dai presidi sanitari: il 43% degli intervistati ha detto di vivere distante dalle strutture di cura e ha espresso la difficoltà di raggiungerli.
«La Basilicata è caratterizzata in larga parte da aree interne a bassa urbanizzazione e maggiore dispersione della popolazione in comuni rurali, collinari o montani. Le condizioni di viabilità non sempre ottimali, un sistema di trasporti pubblici che non riesce a garantire una rete di collegamenti efficiente rischiano di incidere sul welfare locale e sulla qualità della vita della popolazione, soprattutto quando si tratta delle persone più fragili –, spiega il ricercatore Giovanni Ferrarese, che ha condotto lo studio –. Chi vive nelle aree interne affronta una serie di disagi che aggravano tantissimo la percezione del funzionamento del sistema sanitario - aggiunge Ferrarese - Una persona che sta nella provincia di Potenza o in quella di Matera deve percorrere qualche centinaio di chilometri per raggiungere il principale centro ospedaliero, che è il San Carlo di Potenza. Di certo, non è possibile raggiungerlo con i mezzi pubblici».
27/06/2025
da Avvenire
Linda Caglioni e Lucrezia Lozza
Questa ricerca è stata resa possibile grazie al contributo del Journalismfund